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La natura in un soffio: Émile Gallé e i vasi in vetro Art Nouveau

16 settembre 2021

Dal maggio al novembre 1862, oltre sei milioni di visitatori si recarono a South Kensington, accanto ai giardini della Royal Horticultural Society a Londra per visitare la mostra internazionale di arte e industria. Tra signore eleganti con delicati ombrellini, uomini a passeggio con cilindro e bastone, un esasperato romanticismo e una sconfinata fiducia nel progresso, narra la leggenda che tra i visitatori ci fosse un giovinetto francese di circa 16 anni, un certo Émile Gallé,  brillante rampollo di una emerita famiglia di vetrai originaria di Nancy.

Proprio quell’anno il Giappone partecipava all’Esposizione e l’Europa coglieva l’occasione di venire a contatto con la produzione artistica di quel lontano e sconosciuto paese dell’Estremo Oriente. Ebbe così origine il Japonisme, termine che serve a indicare l’interesse degli intellettuali europei per la produzione artistica giapponese.

Le Japonisme, Emile Gallè

Ne furono ammaliati gli Impressionisti e ne restò folgorato il giovane Gallé, che da allora in poi si prodigò nella ricerca di soluzioni tecniche che rendessero possibile una riproduzione di quelle esotiche immagini sul vetro e sulla ceramica. Forse la sua partecipazione all’Esposizione del 1862 è notizia leggendaria e dobbiamo rimandare nel tempo il suo incontro con il Giappone, ma l’amore che sempre manifestò per l’arte di quel Paese è un fatto concreto e solido, come testimoniano i suoi lavori.

Émile Gallé: i primi anni e le fonti di ispirazione

Nato a Nancy nel 1846, Émile Gallé iniziò a lavorare fin da bambino nella vetreria che il padre aveva ereditato dal suocero. Cominciò a produrre disegni per l’azienda paterna fin dal 1863. Appassionato di botanica e mineralogia, derivò dallo studio di queste scienze le prime immagini da utilizzare. Si dedicò appassionatamente a raccogliere erbe e fiori nelle ricche foreste della Lorena e dei Vosgi, dall’Alsazia sino alle Alpi savoiarde, italiane e svizzere. Le fonti d’ispirazione del giovane erano la natura e l’Oriente, tanto che alcuni critici d’arte dell’epoca cominciarono ad apostrofarlo come “un giapponese a Nancy”.

Il primo periodo: soggetti ornamentali e storici

Dal 1874 al 1884 iniziò il suo periodo “trasparente”, così chiamato per la prevalenza di soggetti ornamentali e storici dipinti a smalto. Gallé nutrì un vivissimo interesse per gli smalti arabi e persiani e sperimentò molte tecniche che gli permisero di risolvere i problemi relativi alla temperatura ideale per ottenere il corretto fissaggio dello smalto sul vetro.

Gli oggetti realizzati in questo primo periodo furono mostrati per la prima volta all’Esposizione Universale di Parigi del 1878. Lo strepitoso successo convinse l’artista ad azzardare sperimentazioni sempre più ardite ma efficaci: a colpire saranno la sua perizia tecnica, capace di sfruttare abilmente anche le bolle d’aria comprendendole nel disegno, e la capacità di rappresentare con estrema verosimiglianza anche piccoli insetti o parti di essi, persino le ali diafane delle libellule.

Il secondo periodo: i vetri opachi

Dal 1884 prese avvio il periodo detto “dei vetri opachi” e si moltiplicarono le tecniche messe a punto. A questo punto della sua carriera prevalse l’interesse per la natura e nacquero le verrerie parlante (i vasi parlanti), una collezione costituita da vasi sui quali venivano incisi versi e strofe di diversi poeti.

Il primo fu un vaso contenitore per pennelli dal titolo La Ballade des dames du temps jadis (da un testo di François Villon), ora al Musée de l’Ecole de Nancy. Seguirono vasi con versi di Baudelaire, Mallarmé, Dante, S. Francesco d’Assisi, Shakespeare, Chateaubriand, Paul Verlaine.

L’anno seguente suo padre si ritirò gradualmente dagli affari, lasciando al figlio Émile la responsabilità dell’impresa.  Gallé si avventurò in un’altra lavorazione: i vetri a cammeo, a strati (normalmente due, ma anche tre o quattro – per questo detti doppi, tripli o quadrupli) incisi in laboratorio.

Era il periodo in cui la cultura giapponese influenzava profondamente l’arte occidentale. Perfino Van Gogh ne scrisse entusiasta nella sua corrispondenza con il fratello Théo. Gallé, con il suo tocco esotico, sembrava destinato a brillare.

La lavorazione chimica

Dal 1890 Gallé cominciò la cosiddetta “lavorazione chimica” producendo i “vetri industriali“. Nonostante il nome possa suggerire il contrario, grazie alla perizia del maestro il loro valore artistico restò indiscutibile. Avvalendosi dell’incisione ad acido che abbreviava i tempi della lavorazione, produsse vetri in serie, paragonabili alla grafica o ai multipli di oggi. Gallé voleva rendere la sua arte accessibile a un pubblico sempre più vasto.

Tra il 1897 e il 1900, eseguì una limitatissima produzione di pezzi decorati a “marqueterie-sur-verre” e ad “applicazione”, due tecniche molto difficili e molto costose, perché il procedimento può rompere il vetro.

Durante gli ultimi anni del XIX secolo, attorno a Gallé si radunò una vera e propria scuola e, insieme ad altri maestri vetrai – Antonin Daum, Louis Majorelle, Victor Prouvé ed Eugène Vallin – fondò l’École de Nancy, considerata la punta di diamante dell’Art Nouveau in Francia.

L’ultima collezione e l’eredità di Émile Gallé

Intitolò la sua ultima collezione “Vasi malati”. Quasi un triste presagio della sua gravissima malattia, che lo condusse alla morte a 56 anni d’età.

Gallé fu uno dei maggiori ideatori e promotori dell’Art Noveau, movimento artistico che, con declinazioni diverse, si diffuse in Europa e negli Stati Uniti tra il 1890 e il 1910, e che interessò in particolare le arti applicate e l’architettura. Perfino il destino delle sue opere sembrò essere, in un primo momento, legato a quello dell’Art Noveau, che decadendo oscurò il successo del maestro.

Nel tempo, la bellezza delle sue opere riprese la scena riacquisendo il meritato valore. Oggi vengono vendute a prezzi fuori dall’ordinario, come d’altronde fuori dall’ordinario era la sua capacità: da un oggetto semplice e di uso comune sapeva ricavarne l’anima e trasformarlo in una vera e propria opera d’arte.

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