Articoli
6 MINUTI
My Expert
My Expert

WEALTH PLANNING | Diritti patrimoniali e successori nelle unioni civili e nelle convivenze di fatto

02 dicembre 2021


Nell’ambito dei rapporti matrimoniali e di convivenza è di particolare importanza la pianificazione della successione.

La trasmissione di patrimoni complessi al coniuge e più in generale ai propri affetti richiede una valutazione puntuale dei diversi scenari giuridici e fiscali.

Il nostro Ordinamento prevede infatti che una rilevante quota del patrimonio ereditario sia riservata al Coniuge superstite.

Di conseguenza, il coniuge che intende redigere un testamento dovrà necessariamente considerare i diritti patrimoniali e successori previsti dal codice civile a favore dell’altro coniuge.

Inoltre, al consorte è riservato il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano.

Tali diritti patrimoniali e successori, fino a pochi anni fa, venivano riconosciuti esclusivamente ai soggetti uniti in matrimonio: nessun diritto successorio discendeva, in capo al componente superstite di una coppia di conviventi non sposati, con riguardo ai beni e diritti lasciati dal componente defunto della coppia.

Con la legge n. 76 del 2016, nota come “Legge Cirinnà”, viene segnata una svolta importante nel nostro Ordinamento.

La Novella entrata in vigore l’11 maggio 2016, ha riformato in maniera rilevante il diritto di famiglia, introducendo la regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e la disciplina delle convivenze di fatto.

A seguito dunque dell’intervento del Legislatore nel 2016, accanto all’unione in matrimonio tra un uomo e una donna, è possibile distinguere altre due forme familiari, seppur diverse dal matrimonio.

La Legge Cirinnà ha identificato quindi tre categorie di formazioni familiari: la coppia sposata, formata in base ai criteri stabiliti dall’articolo 29 della Costituzione, la coppia di fatto o convivente more uxorio e, infine, l’unione civile quale coppia omosessuale.

Pertanto, ai fini di una puntuale pianificazione successoria, occorre tenere in debita considerazione i nuovi diritti ereditari e patrimoniali previsti nel nostro Ordinamento e spettanti ai componenti di queste nuove unioni affettive.

Andiamo brevemente ad analizzare i principali rapporti patrimoniali che derivano dalle nuove unioni familiari previsti dalla Legge Cirinnà.

Le unioni civili previste dalla Legge Cirinnà

Possono costituire un’unione civile due persone maggiorenni dello stesso sesso, mediante dichiarazione dinnanzi ad un ufficiale di stato civile ed alla presenza di (almeno) due testimoni.

La costituzione dell’unione civile avviene mediante l’iscrizione del relativo atto, sottoscritto dalle parti, dai testimoni e dall’ufficiale di stato civile, nel registro delle unioni civili.

Il componente di una unione civile acquisisce la stessa posizione che nel matrimonio spetta al coniuge superstite: ad esempio, in quanto erede avrà dunque diritto alla quota ereditaria prevista dal codice civile e ad abitare nella casa già adibita a residenza dei componenti dell’unione civile.

In altri termini, anche in mancanza di testamento, colui che sopravvive risulta erede necessario.

Potrà inoltre impugnare le donazioni pregresse effettuate dall’altro componente dell’unione civile premorto e che hanno eventualmente leso la sua quota di legittima.

Come già previsto nel matrimonio civile, anche nelle unioni civili delle persone dello stesso sesso il regime patrimoniale ordinario è quello della comunione dei beni.
Anche in tal caso, come nel matrimonio, resta ferma la possibilità di optare per  il regime della separazione dei beni.

Anche per gli uniti civilmente si applicano le norme in materia di convenzioni matrimoniali e la normativa in materia di fondo patrimoniale.

La convivenza di fatto previste dalla Legge Cirinnà

La convivenza di fatto, invece, non è uno status familiae ed è caratterizzata dall’assenza di qualsivoglia vincolo giuridico.

Sono definiti conviventi di fatto due persone maggiorenni, unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile.

A differenza di quanto previsto per i componenti dell’unione civile, per i conviventi non sono previsti specifici diritti successori rendendo dunque particolarmente importante una attenta pianificazione della successione.

La Legge Cirinnà non ha previsto diritti per i conviventi nell’ambito della successione a causa di morte, con la sola eccezione del diritto del convivente di utilizzare la casa di comune residenza per un certo periodo dopo la morte del proprietario.

In caso di morte del partner proprietario dell’immobile adibito ad abitazione dai conviventi, il convivente superstite avrà diritto a continuare a vivere nell’immobile per due anni o per un periodo pari alla convivenza se questa è superiore a due anni, ma in ogni caso per un lasso di tempo non superiore a cinque anni.

Pertanto trascorso tale lasso di tempo l’immobile dovrà essere restituito agli eredi del convivente premorto.

In caso di morte del partner, il convivente potrà vantare diritti patrimoniali e successori solo qualora previsti all’interno di disposizioni testamentarie.

Chi convive non ha infatti alcun diritto sulla successione del convivente, ma può essere nominato erede o ricevere un lascito a titolo di legato nell’ambito di un testamento.

In assenza di testamento, il convivente non potrà vantare alcun diritto successorio sul patrimonio del partner premorto: i beni saranno infatti interamente devoluti a favore degli eredi del defunto.

In ogni caso, se il partner ha figli o ascendenti – a cui la normativa civilistica riserva una quota dell’eredità, sarà possibile devolvere al convivente solo la c.d. quota disponibile.

Anche sotto il profilo fiscale non sono previste agevolazioni per i conviventi di fatto.

Eventuali donazioni o disposizioni testamentarie in favore del convivente di fatto scontano ai sensi del Testo Unico in materia di donazioni e successioni l’aliquota nella misura massima prevista, ovvero l’8% del valore dei beni donati/ereditati, senza l’applicazione di alcuna franchigia di esenzione.

****

Un team di esperti in discipline giuridiche e fiscali è a vostra disposizione e dei vostri consulenti per approfondire le tematiche affrontate nel presente articolo.

Hai bisogno di più informazioni sulla nostra consulenza e servizi?

Siamo a tua completa disposizione per supportarti con una consulenza personalizzata.