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Vico Magistretti: la Triennale di Milano celebra il genio dietro ai design iconici da 60 anni

04 giugno 2021

Dall’11 maggio la Triennale di Milano ospita la mostra “Vico Magistretti – Architetto milanese” dedicata alla carriera di Vico Magistretti, una delle più importanti figure del design e dell’architettura sia a livello nazionale che internazionale, in grado di lasciare un’impronta senza tempo in entrambi i settori.

La retrospettiva, che si tiene a Palazzo dell’Arte, dove Magistretti era di casa, rappresenta la prima esposizione in grado di ripercorrere la carriera dell’artista attraverso un racconto unico, scandito da alcuni dei suoi pezzi più iconici come, tra gli altri, il divano Maralunga, la libreria Nuvola Rossa e la lampada Eclisse.

Dietro alla bellezza degli oggetti esposti c’è la storia di un milanese doc, il quale non mancava di esprimere il suo legame con la città meneghina, capace però di parlare un linguaggio universale che gli ha permesso di raccogliere riconoscimenti e ammirazione in tutto il mondo.

Il suo percorso comincia quindi proprio nel capoluogo lombardo, dove Ludovico, conosciuto a tutti con il diminutivo Vico, nasce nel 1920. Figlio dell’architetto Pier Giulio Magistretti, Vico sceglie di ripercorrere le orme del padre e a 19 anni si iscrive alla facoltà di Architettura del Regio Politecnico di Milano, dove avrà la fortuna di entrare in contatto con personalità come Gio Ponti e Piero Portaluppi. Quest’ultimo aveva lavorato tra l’altro con Magistretti senior alla costruzione del palazzo dell’Arengario di piazza del Duomo.

Vico Magistretti si trasferisce in Svizzera negli anni tumultuosi della seconda guerra mondiale, precisamente a Losanna, città in cui entra in contatto con un altro personaggio fondamentale per il suo percorso, ovvero Ernesto Nathan Rogers, uno dei massimi teorici di sempre dell’architettura, che in quegli anni insegnava allo Champ Universitaire Italien.

Tornato nell’amata Milano nel 1945, Vico muove i primi passi professionali all’interno dello studio del padre, avendo un ruolo di primo piano a cavallo tra gli anni ‘40 e ‘50, conosciuti anche come quelli della ricostruzione e del boom economico italiano.

Magistretti si mette all’opera per la progettazione e la realizzazione degli edifici residenziali nell’ambito del programma INA-Casa; il Quartiere Triennale 8 (conosciuto con la sigla QT8), progetto sperimentale realizzato in occasione dell’Ottava Triennale del 1948, per il quale si occupa anche della Chiesa di Santa Maria Nascente; oltre alla “Torre al Parco” di Parco Sempione.

Grazie all’insieme di queste opere, il nome di Magistretti acquisisce sempre più notorietà. Tuttavia la svolta arriva nel 1959, quando presenta al Congrés International d’Architecture Moderne la Casa Arosio di Arenzano, comune in provincia di Genova.

In quest’occasione Magistretti dimostra quindi di sganciarsi dai principi dell’architettura moderna, di cui fino allora era stato uno dei maggiori esponenti, fondando sostanzialmente quella che verrà definita l’architettura postmoderna, nella quale viene dedicata maggiore attenzione agli aspetti abitativi e funzionali delle opere, insieme a un loro inserimento armonico nel paesaggio circostante.

Non è un caso che, grazie proprio all’attenzione posta riguardo l’abitabilità delle case, Magistretti compie un deciso passo nel mondo del design e nella produzione di oggetti di arredamento che gli permetteranno di vincere per tre volte il Compasso d’Oro, uno dei più prestigiosi riconoscimenti in questo ambito, grazie ad altrettanti oggetti iconici: rispettivamente nel 1967 con la lampada Eclisse e nel 1979 sia per la lampada Atollo che per la poltrona-divano Maralunga.

Il credo che Magistretti imprime agli oggetti di sua ideazione è basato sul concetto della semplicità, che lui stesso definiva come “la cosa più complicata del mondo”.

Un pensiero che è stato tradotto nel 2011 nella mostra postuma organizzata dalla Fondazione Magistretti “Progetti al telefono”, il cui titolo può essere spiegato con le seguenti parole del diretto interessato in una delle tante dichiarazioni rilasciate nella sua vita: “A me piace il concept design, quello talmente chiaro che si può anche non disegnare. Infatti molti dei miei progetti li ho trasmessi al telefono”.

Insomma, si può dire che Vico Magistretti si è distinto nella sua carriera per essere stato il primo designer che non disegnava, talmente era chiara la sua parola che riusciva a descrivere perfettamente ciò che aveva in mente.

Dopo una vita passata con la matita e la cornetta del telefono in mano per ideare altri oggetti di arredamento in grado di rappresentare la perfetta sintesi tra classico e moderno, non tralasciando però la professione di architetto a livello internazionale, Magistretti si spense nella sua Milano a 85 anni nel 2006.

Prima della sua morte, tuttavia, è riuscito ad assistere ad ulteriori riconoscimenti che gli sono stati tributati a livello mondiale. Nel 1995, infatti, gli viene conferito il Compasso d’Oro alla carriera, mentre il Salone del Mobile organizza nel 1997 la prima mostra in suo onore insieme a quella del maestro Gio Ponti. Nel 2003 è invece il turno del Palazzo Ducale di Genova ad inaugurare l’esposizione “Vico Magistretti. Il design dagli anni Cinquanta a oggi”.

Infine, l’architetto e designer può vantare la presenza delle sue più celebri opere di design tra le collezioni permanenti del Museum of Modern Art di New York.

Cover via pagina Facebook ufficiale @fondazionemagistretti

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