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Una mostra dedicata a Turner spiega come ha infranto le convenzioni per dipingere i tempi che cambiano

01 marzo 2021
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Durante l’esposizione del 1836 alla Royal Academy di Londra, la maggior parte dei visitatori rimase interdetta di fronte alle opere proposte dal pittore William Turner: l’artista inglese aveva infatti apertamente rinunciato alla pittura figurativa per plasmare uno stile nuovo e molto più personale, in cui i contorni si facevano più sfumati e si arrivava quasi ai limiti dell’astrattismo. La svolta nel linguaggio pittorico di Turner fece molto discutere, al punto da portare all’autore di quei quadri così liberi dalle convenzioni pesanti critiche e addirittura autentiche prese in giro. Uno dei pochi a comprendere il valore artistico di una svolta in quel momento così impopolare fu un giovane critico, destinato a diventare uno dei più grandi di sempre: John Ruskin. Fu quest’ultimo uno dei pochi ad applaudire il genio di chi, con uno stile inedito, stava anticipando intuizioni che sarebbero state rielaborate solo in seguito, anche dagli impressionisti.

D’altronde non sono in tanti nella storia dell’arte ad aver innovato tanto quanto Turner il modo di rappresentare la realtà, mostrandosi capaci di raccontare non solo il proprio presente ma anche i possibili risultati dei cambiamenti in atto. La fascinazione del pittore per il futuro sorprende fino a un certo punto, soprattutto se si pensa che visse e lavorò al culmine della rivoluzione industriale, quando il mondo sembrava potesse ribaltarsi da un giorno all’altro: mentre Turner viveva la sua vita da artista sempre pronto a reinventarsi il vapore sostituiva la vela; la forza lavoro veniva messa da parte dall’arrivo delle macchine e le riforme politiche e sociali trasformavano radicalmente il tessuto sociale. Mentre molti suoi “colleghi” ignoravano questi cambiamenti, Turner affrontava le nuove sfide poste dalla modernità attraverso la sua arte. La mostra alla Tate Britain di Londra Il mondo moderno di Turner spiega come ha trasformato il modo di dipingere per catturare meglio un ambiente in rapida evoluzione.

L’esposizione si sviluppa come un percorso attraverso la carriera dell’artista a partire dal 1790, quando Turner iniziò ad affacciarsi sulla scene. Le 160 opere chiave esposte restituiscono il ritratto di un uomo affascinato dalle nuove scoperte tecnologiche, al punto da scegliere di dipingere forse per primo soggetti come i treni a vapore. Questi ultimi d’altronde creavano vortici di fumo in grado di immergere tutto in un’atmosfera lontana e quasi onirica, molto più interessante in un mondo in cui il pittore non serviva più a raccontare una scena in maniera veritiera. Per immortalare la realtà così com’era stava nascendo infatti la fotografia, un’altra invenzione che come sempre affascinava Turner e che era molto più fedele alla realtà di quanto potesse esserlo la pittura.

Come tanti geni, il pittore comprese subito di trovarsi in un periodo di grande trasformazione che andava in qualche modo raccontato.  Nel 1838, la Great Western Railway, neonata compagnia ferroviaria, inaugurava la linea che collega Londra e Cardiff. Un momento storico che Turner immortalò in quello che è rimasto il suo capolavoro: “Pioggia, vapore e velocità”, un encomio del progresso che correva veloce e veniva incarnato da una locomotiva talmente rapida da lasciare dietro di sé solo vapore e macchie indistinte. Vale la pena ricordare che ai tempi decidere di rappresentare un treno rappresentava una scelta coraggiosa per un artista: a quei tempi era infatti ancora molto diffusa l’idea che si trattasse di un mezzo di trasporto molto pericoloso. In tanti erano convinti che il vapore potesse causare ai passeggeri a gravi malattie al cervello mentre molti asserivano di aver avuto allucinazioni date dall’aver visto scorrere le cose troppo rapidamente davanti ai loro occhi. In un mondo dove fare un viaggio in treno sembrava una scelta quasi da incoscienti non sorprende che “Pioggia, vapore e velocità” riscuotesse pochi consensi. Turner voleva però celebrare con coraggio il nuovo che avanzava, quel domani che sembrava arrivare a una velocità mai vista restringendo le distanze tra la città e la campagna.

L'opera riunisce in sé la passione per i frutti dell’ingegno umano e il fascino per la natura, due aspetti che caratterizzano tutto il lavoro di Turner: il pittore si vedeva come un uomo semplice destinato a essere sopraffatto da entrambe queste forze, che si sentiva capace di capire solo fino a un certo punto. A un critico d’arte che gli rimproverava di aver raffigurato una nave senza oblò non a caso l’artista una volta rispose: “Dipingo quello che vedo, non quello che so”.

Nel libro Elogio della modernità, l’autore Flavio Caroli scrive che il già citato critico John Ruskin “raccontava spesso che la sua amica Lady Simon, di ritorno dal Devonshire durante un temporale, aveva visto in treno un passeggero alzarsi di punto in bianco, aprire il finestrino e sporgere la testa nella pioggia e nel vento”. Solo tempo dopo, nel 1844, Lady Simon comprese chi fosse quel bizzarro compagno di viaggio: si trattava di William Turner, l’autore del dipinto “Pioggia, vapore e velocità” che probabilmente la donna trovò altrettanto sui generis. Nel quadro tutto infatti appariva senza una forma ben definita, tanto da portare il critico William Hazlitt a definire le vedute di Turner “dipinti del nulla o di qualcosa di molto simile”.

Oggi la nostra opinione di Joseph Mallord William Turner appare molto diversa da quella della maggioranza dei suoi contemporanei: l’inglese è ormai considerato unanimemente il pittore avveniristico e inquietante che all’inizio in pochi avevano capito. Spesso Turner viene ormai etichettato come il primo pittore modernista, antesignano degli impressionisti se non addirittura dei coloristi del Ventesimo secolo come Mark Rothko. Il suo posto nella storia dell’arte è finalmente riconosciuto in pieno e grazie alle sue opere oggi possiamo osservare una porzione di un passato che non sembra poi così lontano nel tempo.

In copertina, Joseph Mallord William Turner, Snow Storm - Steam-Boat off a Harbour’s Mouth, exhibited 1842

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