Proverbi fiamminghi di Pieter Bruegel - realizzato nel 1559 e conservato in una teca della Gemäldegalerie di Berlino - è una straordinaria rappresentazione di oltre cento modi di dire diffusi nei Paesi Bassi del XVI secolo. Prima di diventare quelli che noi oggi chiamiamo "proverbi", queste espressioni erano manifestazioni di un pensiero comune, tramandate oralmente nel corso delle generazioni, oppure frasi estrapolate da testi divenuti importanti per l’opinione pubblica. E se una buona parte di essi ha superato il tempo e lo spazio ed è giunta fino a noi, è perché le poche parole che li compongono sono depositarie di una saggezza dal valore universale.
È difficile stabilire quale sia il primo proverbio della storia, ma gli storici ritengono che il più antico sia un detto ritrovato in una tavoletta sumera risalente al 1800 a.C. ("la cagna con il suo agire troppo frettolosamente ha portato alla luce il cieco"), e studiato nell'articolo Un proverbio accadico e uno greco. Uno studio comparativo (vol. 10 della rivista Die Welt des Orients). Come tutto ciò che si è tramandato nell'oralità, anche la storia del proverbio è complessa e sfumata, ma non per questo meno importante per il linguaggio, che continua oggi ad accogliere modi di dire di recente creazione e fa sì che vengano adottati dalle diverse società, come si può leggere nel saggio I proverbi non sono mai fuori stagione di Wolfgang Mieder.
La semplicità dei proverbi non deve dunque trarre in inganno: dietro le brevi frasi si cela un mondo di riferimenti culturali che non possono essere slegati da uno studio del contesto nel quale si sono sviluppati. E nel corso dei secoli sono molti gli autori e i pensatori che hanno trattato i proverbi nelle loro opere. Erasmo da Rotterdam (1466 - 1469) è uno di questi.
La sua opera del 1500, Adagiorum collectanea, è una preziosa rassegna di proverbi latini, greci e cristiani (in particolar modo quelli di Aristotele, Platone, Cicerone, Orazio, Virgilio S. Agostino e molti altri illustri autori dell’antichità). Pubblicata inizialmente con un numero di 818 detti, è cresciuta negli anni, arrivando a contenerne più di 4.000. La fatica filologica compiuta da Erasmo rispecchia la tendenza rinascimentale di far propria la conoscenza degli antichi, ma è anche la testimonianza di come l'interesse per il fenomeno linguistico e culturale dei detti popolari fosse applicabile a diversi luoghi ed epoche.
“Lacrime di coccodrillo”, “fare di necessità virtù”, “mettere il carro davanti ai buoi”: sono solo alcuni dei modi di dire raccolti dal filosofo e consultati non molti anni dopo da Bruegel, che a Erasmo si sarebbe ispirato per una composizione complessa ed estremamente affascinante.
È merito soprattutto della passione per l'arte di Pieter Stevans di Anversa - che lo conservava nella propria collezione - se oggi conosciamo Proverbi fiamminghi, il quadro di Pieter Bruegel il Vecchio (1525-1530 circa). L'opera è un'ottima fonte per conoscere la cultura popolare dell’epoca, grazie alla capacità dell'artista di rappresentarla in modo pittoresco, vivace e ironico, come sottolineato da Wilhelm Fraenger, in Der Bauernbruegel und das deutsche SprichworI, e da J. Grauis, in Volkslaal en Volksleven in hel werk van Pieler Bruegel.
Proverbi fiamminghi racchiude infatti in un’unica ambientazione (su una tavola di 117 x 163 cm) almeno 120 modi di dire, celati tra le attività quotidiane dei soggetti raffigurati. Tutta l’opera è permeata da un clima di quotidianità, che - pur nella sua semplicità - è il contesto perfetto per la raffigurazione dei comportamenti umani, siano essi virtuosi, peccaminosi o malvagi. I numerosi protagonisti del dipinto, tendenzialmente appartenenti alle classi più umili della società, spesso sembrano subire quasi comicamente le dinamiche descritte dai proverbi.
Bruegel non fu certamente il primo a sperimentare questa forma narrativa, poiché sfruttare lo spazio della tela o le pagine di un libro per mettere in scena il significato morale delle azioni quotidiane era una tendenza rinascimentale. Un'operazione già effettuata, ad esempio, da Bosch nei suoi Sette peccati capitali, che utilizza situazioni umili e popolari per rappresentare i vizi. La peculiarità del quadro di Bruegel sta, però, nella sua capacità di accorpare in uno spazio ridotto numerose scene, con la cura per il dettaglio tipica di un cartografo e la forza immaginativa di un vero artista.
Malgrado alcune divergenze tra la versione fiamminga e quella italiana dei proverbi, i detti rappresentati da Bruegel vanno oltre l’ostacolo linguistico, tanto che l’artista riesce a far sorridere, educare o rimproverare anche noi, a distanza di quasi 500 anni.
Come nel caso della scena nella sezione inferiore della tavola, che raffigura un lungo bastone infilato tra i raggi della ruota di un carro. L’espressione che l’immagine desidera raffigurare - “mettere il bastone tra le ruote” - è arrivata quasi immutata fino a noi per indicare l’atto di ostacolare qualcosa o qualcuno, ma ciò che è interessante è anche la sfera semantica alla quale è assegnata. L’immagine del carro indica senza alcun dubbio un contesto ascrivibile al lavoro nei campi, quindi a un danno notevole arrecato a tutti coloro che avrebbero beneficiato dei frutti di quell'impegno.
La vivacità della vita di città e delle interazioni tra concittadini è espressa in modo un po’ più colorito anche nell’immagine che si può trovare in alto a sinistra nel quadro. Una scena che avviene all’interno di un’abitazione, dove due individui si afferrano le narici a vicenda: un modo pittoresco e ironico per raffigurare l’espressione “Prendere per il naso”. Anche in questo caso il significato dell’espressione rimanda alla vita rurale, quando al naso dei buoi veniva messo un anello di metallo, a sua volta agganciato a una corda che facilitava la loro conduzione da parte del contadino. Considerati animali dall’animo semplice e disposti a seguire le indicazioni del padrone, i buoi vengono presi come esempio per simboleggiare l’individuo che si fa facilmente raggirare.
Restando in tema di animali, ci sono casi in cui la situazione non può che peggiorare. Lo sottolinea un’altra interessante scena del dipinto (nella sezione centrale della tavola), all'interno della quale un uomo cade rovinosamente dalla groppa di un bue per finire addosso a un asino: una raffigurazione dinamica che risulta perfino comica. Poiché l’asino viene considerato un animale testardo e poco intelligente, il detto “cadere da un bue su un asino” di Bruegel ha lo stesso significato del più comune e italiano “passare dalla padella alla brace”.
Non mancano proverbi legati a oggetti di uso quotidiano che si fanno veicolo di moniti morali, come quello raffigurato destra della tavola: “tanto va la brocca alla fonte che si spezza”, corrispettivo del nostro “tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino”. Il consiglio è, chiaramente, di non esasperare troppo una situazione, per non rischiare di fare un danno, a sé e agli altri. Nella stessa scena si può notare anche un piatto vuoto, per indicare il detto “a che serve un bel piatto se non contiene niente?” (il nostro “tanto fumo e niente arrosto”) che sottolinea il prevalere della sostanza sull'apparenza delle cose.
Non è solamente Proverbi fiamminghi a legare indissolubilmente il nome di Pieter Bruegel al fenomeno culturale dei modi di dire. Un suo dipinto di un anno precedente - Dodici proverbi - riprende soggetti simili. Composto da dodici medaglioni rossi su fondo nero, l'opera mette in scena detti popolari legati al lavoro, al cibo, all’ebbrezza, agli animali, alla fortuna e alle emozioni. La scelta di inserire ogni proverbio in un singolo medaglione dà tuttavia vita a una composizione meno espressiva rispetto a Proverbi fiamminghi, che è una vera e propria narrazione corale.
L’eredità artistica di Bruegel è passata a figli, nipoti e pronipoti che hanno seguito le sue orme di pittore. Quella culturale, invece, è stata tramandata a tutti coloro che attraverso i suoi quadri possono scoprire le analogie tra il pensiero rinascimentale e quello attuale, legati da parole che continuano a entrare nel quotidiano di moltissime persone.
Credits
Immagine interna 1: dettaglio cover
Immagine interna 2: The Seven Deadly Sins and the Four Last Things, Hieronymus Bosch. Distributed under the Public Domain Mark 1.0 license via Wikimedia
Immagine interna 3: dettaglio cover
Immagine interna 4: dettaglio cover
Immagine interna 5: dettaglio cover
Immagine interna 6: Twelve Proverbs, Pieter Brueghel the Elder. Distributed under the Public Domain Mark 1.0 license via Wikimedia
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