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Il surreale incontro tra moda e arte: Elsa Schiaparelli e Salvador Dalì

07 ottobre 2021

Esiste una linea sottile che separa tra loro le arti e spesso viene scavalcata, risultando in uno scambio di ispirazioni e influenze da una disciplina all’altra che può passare alla storia. Il sodalizio tra Elsa Schiaparelli e Salvador Dalì ne è un esempio iconico; dall’osmosi creativa e creatrice tra la stilista e l’artista sono scaturiti abiti che hanno contribuito a definire la moda contemporanea.

Verso la libertà, nella Parigi degli anni ’20

Eppure Schiap, come spesso era chiamata, avrebbe potuto non arrivare mai a scuotere, con le sue idee trasgressive, gli atelier francesi dei primi anni del XX secolo; nata in una famiglia di estrazione nobile, i suoi sogni di bambina furono infatti infranti dalle ritrosie dei genitori, che non la volevano artista, tanto da mandarla in convento in risposta alla sua pubblicazione di una raccolta di poesie.

Elsa visse a Londra, a Nizza, a New York; visse la fine di un matrimonio, la povertà e la crescita di una figlia da sola. Tuttavia, l’incontro con Gaby Picabia – moglie del surrealista Francis Picabia e proprietaria di una boutique – non solo la avvicinò al mondo della moda e ad artisti di spicco come Marcel Duchamp e Man Ray; la portò, a metà degli anni ’20, nella sua Parigi.

Il contatto con le correnti artistiche avanguardiste fu solo l’inizio di un lungo periodo ricco di stimoli visivi e concettuali. Crogiolo di menti visionarie, scintilla dell’ispirazione di pittori, scultori e poeti, Parigi offrì a Schiaparelli un’occasione per plasmare le proprie idee in abiti, scarpe, accessori.

L’incontro di due animi anticonformisti

La sua personalità anti-convenzionale la portò a innovare – senza distruggere – la moda classica di quegli anni, a sporcare la tradizione con dettagli provocatori e abbellimenti fuori dagli schemi, a mostrare quello che normalmente veniva celato (come le cerniere, che divennero un vero e proprio ornamento) e a dare vita a nuovi colori (il noto rosa shocking). La sua visione della moda si nutrì di un’infinità di stimoli intellettuali, accogliendo ispirazioni dal Cubismo, dal Dadaismo e dal Surrealismo e avviando collaborazioni con i più grandi artisti dell’epoca. Tra questi è emblematico l’incontro nei primi anni ‘30 con Salvador Dalì, che condivideva la stessa necessità della stilista di troncare con le convenzioni e con il passato.

E poi eliminare lo stato di noia che proveniva dalle mire commerciali della moda, rompere con la classicità, unire gusto estetico ed eccentricità: questi obiettivi furono raggiunti grazie al sodalizio con Dalì, che portò alla realizzazione di abiti e accessori oggi iconici.

Gli abiti più iconici firmati Schiaparelli-Dalì

Uno di essi è il vestito aragosta,  magnifico esempio di compenetrazione tra arte e moda. Il disegno dell’aragosta -elemento ricorrente nel repertorio di Dalì – venne posizionato sulla stoffa bianca di un lungo abito da sera. La scelta non fu affatto casuale, poiché il crostaceo rappresentava per l’artista un richiamo all’erotismo. E come una pennellata audace su una tela bianca, l’aragosta di Dalì diede nuova vita all’abito candido che la tradizione voleva legare al concetto di pudore.

Il risultato finale fu qualcosa di tanto semplice quanto seducente, che attirò l’attenzione dell’attrice Wallis Simpson – futura moglie di Edoardo VIII Duca di Windsor – che lo indossò nel 1935.

L’afflato artistico di Dalì e la fertile spinta all’innovazione di Schiaparelli portarono alla creazione di un altro capo d’abbigliamento divenuto iconico: l’abito scheletro.

Realizzato nel 1938, questo tubino total black portò a livelli ancora più alti l’eccentricità della stilista, che modellò il tessuto matelassè in modo da creare sulla stoffa dei tratti simili a delle ossa, che sull’abito emergono in un particolare gioco di rilievi trapuntati che ampliò il distacco dalla tradizione.

Anche in questo caso a indossarlo fu una personalità di spicco del mondo del cinema, l’attrice Ruth Ford, sorella del poeta surrealista Charles Henri Ford.

La collaborazione tra stilista e artista portò anche alla creazione di accessori. È il caso della cintura raffigurante le labbra di Mae West, che rappresentavano un’altra ossessione per Dalì, tanto da indurlo a creare un divano rosso ispirato proprio alla bocca della bellissima attrice americana.

Emblema della corrente surrealista e della sua sfrenata forza immaginativa, è infine la collezione dedicata ai copricapi di varia forma, tra cui spicca il famoso cappello scarpa. Questo emblematico accessorio a forma di calzatura rovesciata dimostra ancora una volta la passione di Schiaparelli per le trovate insolite, velatamente provocatorie. L’idea prende forma da una fotografia scattata dalla moglie di Dalì, che ritrae l’artista con in testa e sulla spalla due scarpe femminili.

L’immagine fornì a Elsa Schiaparelli l’ispirazione perfetta per la creazione di un altro oggetto che non è ciò che sembra. E che dunque sfida, concretamente e simbolicamente, le norme della moda e dell’arte.

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