Per via di un raffinato meccanismo narrativo, l’inizio e la fine di questa storia coincidono. Come racconta Tommaso Braccini in Achille: il guerriero vulnerabile, tutto comincia (o termina) su un promontorio affacciato sull'Ellesponto, dove un giovane pastore della Troade cammina sotto al sole cocente. In mano ha un’offerta e la sua destinazione è un tumulo. Non uno qualsiasi, ma quello appartenuto a un eroe. Anzi, forse all’eroe per eccellenza: Achille, figlio di Peleo. Il ragazzo vi si è già recato diverse volte ormai, pieno di ammirazione. Pregando, implorando gli dei e le muse di poter vedere almeno una volta l’eroe greco in tutto il suo splendore. Il nome di quel giovane pastore è Omero.
Tanta fu la devozione del ragazzo che, narra la leggenda, le muse e Teti, madre di Achille, esaudirono infine il suo desiderio e gli concessero la visione del pelide in tutto il suo splendore, fiero nell’armatura che gli aveva forgiato il dio Efesto. Una visione abbagliante, insostenibile per gli occhi del ragazzo, tanto da lasciarlo cieco. Eppure, Teti e le muse, impietosite dalla triste sorte di Omero, decisero di dotarlo di una straordinaria ispirazione poetica. Ecco perché la fine e l'inizio della storia corrispondono: dove termina la storia di Achille, inizia quella di Omero che ne raccontò le gesta nell’Iliade. Lassù, su quel tumulo affacciato sull’Ellesponto che nei secoli divenne luogo di pellegrinaggio di personaggi storici come Alessandro Magno e che è rimasto indiscutibilmente legato alla più grande storia di tutti i tempi, quella della guerra di Troia.
Anche se nell’Iliade Omero non racconta la fine del suo protagonista, in qualche modo ne sottolinea l’inevitabile tragico destino. Una profezia, una delle tante che con piglio capriccioso anticipano le sorti dei personaggi, aveva predetto con precisione che Achille sarebbe morto molto giovane se fosse rimasto a Troia a combattere. In cambio, magra consolazione, sarebbe divenuto un eroe ricordato nei secoli. Omero stesso sottolinea questo tragico destino nell’Odissea, quando anni dopo Odisseo incontra il fantasma di Achille che sconsolato gli confessa: “Non abbellirmi, illustre Odisseo, la morte! Vorrei da bracciante servire un altro uomo, un uomo senza podere che non ha molta roba; piuttosto che dominare tra tutti i morti defunti.”
Ma com’era morto Achille? I resoconti che fanno capo all’Etiopide ne danno la versione più conosciuta della storia. Achille sarebbe stato sconfitto definitivamente da Apollo e Paride, capaci di colpire l’unico punto debole dell’eroe greco, il suo tallone. Il paradosso: il più valoroso dei greci ucciso dal più vile dei troiani (Paride, dopo aver causato la guerra con il rapimento di Elena, indietreggia e si ripara tra i compagni nel momento in cui si trova di fronte a Menelao, il marito della donna assetato di vendetta).
Un’altra versione della storia parla di un tradimento: dopo la morte di Memnone fu proclamata una tregua tra gli eserciti per celebrare le nozze tra Achille e Polissena, figlia del Re troiano Priamo. Deposte le armi, Achille fu colto di sorpresa da Paride e da Deifobo, fratelli della ragazza, che lo trafissero mortalmente. Che fosse morto per il tradimento di Paride o per la vile freccia di Apollo, il grande compianto di Achille durò 17 giorni e altrettante notti, e alla fine le sue ceneri furono riposte nell’anfora d’oro che conteneva già quelle di Patroclo. Questa fu sepolta su un promontorio in Troade, cosicché fosse visibile dai navigatori presenti e futuri.
È chiaro che quando si parla di Achille e di Omero, verità e mito si fondono in maniera inestricabile. Nonostante Omero indichi che la tomba di Achille si trovi non lontano dalla pianura dove sorgeva la città di Ilio, è molto probabile che quello descritto dal poeta fosse solo un monumento commemorativo che non custodiva però i resti dell’eroe greco. Perfino Heinrich Schliemann, l’esploratore tedesco che nel 1872 ha trovato la vera città di Troia, ha provato a individuare la tomba di Achille nei paraggi dei suoi scavi, senza mai trovare nulla.
Esistono quindi altri luoghi che potrebbero essere identificati come tomba di Achille. Nell’Etiopide si narra che Teti e le muse fuoriuscirono dalle acque del mare per prendere in custodia il corpo di Achille e portarlo su una certa “Isola bianca” dove Achille avrebbe vissuto eternamente. L’Isola bianca, in effetti, ritorna spesso nell’epilogo della storia del pelide. Plinio il Vecchio racconta di un isolotto chiamato “Achillis” o “Achillea” a circa 50 miglia dal delta del Danubio, dov’era stato costruito un tempio consacrato all’eroe. Anche Arriano di Nicomedia, lo storico che descrisse le spedizioni di Alessandro Magno, rievoca la figura dell’Isola di Achille, che per il suo colore splendente in molti chiamano proprio “Isola bianca”.
Come dipinto da Johann Heinrich Schönfeld in Alessandro il Grande presso la tomba di Achille, pare che durante il IV secolo, Alessandro Magno, innamorato del mito di Achille e convinto di esserne un discendente, si recò sulle rovine dell'antica città di Ilio. Probabilmente dove secondo le parole di Omero si trovava il tumulo di Achille. Alessandro aveva imparato dal suo grande maestro Aristotele ad amare i testi omerici, e pare che li portasse sempre con sé. Cinquecento anni dopo, fu l’imperatore romano Caracalla a visitarla e a ordinare di far costruire una grande statua di bronzo dell’eroe.
In tempi più recenti ci si è concentrati invece sulla Macedonia del Nord, individuando il possibile tumulo di Achille nel Sivri Tepe, dove una serie di scavi hanno portato alla luce un tumulo alto ben cinque metri. Una possibile teoria è che le nere navi dei greci fossero ormeggiate nella parte meridionale della baia di Besika durante la guerra di Troia. Questa baia infatti veniva utilizzata come punto di sosta per le navi che restavano bloccate dagli incessanti venti dell'Ellesponto. Inoltre ad avvalorare la tesi di Sivri Tepe come tomba di Achille, secondo gli studi di archeologi come John M.Cook, nella zona di Capo Burun a nord della baia di Besika si trovava l'antica città di Achilleion.
Ad oggi, questo risulta il più plausibile dei luoghi dove si trova la tomba di Achille e forse è qui che inizia e finisce la nostra storia. Qui termina quella di Omero e inizia quella dei suoi canti alla scoperta di un personaggio, della sua ira funesta, del suo amore, della sua ferocia e della grandiosità delle sue gesta. "Cantami, o diva, del pelide Achille..."
Credits
Cover: Alessandro il Grande presso la tomba di Achille, di Johann Heinrich Schönfeld. Image by anticstore, distributed under a CC-PD_Mark license via Wikimedia.
Immagine interna 1: Omero di Philippe-Laurent Roland. Image by Urban, distributed under a CC-BY-SA-3.0-migrated license via Wikimedia.
Naviga il sito e vedi tutti i contenuti di tuo interesse