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11 aprile 1961, la prima esibizione di Bob Dylan

05 maggio 2020
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Ogni storia ha un punto di svolta che cambia il suo corso in positivo o in negativo. Quando quegli avvenimenti raccontano le tappe della vita di un artista che ha influenzato profondamente la cultura del Ventesimo secolo, la sua biografia diventa un racconto che tutti vogliono conoscere e da cui trarre ispirazione. Cinquantanove anni fa, a New York, sul palco del Gerde’s Folk City, definito dai Rolling Stones uno dei tre migliori locali musicali al mondo, si esibiva per la prima volta un giovane ventenne originario del Minnesota, Robert Allen Zimmerman. Quel ragazzo di lì a un anno pubblicherà il suo primo disco per la Columbia e cambierà legalmente il nome in Bob Dylan.

La musica, la poetica e la sua stessa figura hanno segnato senza dubbio la cultura mondiale del dopoguerra. Dylan è un personaggio multiforme e imprevedibile e ogni tratto della sua personalità merita un capitolo a parte. Sullo schermo questo aspetto è stato colto alla perfezione dal regista Todd Haynes con il film del 2007 Io non sono quil'unico approvato dal cantante –, che racconta sette momenti fondamentali della vita e della carriera dell'artista, tutti interpretati da attori diversi. A unire il mosaico che compone il "menestrello", rimane la musica, grazie alla quale Dylan "ha creato nuove espressioni poetiche all'interno della grande tradizione della canzone americana", come spiegato dal comitato che gli ha assegnato il Nobel per la letteratura nel 2016.

Bob Dylan è nato a Duluth nel 1941, nello Stato del Minnesota, in una famiglia di origini ebraiche. I nonni materni e paterni si erano rifugiati negli Stati Uniti per scappare dai pogrom antisemiti di inizio secolo in Europa. Dylan crebbe a Hibbing, un paesino che ruotava intorno all'industria mineraria locale e con una comunità a maggioranza cattolica. L'unica via d'uscita da quella realtà chiusa e opprimente era la U.S. Route 61, – celebrata dal cantautore nell'album del 1965 Highway 61 Revisited – la strada che segue il corso del fiume Mississippi e unisce il Nord al Sud degli Stati Uniti. La Route 61 è diventata un simbolo della cultura statunitense, perché lungo le sue corsie non viaggiavano solo merci e persone, ma anche la musica. Il suo tracciato parte infatti dalla città di New Orleans, patria del jazz, attraversa le zone rurali del centro dove nacque il blues e arriva fino a Duluth, il profondo Nord a pochi chilometri dal confine con il Canada.

All'inizio del 1960 il giovane Dylan non era certo l'unico ragazzo con in mano una chitarra che raggiungeva New York con il sogno di suonare e farsi conoscere dal pubblico. Dylan, però, aveva dalla sua una inimitabile presenza scenica, un timbro riconoscibile e una ferrea cultura letteraria – tra i tanti, di autori come Arthur Rimbaud e Allen Ginsberg – e musicale. Quest'ultima affondava le radici nella musica folk, nel jazz, nel blues e in quella passata alla storia come black music: un mix di tutti questi generi mescolati ai dolorosi retaggi dello schiavismo.

Nelle note dell'album Biograph del 1985 Dylan raccontò il perché della sua attrazione per la musica folk: "La questione principale a proposito del rock and roll, per me, era che comunque non era sufficiente. Tutti Frutti e Blue Suede Shoes avevano frasi di grande effetto e di grande presa, nonché un ritmo trascinante e una energia travolgente, però non erano cose serie, e non riflettevano per niente la realtà della vita. Sapevo bene, quando mi sono dedicato alla musica folk, che si trattava di una cosa molto più seria. Le canzoni folk sono colme di disperazione, di tristezza, di trionfo, di fede nel sovrannaturale, tutti sentimenti molto più profondi. [...] C'è più vita reale in una sola frase di queste canzoni di quanta ce ne fosse in tutti i temi del rock'n'roll. Io avevo bisogno di quella musica".

Nel 1961, Dylan era arrivato a New York qualche mese prima del suo debutto sul palco del Gerde’s Folk City e alloggiava all'Earle Hotel, ora Washington Square Hotel, per  19 dollari a settimana. Di quel primo anno nella City parlò il famoso talent scout John Hammond, che notò Dylan durante una registrazione live in cui il cantautore accompagnava con l'armonica la cantante folk Carolyn Hester. Hammond nel 1962 scrisse nella nota di copertina dell'album di debutto di Dylan: “Il giovane venuto dalla provincia si è fatto conoscere molto rapidamente a New York, continuando, come ha fatto da quando aveva dieci anni, ad assimilare le idee musicali da tutti quelli che ha incontrato e da ogni disco che ha ascoltato".

Tra i motivi che incoraggiarono Dylan a viaggiare verso l'Est degli Stati Uniti, infatti, non c'era solo la voglia di intraprendere una carriera nel mondo della musica, ma anche il desiderio di conoscere il suo mito Woody Guthrie, riconosciuto da più esperti come il primo cantautore di protesta. Guthrie divenne famoso all'epoca in cui Dylan era un bambino perché si esibiva con il motto "This Machine Kills Fascists", questa macchina uccide i fascisti, inciso sulla chitarra. La sera dell'11 aprile 1961 Dylan si esibì al Gerde's Folk City interpretando la ballata tradizionale House of the Rising Sun, gli inediti Song to Woody e Talkin 'Hava Nagila Blues e altri due brani identificati dai cronisti presenti solo come "canzone sconosciuta di Woody Guthrie" e "un blues nero". Meno di una settimana dopo, sarebbe tornato nel locale per il debutto di Blowin' in the wind, basata sul vecchio canto spirituale nato tra gli schiavi afroamericani intitolato No More Auction Block e presente nel repertorio live del giovane cantautore.

Come sempre accade nella vita, la preparazione deve andare di passo con la fortuna e Bob Dylan ebbe la sua dose di buona sorte, considerato che visse e si esibì in una New York nella quale si concentravano tutte le influenze culturali più in voga dell'epoca, destinate a cambiare il corso della storia nel campo musicale, letterario e artistico. Dylan scrisse di questo periodo nel brano Talkin 'New York, del 1962, che includeva un versetto sul suo concerto rivoluzionario al Gerde's: "Cominciai a suonare l'armonica,/consumandomi i polmoni per un dollaro al giorno/soffiando e inspirando/l'uomo là dentro disse di apprezzare la mia musica/farneticava di quanto gli piacesse il mio sound/che valeva un dollaro al giorno/E dopo settimane e settimane di tentativi/sono finalmente riuscito ad avere un lavoro a New York/In un posto più grande e con più soldi pure".

L'uomo che diede il primo lavoro al cantautore del Minnesota è Mike Porco, il titolare di origini calabresi del Gerde's che prese a cuore la carriera del giovane Dylan. I due diventarono amici e Dylan parlerà di lui definendolo "un padre". La prima fase della lunga carriera del "menestrello", che idealmente si conclude con l'album Bringing It All Back Home, ha rappresentato l'inizio di una strada che ha visto Dylan cambiare generi, testi e musica più volte nel corso dei decenni. Sempre rincorrendo l'ispirazione, senza mai lasciarsi ammaliare dalle sirene del successo per evitare il rischio di ripetersi, anche a costo di perdere numerosi fan e di essere oggetto di critiche feroci.

Dopo 59 anni da quel debutto nel Greenwich Village, Dylan continua  a comporre e a fare concerti, pur rivendicando la sua discrezione e la sua refrattarietà allo show business. I fan lo riconoscono e lo apprezzano come un uomo schivo con una dote innata per la composizione, una particolare musicalità e un inconfondibile timbro della voce. Il cantautore che non guarda mai negli occhi i suoi interlocutori e che ha preteso per tutta la vita di esprimersi solo tramite la sua musica, non ha mai abbandonato i suoi fan. Il 27 marzo scorso, nel pieno della pandemia globale in atto, ha diffuso un brano inedito di 16 minuti e 56 secondi sull'omicidio di J.F. Kennedy intitolato Murder most foul.

Il brano arriva dopo otto anni dalla pubblicazione del suo ultimo inedito ed è una riflessione su un momento, intenso e destabilizzante come quello che stiamo vivendo, che cambiò per sempre il mondo. Murder most foul è una citazione dall'Amleto di William Shakespeare ed è evidente, sia nella musica quanto nella scelta delle parole, il richiamo alla sua portata tragica. Il 78enne Bob Dylan ha affidato ancora una volta alla musica un bilancio doloroso sulla storia degli ultimi sessant'anni. Storia di cui lui è stato indiscusso testimone e, a suo modo, protagonista. La presentazione del brano, avvenuta senza anticipazioni, dal suo account Twitter ha scatenato la gioia e l'emozione dei suoi fan. Anche se il futuro non è come quello ci eravamo immaginati sognando con le sue prime canzoni di protesta, senza cedere alla paura vogliamo continuare a interpretarlo e capirlo con le parole di Bob Dylan.

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