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Come la ricerca sulle malattie rare condotta da Telethon può aiutare a combattere il COVID-19

12 giugno 2020
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30 anni di attività compiuti proprio nel 2020, 528 milioni di euro investiti in 2.630 progetti su 570 malattie rare, 1.600 ricercatori sul campo e l’incalcolabile speranza regalata a tante famiglie: sono i numeri di Telethon, la Fondazione che da tre decenni è impegnata nel sostegno alla ricerca su patologie genetiche rare, spesso altamente invalidanti e senza cure o terapie disponibili.

Al fianco di questa prestigiosa Fondazione, da quasi trent’anni, c’è BNL, che ha contribuito a raccogliere più di 300 milioni di euro grazie alla gara di solidarietà diffusa tra i circa 18mila dipendenti, i loro clienti e partner. Una solidarietà che si è quindi potuta tradurre in risultati concreti in termini di innovazione terapeutica e strumenti diagnostici; risultati che, in molti casi, hanno cambiato radicalmente la vita dei pazienti. Si tratta di uno dei più importanti progetti di fundraising al mondo, che non solo è stato utile da un punto di vista accademico-scientifico, ma anche da quello socio-economico, dal momento che testimonia la serietà e la continuità dell’impegno di BNL nella valorizzazione del legame tra impresa e contesto sociale.

Se l’apporto di Fondazione Telethon per la ricerca sulle malattie genetiche rare è già noto, forse non è altrettanto noto il contributo che sta dando alla ricerca sul COVID-19.

Prima di tutto, perché le persone affette da malattie genetiche rare sono oggi ancora più in difficoltà, in una condizione di fragilità che potrebbe essere amplificata dall’emergenza sanitaria in corso, e si affidano dunque come mai prima d’ora alla ricerca scientifica, unica possibilità per ottenere una migliore qualità di vita. Consapevole della propria responsabilità, Telethon non le ha abbandonate, anzi, ha garantito il mantenimento delle condizioni e delle risorse che permettono ai ricercatori di continuare a lavorare con impegno sui progetti di ricerca che riguardano le malattie genetiche rare. In secondo luogo, perché la pandemia che stiamo vivendo e le patologie genetiche rare non sono ambiti lontani nemmeno da un punto di vista scientifico: studiare i processi cellulari che stanno dietro alla manifestazione delle patologie meno diffuse ci permette infatti di acquisire una notevole quantità di informazioni preziose che possono essere utilizzate nella lotta contro quelle più comuni e, come in questo caso, contro una pandemia.

“In questo momento,” spiega Francesca Pasinelli, direttore generale di Fondazione Telethon, “tutti gli scienziati del mondo stanno riflettendo su come le loro ricerche e il know how, sviluppato nei laboratori da loro diretti, possano contribuire a una sfida che è comune all’umanità. Da questo fermento creativo, che è alla base di ogni programma di ricerca, nascono frequenti occasioni di confronto, che stiamo osservando – e in una certa misura facilitando –, all’interno della comunità dei ricercatori italiani che fanno riferimento a Telethon.”

La ricerca, infatti, non è qualcosa che si improvvisa ed è per sua stessa natura trasversale. Tutta l’esperienza accumulata in 30 anni di studi, resi possibili anche dalla preziosa collaborazione con BNL e con il Gruppo BNP Paribas, è di fondamentale importanza oggi. Le informazioni raccolte sul funzionamento dell’organismo possono essere usate per contrastare l’infezione da nuovo coronavirus, e anche, potenzialmente, per sviluppare un vaccino.

“I ricercatori da noi finanziati con un metodo rigoroso che premia il merito, oltre a portare avanti le proprie ricerche sulle malattie genetiche rare,” racconta Pasinelli, “stanno anche mettendo competenze ed esperienza al servizio dell’emergenza collettiva, facendo sì che la ricerca italiana sia competitiva e protagonista anche nella lotta al COVID-19”.

Ma come possono essere collegate, nel concreto, la ricerca contro le malattie genetiche rare e quella sul SARS-COV-2? Un esempio molto semplice è quello che riguarda il cosiddetto “traffico delle membrane”, ovvero tutti quei meccanismi che permettono alle materie prime di entrare nel nostro corpo, trasportando ciò che è utile all’interno della cellula e trasformando ciò che non lo è in uno scarto. Proprio questo sistema “di smistamento” è fondamentale per il virus, che lo usa come una porta di ingresso alla cellula, dove si insedierà per creare una nicchia di replicazione e diffondersi nell’organismo. Un secondo esempio è come la conoscenza nel campo delle malattie rare abbia permesso di stabilire che le aritmie riscontrate nei pazienti COVID-19 sono simili a quelle che affliggono chi è affetto da malattie genetiche come la sindrome del QT lungo, un’anomalia del cuore che può portare a morte improvvisa. Un dato che potrà risultare fondamentale nella cura e nella prevenzione delle conseguenze peggiori della malattia.

Ancora, uno studio condotto presso il Tigem, l’Istituto Telethon di genetica e medicina di Pozzuoli (Napoli), ha permesso di scoprire che l’enzima ad azione antinfiammatoria Alfa-1-antitripsina, di cui sono geneticamente carenti i pazienti che tendono a sviluppare la cirrosi epatica e l’enfisema polmonare, è in grado di inibire indirettamente l’ingresso del coronavirus nelle cellule. Un ulteriore esempio riguarda poi il campo dell’immunologia, una scienza che permette di capire come sviluppare in laboratorio ciò che il nostro organismo non riesce a produrre da sé. Lo studio della risposta immunitaria è molto importante nei progetti finanziati da Telethon, perché spesso rappresenta un meccanismo da aggirare o correggere per poter curare le patologie genetiche. Ad esempio, un terzo dei pazienti affetti da emofilia A sviluppa anticorpi che inattivano la proteina che in loro è carente, e che quindi viene somministrata come farmaco: lo studio di questi casi oggi può essere sfruttato per capire come spingere il nostro sistema immunitario a neutralizzare il COVID-19 senza danni all’organismo.

Infine, sempre al Tigem di Pozzuoli, i ricercatori stanno analizzando il materiale genetico prelevato grazie ai tamponi nasali o faringei effettuati sui pazienti positivi nell’area di Napoli, per consentire di determinare la presenza e la quantità di acido nucleico Rna che costituisce il genoma del virus. Lo scopo della ricerca è comprendere l’evoluzione del genoma virale e la risposta delle cellule respiratorie dei pazienti all’infezione da COVID-19. Lo studio permetterà, tra le altre cose, anche di identificare lo specifico sottogruppo di SARS-CoV-2 presente nel campione e ricostruire “l’albero genealogico del virus” sulla base delle mutazioni acquisite nel periodo di diffusione.

“In un momento di emergenza come questo è giusto che i nostri ricercatori scendano in campo con le loro competenze di genetica, genomica e biologia cellulare per unirsi agli sforzi che stanno facendo tutti gli altri ricercatori di altri settori,” ha spiegato il direttore del Tigem Andrea Ballabio.

Proprio perché conscia della trasversalità della ricerca e della preziosità delle competenze degli scienziati italiani, tra maggio e giugno la Fondazione Telethon ha lanciato un nuovo bando che, accanto alle tradizionali iniziative di sostegno per le malattie rare, andrà a finanziare progetti che utilizzino le patologie genetiche come modello per far luce sul COVID-19. Si tratta di un bando in stile seed-grant, che prevede piccoli finanziamenti di un anno da 50mila euro l’uno. L’iniziativa è aperta a tutti, anche ai ricercatori degli istituti che già usufruiscono di altre borse.

Oggi più che mai la pandemia ci ha messi di fronte alla consapevolezza di quanto sia necessario avere un settore della ricerca in salute, adeguatamente strutturato e finanziato, al quale venga riconosciuto il valore che gli spetta sia da un punto di vista sociale che istituzionale. Mentre scienziati e studiosi si rimboccano le maniche per far fruttare tutte le conoscenze e gli strumenti a disposizione nella lotta contro il nuovo coronavirus, ricordiamoci che quanto più giocheremo d’anticipo, tanto più saremo preparati contro questa e tutte le altre sfide sanitarie che verranno in futuro.

Anche noi possiamo fare la nostra parte per sostenere la ricerca. Per saperne di più, visita il sito bnl.it.

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