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Per molti versi, Oriente e Occidente sono agli antipodi. Del resto, millenni di storia e civiltà hanno un loro peso. Ma gli incontri tra mondi lontani, si sa, spesso generano risultati molto interessanti. È il caso del Japandi, trend abitativo che si è preso la scena dell'interior design, con i suoi materiali naturali, l'arredamento semplice, i toni pastello e le linee morbide applicati a mobili bassi. Il tutto a creare un ambiente specchio di una filosofia: quella zen, ovviamente.
In "Japandi", la crasi tra "Japan" e "scandi" riflette una fusione di due design: da una parte, infatti, c'è il wabi-sabi giapponese, basato sull'accettazione della naturale imperfezione delle cose, dedotta dalla filosofia buddista; dall'altra la hygge scandinava, dottrina che insegna ad essere felici in uno spazio domestico confortevole. Un mix di stili che genera un risultato caldo e accogliente, minimal e funzionale.
La nascita esatta del Japandi non è certa, ma c'è chi ne fa risalire le origini alla Bamboo Basket Chair e all'incontro, nell'estate del 1950, tra i suoi due creatori: Isamu Noguchi, designer giappo-americano che conduceva uno stile di vita occidentale, e Isamu Kenmochi, noto per il suo contributo allo sviluppo del design industriale giapponese nel XXI secolo.
La loro amicizia divenne una collaborazione rivoluzionaria per il mondo del design quando Kenmochi ebbe l'idea di adattare a una sedia la struttura e le tecniche della tessitura tradizionale del cesto di bambù. Noguchi intervenne per dare solidità e resistenza alla struttura, proponendo di utilizzare come cornice un bastone di ferro piegato. La Bamboo Basket Chair è ancora oggi un oggetto iconico, che unisce la delicatezza materica e formale del bambù alla semplicità funzionale e durevole del ferro.
Un paradigma che porta in sé il meglio di due filosofie e culture distanti ma comunicanti e che oggi sta cambiando le regole del gioco in fatto di design ad uso domestico.
Si deduce con uno sguardo che l'elegante minimalismo del Japandi è intimamente legato alla rapporto con la natura. La ricerca della sostenibilità e il forte rispetto per il pianeta si traducono nella selezione dei materiali utilizzati: midollino, rattan, sughero, ceramica, rovere, cedro, mogano. Anche tessuti, stuoie, tendaggi devono usare materiali naturali, come juta, seta, lino e cotone. In linea con l'idea che portare dentro lo spazio domestico la natura giovi al benessere delle persone, il Japandi valorizza le piante da interni. Sempre con moderazione, però. Less is more.
Nonostante il Japandi professi semplicità e rigore, anteponendo l'ordine all'uso massivo di decorazioni, il suo stile è tutto fuorché freddo. L'assenza di ciò che non è ritenuto funzionale mira infatti a rendere gli ambienti accoglienti, scaldando l'ospite nella sua dimensione più intima. Di conseguenza, la palette di colori che lo contraddistingue è costituita da toni neutri e nuances pastello: abbondano i beige, i salvia, i grigi.
La ricerca della semplicità è una linea guida che vale anche per l'arredamento: pochi pezzi, ma buoni. Perché per gli accessori e i complementi conta la qualità più che la quantità. Il Japandi infatti sceglie l'artigianato come mezzo. Un modo per avere oggetti unici e destinati a durare nel tempo, non realizzati in serie, ma creati ognuno con una propria caratteristica imperfezione. Come vuole il wabi-sabi giapponese, visione legata al buddismo che asseconda tre semplici verità: nulla dura, nulla è finito, nulla è perfetto. Anche questo fa bene allo spirito.
Credits
Cover: Photo by Outsite Co on Unsplash
Immagine interna 1: Royalty free photo on Rawpixel
Immagine interna 2: Noguchi Kenmochi Chair, Wicker Paradise. Distribuited under the Creative Commons Attribution 2.0 Generic license via Wikimedia
Immagine interna 3: Royalty free photo on Rawpixel
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