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Perché Giotto è considerato uno dei pittori più rivoluzionari della storia

08 giugno 2022

Rientrando a bottega, Cenni di Pepo, meglio noto come Cimabue, notò subito un fastidioso insetto posato su una delle tele. Pensò fosse una mosca e cominciò ad agitare la mano per scacciarla. Eppure quella non si muoveva. Insolente, restava incollata come una macchia sul bianco immacolato. Provò di nuovo, e ancora e ancora, fino a quando un sospetto non lo colpì interrompendone il gesto. Controllò meglio e si accorse che era proprio come aveva pensato: quella mosca era disegnata sulla tela ed era così realistica che era impossibile non scambiarla per un insetto reale. Si mise a sedere e aspettò che tornasse l’artefice dello scherzo, un giovanetto che aveva un grande talento: Giotto di Bondone. Per Cimabue, narra la leggenda, con quella mosca dipinta alla perfezione il suo apprendistato poteva dirsi concluso.

Esistono moltissimi aneddoti legati alle abilità di Giotto. Oltre al cerchio perfetto disegnato con un solo gesto, quello della mosca è uno dei più famosi, grazie alla testimonianza de Le Vite di Giorgio Vasari. E non si tratta di certo dell’unica storia raccontata su di lui, perché nel mondo dell’arte difficilmente si trova un altro pittore che, come Giotto, abbia rappresentato uno spartiacque. Il discepolo di Cimabue infatti portò a compimento un rinnovamento totale, sancendo il distacco dalla pittura bizantina. Il suo apporto è infatti talmente cruciale che a lui fa capo l’inizio dell’arte rinascimentale.

Essenziale e fissa: l’arte prima di Giotto

Agli inizi del Duecento lo stile della pittura in Italia è dettato dall’arte bizantina. Quest’ultima è caratterizzata da una progressiva semplificazione della composizione e della rappresentazione, in nome del messaggio da comunicare. I dipinti diventano quindi casa di immagini simboliche e allegoriche, eventi e personaggi vengono rappresentati in maniera essenziale. Non c'è spazio per fronzoli o abbellimenti: la ritrattistica è un lontano ricordo e le figure che vengono impresse su tela hanno attributi ben specifici che le rendono immediatamente riconoscibili.

Per questo motivo viene ripudiata la plasticità dei modelli classici: le figure sono infatti caratterizzate da una spiccata fissità, sia nei gesti che nelle espressioni. E considerando che la maggior parte dei soggetti ritratti ha a che fare con il mondo sacro, questo diventa anche un modo per sottolinearne la distanza con gli esseri umani.

Anche lo sfondo è essenziale: monocromatico o adornato da motivi geometrici molto fitti, non esistono chiaroscuri o prospettiva. C’è una sola concessione di colore vivace che accomuna molte opere di epoca bizantina: l’utilizzo dell’oro.

Ci sarà bisogno di Giotto per rompere questo schema. Il “più grande dipintore del mondo”, come lo definì Boccaccio, infatti attua una vera rivoluzione del linguaggio figurativo, sintetizzando arte romanica e bizantina, con influenze gotiche e richiami all’arte classica paleocristiana. Le sue opere segnano il passaggio dal medioevo all’umanesimo, un percorso che porterà all’epoca rinascimentale come la conosciamo. Il pittore Cennino Cennini, alla fine del trecento, affermò sintetizzando che Giotto volse la pittura dal greco al latino.

Plasticità, prospettiva e chiaroscuro: la rivoluzione di Giotto

"Credette Cimabue ne la pittura

tener lo campo ed ora ha Giotto il grido,

sì che la fama di colui è scura"

(Dante Alighieri, Purgatorio XI, 94-96)

Con le parole assegnate a Oderisi da Gubbio - che critica la gloria effimera degli uomini citando l'esempio di Cimabue, superato nella pittura dal suo allievo - Dante ci suggerisce il parallelo tra l’arte prima e dopo di Giotto.

L’esempio più lampante in questo caso è rappresentato dalla comparazione tra le versioni del crocifisso realizzate da entrambi. Le due opere si trovano a Firenze, il primo - dipinto nel 1280 - a Santa Croce; il secondo - realizzato a vent’anni di distanza - a Santa Maria Novella. Nell’opera di Cimabue è possibile ancora osservare gli evidenti rimandi all’arte bizantina: l’anatomia del Cristo è poco curata, la posa risulta del tutto innaturale con la schiena inarcata in modo impossibile. Anche il peso del corpo è distribuito in maniera poco credibile, quasi a sottolineare la natura divina del soggetto. Il Cristo di Giotto invece presenta un altro tipo di corpo: il peso scarica sulle gambe, l’anatomia è molto più realistica e, grazie all’uso delle ombre e dei chiaroscuri, anche l’addome risulta più vero.

Un altro elemento di distacco tra Giotto e i suoi predecessori è lo studio delle espressioni nei soggetti che ritrae. Un esempio egregio in tal senso è rappresentato dal Compianto sul Cristo morto, custodito nella Cappella degli Scrovegni a Padova. Tutte le figure a cospetto del Cristo hanno una posa che le rende dinamiche, non c’è fissità nei loro gesti: hanno pose naturali, sciolte, che ne sottolineano la disperazione. San Giovanni dispiega le braccia all’indietro, la Madonna avvolge il corpo di Cristo in un abbraccio e la Maddalena ne sorregge delicatamente i piedi.

Non c’è un singolo soggetto che abbia la stessa posizione dell’altro. Tutto e tutti partecipano all'opera. Anche gli angeli che volano dietro la scena appaiono disperati, come piccoli esseri umani. Giotto utilizza anche le figure accucciate di schiena per rendere più tridimensionale il punto di vista dell’osservatore. Nell’opera il mondo divino e quello degli uomini sono una cosa sola di fronte al grande dolore di ciò che è appena avvenuto. Una rivoluzione per l'epoca.

Nei lavori di Giotto, inoltre, comincia a farsi strada l’uso della prospettiva. In modo acerbo, perché non è ancora oggetto di studi approfonditi, ma i tentativi di resa prospettica appaiono molto evidenti. Ne è un esempio San Francesco dona il mantello a un povero, che fa parte del ciclo di affreschi presenti ad Assisi.

Oltre ad aver inserito la scena in un contesto di vita quotidiana, altra novità che lo distacca dal passato, sullo sfondo della scena si notano due sommità: su una sorge Assisi, sull’altra un monastero. Le due colline convergono al centro della scena, verso l’aureola del santo, esaltandone la figura.

Furono proprio il dinamismo delle scene, l’utilizzo della prospettiva e l’idea di utilizzare l’arte per comporre un racconto, per esprimere la propria concezione del mondo e della società, la grande rivoluzione di Giotto. La sua arte è alla ricerca dell’emozione, punta a spezzare le regole di uno stile austero, analitico, trasformando il pennello in un vero e proprio mezzo di comunicazione. Un processo che rende di colpo superato il repertorio figurativo di Cimabue.

Credits

Cover: dettaglio da Compianto sul Cristo morto, Giotto. Distributed under Public Domain Mark 1.0 license via Wikimedia

Immagine interna 1: Giotto, anonimo della scuola fiorentina. Distributed under the Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported license via Wikimedia

Immagine interna 2: Crocifisso, Cimabue. Distributed under Public Domain Mark 1.0 license via WikimediaCrocifisso, Giotto. Distributed under Public Domain Mark 1.0 license via Wikimedia

Immagine interna 3: Compianto sul Cristo morto, Giotto. Distributed under Public Domain Mark 1.0 license via Wikimedia

Immagine interna 4: San Francesco dona il mantello a un povero, Giotto. Distributed under Public Domain Mark 1.0 license via Wikimedia

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