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Se Shakespeare fosse stato una donna, non avrebbe scritto le sue opere. Parola di Virginia Woolf

13 aprile 2022

Nel 1928 la scrittrice Virginia Woolf fu invitata a tenere due conferenze di fronte alle studentesse del Newham e del Girton College di Cambridge. Il titolo dei suoi interventi era il medesimo: Le donne e il romanzo. Si trovò davanti a una platea di giovani che pendevano dalle sue labbra. Lei era l’esempio di una scrittrice di successo, una donna che aveva avuto non solo il talento, ma anche il coraggio di affrontare un ambiente che fino a qualche decennio prima era esclusivamente maschile.

Torno ora da Girton dove sono andata a parlare sotto una pioggia torrenziale. Giovani affamate ma coraggiose, questa è la mia impressione. Intelligenti, avide, povere, destinate a diventare nugoli di maestre

Così scrisse di ritorno dalle conferenze sul suo diario. Gli interventi furono la scintilla che sarebbe diventata il suo noto saggio Una stanza tutta per sé. L’idea le venne anche leggendo un'asserzione decisamente provocatoria sui giornali secondo cui sarebbe stato impossibile immaginare una donna, passata, presente o futura, il cui genio si potesse paragonare a quello di Shakespeare.

La Woolf reagì dapprima comprensibilmente con rabbia e poi, guardando sullo scaffale le opere di Shakespeare, si rese conto che quella voce così irragionevole diceva la verità: sarebbe stato impossibile per una donna scrivere le opere di Shakespeare all'epoca di Shakespeare. Da questa intuizione nacque una delle sue più potenti storie sulla condizione femminile: quella di Judith, l’ipotetica sorella del sommo drammaturgo.

Uno spazio per sé, per essere donna e scrittrice

Perché sarebbe stato impossibile avviare una produzione letteraria al pari di quella di Shakespeare? La risposta era nascosta nel titolo del saggio; una stanza tutta per sé, un luogo da sempre negato alle donne eppure requisito fondamentale per mettere in moto la forza creativa. Perché sì, nei primi anni '20 le ragazze che finalmente potevano frequentare i college rappresentavano un passo avanti nella giusta direzione, ma il mondo in realtà le privava ancora delle due componenti principali per affrontare un’impresa “di prodigiosa difficoltà” come scrivere. Il tempo e lo spazio.

“Avete idea di quanti libri scrivono sulle donne?”, chiedeva la Woolf alle ragazze. Tanti, ma erano pochi quelli scritti da loro in prima persona. Perle in uno scrigno che spesso hanno dovuto nascondere la loro identità, come le sorelle Bronte che pubblicavano dietro pseudonimo maschile. Per essere davvero una scrittrice una donna ha bisogno del tempo e dello spazio.

Ecco che avere una stanza tutta per sé diventa un requisito fondamentale: un luogo dove poter entrare nel proprio mondo, a contatto con il proprio silenzio, e chiudere fuori tutto ciò che non è se stessi. La scrittura richiede un impegno continuo, ininterrotto, una condizione che la società ha escluso per secoli dal ruolo della donna, divisa tra il ruolo di madre e di “angelo del focolare”, seduta al tavolo della cucina con il sottofondo vivace del vociare dei bambini.

“La casa è un posto dove sentirsi sicure, ma può essere anche una prigione”, continua la Woolf. E lo è stata per migliaia e migliaia di aspiranti autrici che nei secoli non hanno avuto modo di far sentire la propria voce e non hanno potuto tramandare il loro pensiero, escluse dal contesto culturale. Attraverso le sue parole la Woolf racconta una storia di assenze, dei fantasmi femminili nella Storia.

La storia immaginaria di Judith Shakespeare

Immaginiamo, giacché ci riesce così difficile conoscere la realtà, cosa sarebbe successo se Shakespeare avesse avuto una sorella meravigliosamente dotata, chiamata Judith

Così inizia la digressione dedicata a Judith, una ragazza non meno avventurosa, immaginativa e desiderosa di conoscere il mondo di quanto non fosse suo fratello. Lei però, a differenza di William, deve fare i conti con le pesanti limitazioni che la Woolf ha sottolineato nel suo saggio. Anzitutto non ha potuto studiare. Non ha imparato la grammatica o la logica, non ha letto Orazio e Virgilio. Virginia Woolf dipinge un quadro crudele e quanto mai realistico: magari Judith ogni tanto prendeva un libro, di quelli che appartenevano al fratello, iniziava a leggerlo ma subito i genitori le ricordavano i doveri domestici.

C’era da rammendare le calze o da preparare da mangiare in cucina. E forse Judith, in preda al sacro fuoco del talento e della sensibilità che le bruciava dentro, nottetempo scriveva qualche pagina ma poi le nascondeva o le bruciava, per vergogna e pudicizia.

La Woolf prosegue raccontando che William Shakespeare fece la fortuna anche grazie al suo animo ribelle, fuggendo dalla moglie e trovando lavoro come attore presso una compagnia itinerante. Se Judith avesse fatto lo stesso, magari rifiutando un matrimonio combinato, e fosse riuscita ad arrivare alla stessa compagnia d’attori dove si era rifugiato il fratello, le avrebbero riso in faccia. “Nessuna donna può essere un’attrice” si sarebbe sentita rispondere.

Verso un mondo migliore, seguendo l'esempio della Woolf

“Così, più o meno, sarebbe andata la storia, immagino, se ai tempi di Shakespeare una donna avesse avuto il genio di Shakespeare”, scrive la Woolf. Come poteva apparire un genio tra le donne se queste cominciavano a lavorare non appena lasciata la balia, costrette dai loro genitori e da tutto il peso della legge e della tradizione?

Quando uscì il saggio della Woolf, nel 1929, ovvero meno di un secolo fa, era ancora acceso il dibattito su una presunta inferiorità intellettuale delle donne. Il diritto di voto, in Inghilterra, era stato concesso nemmeno dieci anni prima. Ma il mondo stava per cambiare e forse Judith avrebbe avuto una sorte differente in quel futuro così promettente. Anche grazie all'esempio di Virginia Woolf.

“Datele una stanza tutta per sé e 500 sterline l’anno [...] permettetele di dire ciò che pensa e di cancellare la metà di quello che ora inserisce, e scriverà un libro migliore uno di questi giorni”

Credits

Cover: Virginia Woolf sitting in an armchair at Monk's House, Harvard University Library. Distributed under Public Domain Mark 1.0 license via Wikimedia

Immagine interna 1: Virginia Woolf's bed at Monk's House, John Cummings. Distributed under the Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported license via Wikimedia

Immagine interna 2: Virginia Woolf 1927, Harvard Theater Collection, Houghton Library, Harvard University. Distributed under Public Domain Mark 1.0 license via Wikimedia

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