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Le opere letterarie più premiate quest’anno che dovresti leggere

04 dicembre 2020
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Anche se si è tra i sostenitori della tesi che la vittoria di un premio letterario non sia garanzia della effettiva qualità di un libro, è difficile resistere alla tentazione di dare un’occhiata a chi si sia portato a casa i maggiori riconoscimenti in questo 2020. Il motivo principale di questa curiosità è che quasi sempre i libri in grado di vincere sono quelli che ci dicono qualcosa su come siamo diventati e su come sta evolvendo la realtà che ci circonda.

Il protagonista del romanzo vincitore dell’ultimo Premio Strega, Il colibrì di Giovanni Veronesi assomiglia per esempio a molti di noi: come l’uccellino anche Marco Carrera impiega infatti tutta la sua energia non per cercare un improbabile miglioramento ma per riuscire a restare saldo nella posizione che già ha, convinto che di questi tempi sia già qualcosa.

Un atteggiamento per certi versi antitetico a quello del personaggio al centro di Tutto chiede salvezza, il libro di Daniele Mencarelli vincitore dello Strega Giovani. Il ragazzo che viene sottoposto a svariati TSO nell’estate del 1994 dopo violenti scatti di rabbia ha una ragione per la sua infelicità: possiede una sensibilità  troppo forte per riuscire a non stare male anche di fronte alle sfortune altrui. Per essere in pace con se stesso, avrebbe bisogno che tutto fosse perfetto intorno a lui: sogna una “salvezza” talmente generalizzata da non poter essere raggiungibile.

Il protagonista di Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio di Remo Rapino (Premio Campiello quest’anno) è anche lui considerato un irregolare ma il suo essere un “cocciamatte”, il pazzo di un paese mai nominato, non è motivo di sofferenza per lui. Mentre gli altri si agitano per raggiungere effimeri traguardi che poi servono loro solo per restare lì dove sono, lui rallenta, si perde nel suo mondo e osserva ciò che di buono c’è attorno a lui, quasi a ricordarci che spesso i veri matti sono quelli che si affannano a rincorrere la loro idea stereotipata di normalità. Liborio è come un Forrest Gump italiano, che attraversa quasi un secolo, dal 1926 al 2010, con la leggerezza e la poesia che tanto ama.

Durante l’arco della sua esistenza il nostro Paese è cambiato e una delle svolte più tragiche è stata la strage di Piazza Fontana a Milano. Nel cinquantesimo anniversario dell’attentato del 1969, Enrico Deaglio ha fatto uscire La Bomba che l’anno dopo ha vinto il Premio Bagutta grazie a una ricostruzione coinvolgente, condotta coi ritmi di un giallo che sappiamo già non avere completa soluzione e con un occhio attento a far emergere la dimensione umana di un disastro che ha segnato la nostra identità nazionale e soprattutto i milanesi.

Nella periferia sud di Milano è ambientato uno dei libri più sorprendenti dell’anno, vincitore del anch’esso del Premio Bagutta ma per la migliore opera prima, Febbre di Jonathan Bazzi. La storia dell’autore, la sua ricerca di un'oasi di pace trovata solo di recente, si mischia nelle pagine al racconto di un luogo difficile, abitato da persone che condividono vite vissute costantemente al limite, flirtando spesso con l’autodistruzione. Tra le parti più intense di questo particolare memoir c’è il racconto del rapporto di Jonathan con due genitori separati che forse non si sono voluti abbastanza bene per sapere come dimostrarne agli altri.

La mancanza di una figura genitoriale e le difficoltà nate da una situazione non semplice a casa hanno segnato anche personalità storiche come Malcolm X e nel suo recente The Dead Are Arising, National Book Prize per la saggistica 2020, Les Payne non ha mancato di scavare anche in quella porzione di passato per comprendere una figura tanto complessa. Il libro non è tuttavia una semplice biografia di Malcolm X: in 28 anni di ricerca, l’autore ha indagato anche sull’ambiente che permise a Malcolm di diventare quel personaggio a volte divisivo ma sicuramente decisivo per la presa di coscienza di determinate questioni negli Stati Uniti.

Malcolm X condivideva molti obiettivi con Martin Luther King ma aveva idee diverse su come raggiungerli e migliorare la vita dei neri nel suo Paese. Le parole del reverendo King sono il motore che spinge Elwood Curtis, il protagonista del romanzo I ragazzi della Nickel (Premio Pulitzer 2020) di Colson Whitehead, a diventare militante per i diritti civili negli States del 1963, nonostante il dissenso della nonna che vorrebbe si accontentasse di “restare vivo”, senza creare problemi.

Il rischio concreto per Elwood è d’altronde quello di finire come i “diversi”, brutalmente uccisi da una famiglia che si tramanda una macabra intolleranza razziale nella Black Country britannica in cui Angela Marson ambienta il suo giallo vincitore del Premio Bancarella Le verità sepolte. Toccherà alla detective Kim Stone far emergere la verità da quei terreni che nascondono i resti di tanti insensati omicidi.

La poetessa che quest’anno si è portata a casa il premio Nobel per la letteratura, Louise Glück, dedicò alle piante e ai fiori la sua raccolta: Iris selvaggio. Composta in dieci settimane nell’estate del 1991, questa selezione di 54 liriche è accomunata dall’ambientazione di un giardino e si snoda come un dialogo a più voci tra il Dio onnisciente, i fiori parlanti e il poeta-giardiniere.

L’abbinamento tra fiori e poesia è stato tentato anche dal vincitore dell’ultimo Premio Cervantes, il maggior riconoscimento letterario spagnolo, Francisco Brines. Una delle sue raccolte più famose si intitola non a caso L’autunno delle rose e fa il paio con una delle sue liriche più celebri: La Rosa della notte. In pochi versi di questa poesia “meravigliosa derelitta rosa. Tornassi a vivere, vorrei  ancora aspirarla senza pietà, giacché per essa ho vissuto, consumandomi”, è possibile rintracciare la tematica principale di tutta l’opera di Brines, sempre in bilico tra la nostalgia per il ricordo e la paura per il futuro.

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