Articoli
5 minuti
Economia
Economia

No, non sei un indeciso: sei un “multipotenziale”

29 dicembre 2019
autore:

Il concetto di “uomo universale” esiste da secoli e affascina l’umanità dai tempi di Romani e Greci. L’idea che possa esistere qualcuno in grado di eccellere in campi diversissimi insospettisce e attrae al tempo stesso: la storia ci ha consegnato pochi esempi di “uomini universali” e, quasi sempre, si tratta di autentici geni, come Leonardo Da Vinci o Leon Battista Alberti. Leonardo era uno scienziato, un inventore e un artista a tutto tondo ma non era il solo a combinare più vocazioni a quell’epoca. Il suo più o meno contemporaneo Alberti avrebbe potuto scrivere, sul proprio immaginario biglietto da visita: architetto, scrittore, matematico, crittografo, linguista, filosofo, musicista e persino archeologo.

A cavallo tra Quattrocento e Cinquecento, coloro che coltivavano con successo varie passioni non venivano scoraggiati nel farlo, al contrario: il vero uomo di cultura doveva avere interessi variegati per potersi definire tale. Oggi definiremmo questi soggetti inclini a provare attrazione per le discipline più disparate come “multipotenziali”. Questo termine identifica la qualità e le capacità delle persone che hanno più interessi e attività, una forte curiosità intellettuale, sono creativi e sono in grado di eccellere in più settori. I multipotenziali non hanno una vera e propria "vocazione", come succede agli "specialisti", ma non per questo devono essere biasimati, come è stato fatto negli ultimi decenni solo perché erano difficilmente incasellabili.

Emilie Wapnick è una multipotenziale e a questo argomento ha dedicato un intero libro dal titolo decisamente ispiratore: Diventa chi sei. Nella versione originale, il volume ha il sottotitolo ironico: A Guide for Those Who (Still) Don't Know What They Want to Be When They Grow Up, “Una guida per chi (ancora) non sa che cosa vuole fare da grande”. Wapnick apre il suo libro proprio raccontando come la classica domanda “Che cosa farai da grande?” sia di fatto l’inizio degli incubi per qualunque multipotenziale. Messo davanti alla necessità di dover compiere una sola scelta netta, il multipotenziale è in difficoltà e lo sarà probabilmente per tutta la vita: lui o lei sogna di avere una laurea in chimica, scrivere racconti, fare foto di moda, essere antropologo ed esperto di Ikebana, suonare almeno tre strumenti e progettare dettagli costruttivi. Tutto questo senza rinunciare a diventare un affidabile architetto e buon tiratore con l’arco quando gioca a basket.

Come sanno i multipotenziali, rivelare queste diverse aspirazioni a chi non lo è può insospettire e rivelarsi controproducente a causa di pregiudizi ingiusti vecchi come il mondo, e così il super-appassionato ogni volta tende a rivelare un sogno diverso a una persona diversa. Anche quando si cresce e la domanda si trasforma al presente in “Che cosa fai adesso?” la strategia tende a ripetersi ma, fortunatamente, il multipotenziale sviluppa anche altre armi di autodifesa contro chi lo vorrebbe incanalare in un’unica direzione per etichettarlo e renderlo più comprensibile ai propri occhi.

Questo problema può essere ad esempio aggirato come suggerisce Barbara Sher. Nel suo libro, Refuse to choose, l’autrice parla della possibilità di scegliere un lavoro “buono quanto basta”: un’occupazione sicura, da poter presentare come lavoro primario, ma che non interferisca troppo con le altre passioni. Chi percorre la strada del “lavoro buono quanto basta” segue le orme di un altro grande multipotenziale come Albert Einstein. A inizio Novecento, Einstein lavorava all’ufficio brevetti del governo svizzero e si dedicava alle sue idee nei tanti momenti liberi: alcune delle sue più grandi intuizioni nacquero proprio in questo decennio di alternanza tra un lavoro stabile e l’interesse per campi diversi come la fisica e la filosofia. L’“approccio Einstein” non è comunque l’unico possibile: sempre Emilie Wapnick suggerisce anche quello che chiama “approccio fenice”. Sposare quest’ultima idea significa lavorare in un solo settore per più mesi o anni e, poi, cambiare completamente direzione, cominciando una nuova carriera in un nuovo settore. Quello che spesso non si dice dei multipotenziali, infatti, è che non coltivano in modo mediocre diversi hobby, ma che percorrono ogni loro diverso interesse proprio come se fosse l’unico, e non uno tra i tanti, con lo stesso ardore e impegno.

A questo punto, viene però da chiedersi perché qualcuno dovrebbe assumere una persona dalle passioni così diversificate nella sua azienda. Sempre la Wapnick ha evidenziato alcune caratteristiche tipiche dei multipotenziali che farebbero comodo in qualunque contesto lavorativo. Una delle qualità più facilmente intuibili è la capacità di sintesi: un multipotenziale impara, durante la sua vita, a sintetizzare più informazioni possibili perché non ha il tempo di spendersi in articolate narrazioni con il suo interlocutore di ogni singolo campo, ha troppo materiale da esporre e deve vincere velocemente i pregiudizi per risultare credibile e non il solito volubile indeciso. Questo torna estremamente utile, soprattutto nei lavori creativi, perché aiuta a fare rapidamente connessioni originali. tra argomenti diversissimi.

Il multipotenziale si distingue anche per la sua velocità di apprendimento: dovendo dividere le ore della giornata tra le tante discipline deve essere il più efficace possibile e inoltre difficilmente partirà da una tabula rasa, ma avrà quasi sempre già qualche conoscenza interdisciplinare di base. In più non fa fatica a vedere le cose in una prospettiva più ampia, proprio perché frequenta così tanti ambiti diversi, e in questo modo contribuisce indirettamente ad allargare la sua curiosità anche alle persone che ha intorno: un multipotenziale è entusiasta all’idea di conoscere persone diverse con un bagaglio di esperienze nuove da condividere. Avere una persona del genere nel proprio team di lavoro, oltre ad essere una garanzia di buon networkingm, è come avere un jolly, essere adatto in ogni situazione e a diversi ruoli.

I multipotenziali sono abbastanza coraggiosi per provare a prendere tutto quello che la vita gli offre e per questo, oltre a essere bersaglio delle invidie, sono anche un esempio positivo per chi li ha intorno. Anche perché, in una società sempre più liquida, in cui resilienza, l’adattabilità e velocità sono diventate caratteristiche fondamentali sarà sempre più difficile rispondere in modo univoco alla domanda: “Allora che cosa farai da grande?”.

Vuoi informazioni sulla nostra consulenza e sui nostri servizi?

Naviga il sito e vedi tutti i contenuti di tuo interesse