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L’ultimo e il più grande mistero di Edgar Allan Poe

02 aprile 2022

Senza ombra di dubbio è lo scrittore del mistero per eccellenza. Edgar Allan Poe scrisse alcune delle pagine più significative e intriganti della letteratura gotica e thriller, e poi quasi per una nerissima ironia, diventò egli stesso protagonista di un mistero. Se la sua esistenza è stata circondata da ombre fitte, infatti, è proprio la sua scomparsa, ancora del tutto (o quasi) inspiegata, a rappresentare il capitolo conclusivo che non avrebbe sfigurato in uno dei suoi racconti.

Due Edgar Allan Poe

Sono passati alla storia due Edgar Allan Poe. Il primo è il personaggio storico realmente vissuto, che dobbiamo rassegnarci a non poter conoscere perché inesorabilmente sovrastato, nascosto e – nel migliore dei casi – mistificato dal secondo Poe. Quest’ultimo risponde al ritratto “maudit” (“dannato”) tramandato dai contemporanei, da Baudelaire a Rimbaud, e che egli stesso ha contribuito con grande determinazione, a costruire e avvalorare, arrivando al punto di falsificare molti dati della sua vita.

Giunto alla fama, lo si vedeva in giro nei salotti americani vestito come il suo “corvo”. Recitava la sua parte di “maledetto”, anzi del più maledetto dei maledetti. E lo faceva veramente bene, impressionando gli ascoltatori e impedendo loro di venire a contatto con quell’Edgar che pure aveva un bisogno estremo di essere ascoltato e compreso.

Gli ultimi giorni della sua vita

Forse la chiave del suo ultimo e più grande mistero era proprio nascosta lì, in quell’Edgar Allan Poe che pochi conoscevano. Nel 1849, Poe godeva già di una buona fama (anche se quella grandissima sarebbe arrivata solo dopo la sua morte). Era rimasto vedovo e versava in condizioni economiche disastrose. Aveva cercato di allacciare rapporti con altre donne ma con scarso successo, del resto non era certamente quello che si dice un “buon partito”. Aveva rincontrato una vecchia fiamma, il suo amore di gioventù, Sarah Elmira Royster, anch’ella vedova. Le cose tra loro andavano bene e pare che si fossero accordati per convolare a nozze.

Il 27 settembre 1849 Poe si trovava a Filadelfia, per concludere degli affari. Il 3 ottobre, un certo Joseph Walker, tipografo di un giornale locale, lo ritrovò sdraiato a terra, in prossimità della sede del Partito Repubblicano di Baltimora. Indossava abiti sporchi e laceri, non suoi, e si trovava in evidente stato di confusione mentale. Pronunciò più volte il nome di Joseph Snodgrass, un editore suo amico. Walker riuscì a contattare l’editore, a cui disse di aver trovato “un gentiluomo vestito piuttosto male, che va sotto il nome di Edgar Allan Poe, e che pare in grande difficoltà. Lui dice di conoscerla, e io le assicuro che ha bisogno di assistenza immediata”.

Snodgrass arrivò subito dopo, in compagnia di uno zio dello scrittore. Poe era irriconoscibile: i suoi lineamenti erano stravolti, era confuso, allucinato, delirava, non si riusciva a farlo ragionare. Lo ricoverarono d’urgenza al Washington College Hospital. Invocava spesso il nome di un certo Reynold ma nessuno tra parenti e amici sapeva a chi si riferisse. Un mistero che non fu mai svelato. La mattina del 7 ottobre 1849, Poe morì: aveva appena 40 anni. Sulle prime i medici pensarono ad un abuso di alcol.

Il mistero di una morte inspiegabile

Ma quello era solo l’inizio di un mistero che non è mai stato risolto del tutto. Che ci faceva Poe a Baltimora? Perché indossava abiti non suoi? Che fece in quei sei giorni trascorsi tra Richmond e Baltimora? Chi era questo Reynold che aveva più volte invocato? Qualcuno scrisse che più che la cronaca dei fatti accaduti, la notizia pareva proprio uno dei racconti del signor Poe. E in effetti non ci era andato poi così lontano. Solo che a differenza dei racconti, questo era destinato a un finale che probabilmente non avrebbe soddisfatto nessuno.

Furono fatte molte congetture. La più semplice tra le spiegazioni fu attribuire la scomparsa a una “misteriosa malattia”, una soluzione che non accontentava chi nella tragedia cercava una storia avvincente. Qualcuno ipotizzò un caso estremo di cooping: una pratica fraudolenta in voga all’epoca che consisteva nel costringere i malcapitati a votare per un particolare candidato in un’elezione politica. Le vittime designate venivano fatte ubriacare e poi costrette a esprimere il proprio voto. Questo spiegherebbe anche il mistero degli abiti, difatti il malcapitato veniva vestito con abiti sempre diversi per permettergli di votare più volte. Poi veniva abbandonato per strada. Ad avvalorare la tesi, il fatto che proprio in quei giorni a Baltimora si stavano svolgendo elezioni politiche. I più zelanti, hanno ipotizzato che la scomparsa di Poe fosse da attribuire a un omicidio. Qualcuno ha ipotizzato perfino che i mandanti fossero i parenti della sua promessa sposa, che di certo non vedevano di buon occhio che Sarah Elmira Royster si legasse vita natural durante con un personaggio discusso e a suo modo trasgressivo come Poe.

La soluzione dell’enigma?

Per arrivare a una possibile soluzione della storia sono serviti ben 147 anni. Nel 1996 i medici del Centro Medico dell’Università del Maryland hanno dichiarato che i sintomi di Poe corrispondono a quelli di un’infezione di rabbia. Questa diagnosi (molto) postuma è in larga parte basata sui racconti dell’epoca che riguardano gli sbalzi d’umore di Poe, il delirio, le allucinazioni visive e le ampie variazioni della frequenza cardiaca dello scrittore. Ovviamente, senza alcuna prova scientifica a sostegno, è ormai impossibile mettere la parola fine alla diatriba.

Seppure le ombre sulle circostanze e le cause della morte di Edgar Allan Poe sembrerebbero  in parte schiarirsi, quest’ultimo e grande mistero, vissuto in prima persona, è stato senz’altro uno tra i suoi racconti migliori.

Credits:

In cover Edgar Allan Poe. Distributed under Pixabay License, via Pixabay
Immagine 1: vista di Baltimora dall'alto. Distributed under Public Domain CC-BY-SA-4.0 via Wikimedia
Immagine interna 2 distributed under Public Domain CC- BY-NC 2.0 via Flickr.

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