Letture
10 minuti
Economia
Economia

Per stimolare le opinioni di un team, bisogna porre le giuste domande. Ecco come individuarle.

18 gennaio 2021
autore:

Molti leader aziendali oggi credono nei vantaggi portati dall’essere collaborativi, per sfruttare le capacità e il pensiero indipendente delle persone nei loro team e prendere decisioni razionali e proficue. Tuttavia, per farlo, bisogna saper porre le giuste domande. In molti si rifanno ai consigli di Hal Gregersen, considerato uno dei maggiori esperti su temi come l’innovazione e la leadership in ambito aziendale. Autore di diversi libri su questi argomenti, ha più volte ricordato come chi aspiri a ricoprire il ruolo di leader debba rivelarsi capace di individuare eventuali problemi e difficoltà, ponendosi da subito le domande più difficili. Per riuscirci al meglio, teorizza Gregersen in Questions Are the Answer: A Breakthrough Approach to Your Most Vexing Problems at Work and in Life, non bisogna cedere alla tentazione di isolarsi o circondarsi di yes man.

Della necessità di porre quesiti ai dipendenti è convinto anche l’imprenditore statunitense Arthur M. Blank, diventato ricco grazie a The Home Depot, un’azienda da lui stesso co-fondata che si occupa della vendita di prodotti per la manutenzione della casa in Stati Uniti, Messico, Canada e Cina. Per Blank la domanda imprescindibile da fare ai propri collaboratori è solo una: bisogna infatti chiedere loro se considerano la realtà lavorativa in cui sono impiegati degna di occupare gran parte della loro vita. Secondo l’imprenditore, “Se la risposta è sì, questa è un'indicazione del fatto che la cultura dell'azienda è fiorente e che i dipendenti si sentono sicuri nel prendere le decisioni migliori, sia per i clienti che per l’azienda stessa”. Circondarsi di persone che si pongono questa domanda e danno una risposta positiva significa creare un’organizzazione resiliente, in grado di resistere nel tempo anche ai cambiamenti più imprevedibili.

Chi ha a cuore l’azienda lavorerà sicuramente sodo, ma tutto ciò non basta per eccellere. Bisogna porsi un altro interrogativo fondamentale per avere successo, almeno secondo l’ex cestista Kara Lawson. Lawson sa sicuramente come raggiungere il massimo livello visto che, prima di diventare capo allenatore della squadra femminile di basket dell’università Duke di Durham, in Carolina del Nord, è stata una campionessa e una medaglia d’oro olimpica ai Giochi di Pechino, diventando talmente famosa per la sua mentalità vincente da essere scelta come assistente del coach nei Boston Celtics. Kara Lawson evidenzia come molti lavorino sodo e meritino elogi per la loro abnegazione, ma fa notare come a fare la differenza in un team siano coloro che hanno la tenacia e capacità per spingersi oltre. Ci riescono ponendosi un semplice interrogativo: “Sono stato competitivo oggi?”. Questa domanda deve essere posta a tutti i dipendenti da ogni dirigente, a patto che prima di tutto la rivolga a se stesso. La presa di coscienza che sia necessario essere sempre competitivi sarà la molla per trovare nuove motivazioni quando il semplice impegno può non bastare. Chiedersi se si è stati all’altezza delle proprie capacità fa trovare qualcosa in più dentro di sé, scavando in profondità e facendo emergere risorse inedite. Lawson sostiene che per competere non basta dire agli altri cosa fare, ma bisogna agire tenendo presente che per raggiungere obiettivi ambiziosi è necessario coinvolgere tutti e fare spesso domande, dando input perché si crei da parte di tutti la medesima voglia di primeggiare.

Chiedere cosa stia andando bene e quale risultato si sia raggiunto nel breve periodo è un buon punto di partenza per creare anche un buon ambiente di lavoro in cui respirare ottimismo e voglia di migliorare. La voglia di chiedersi se si è competitivi non deve infatti fagocitare il desiderio di fermarsi per domandare (e domandarsi) se si stiano raggiungendo obiettivi. Dando spazio e risalto anche alle piccole soddisfazioni si spinge invece il gruppo a porsi nuovi interrogativi sulla base dei risultati acquisiti, incentivando tutti a riflettere da una nuova prospettiva.

Ovviamente, nessuno si aspetta che un manager sia capace di leggere nel pensiero dei propri dipendenti. Per questo è importante la capacità di trovare risposte coinvolgendo gli altri. Un passo non sempre facile e immediato da compiere, soprattutto perché non tutti sono pronti ad aprirsi esponendo i propri punti di vista e le proprie idee, a maggior ragione se l’interlocutore con cui bisogna confrontarsi è un superiore. Per superare questa impasse, il leader non deve solo concentrarsi sulle domande che fa, ma anche focalizzarsi sul contesto e il momento scelto per porre determinati interrogativi. Situazioni diverse richiedono domande e risposte che si adattino al contesto.

Fortunatamente, per i manager esistono quesiti adatti per saggiare il momento e capire quale sia il giusto approccio rispetto alla situazione. Si tratta di interrogativi “rompighiaccio” che in apparenza nulla hanno a che fare con il lavoro, ma che possono dire molto anche sull’apporto che il dipendente può dare all'interno dell’organizzazione. Chiedere quale sia stato il proprio primo lavoro, per esempio, crea immediata complicità e può dire molto sul percorso che ha portato l’interlocutore a ricoprire l’attuale posizione. In alternativa, domandare se si è incontrato qualcuno di famoso potrebbe portare a scoprire di più su aspirazioni e pensieri di chi si ha di fronte. In questi casi si è infatti portati di solito a citare per prime le persone che più si ammirano, e capire quali siano i riferimenti di qualcuno aiuta a comprenderne attitudini e personalità. Per ragioni simili, cercare di interrogare qualcuno su cosa stia leggendo può essere utile per superare l'iniziale imbarazzo, ma anche per capire gli interessi di chi si ha di fronte.

Spesso le domande più generiche e all'apparenza inoffensive si rivelano utili per farsi benvolere e far crescere il clima di collaborazione nell’ambiente lavorativo. Lo suggerisce anche la blogger specializzata in questi temi Noëlle Price. Price sostiene che quattro domande sarebbero in grado di far crescere esponenzialmente la propria popolarità tra i collaboratori e aumentare la loro voglia di competere sempre al più alto livello. Mostrarsi gentili chiedendo se si può dare una mano è un buon punto di partenza. A volte basta poco per alleviare la pressione di un collega, e dare l’esempio cercando di offrire aiuto spinge tutti ad avere un maggior spirito di squadra e a mostrare disponibilità. Un altra domanda che, se fatta con il necessario tatto, può avere imprevedibili effetti benefici è “a cosa stai lavorando adesso?”. Secondo Price, queste semplici parole aiuterebbero a creare discussioni proficue su un progetto, condividendo nuove idee con i colleghi. Dedicare anche pochi minuti per interessarsi al lavoro altrui significa mostrare interesse e voglia di comprenderlo meglio: aspetti apprezzati a qualunque livello. Domanda spesso connessa a quest’ultima, ma più generica, è “cosa pensi?”. Non si tratta solo di un modo rapido per avere nuovi spunti, ma serve anche per far sentire tutti coinvolti, facendo capire che ogni opinione ha un peso all’interno del gruppo.

Un manager deve mantenere sempre buone relazioni e per farlo è fondamentale dare la sensazione di essere sempre disponibile per i propri dipendenti. Per questo motivo, l’ultimo interrogativo suggerito da Price è in realtà un invito: “ti va un caffè?”. Questa offerta permette al dirigente di aprirsi immediatamente e in maniera informale anche con i dipendenti con cui è più complicato interfacciarsi, sia per la loro personalità magari più introversa che per ragioni gerarchiche. Un manager di successo ha tra le altre cose anche la responsabilità di creare un clima sereno e di collaborazione costante nel suo ambiente di lavoro. Un obiettivo molto più a portata di mano di quanto possa sembrare, a patto di saper fare poche domande giuste, e magari, di scegliere una buona miscela di caffè da gustare.

Vuoi informazioni sulla nostra consulenza e sui nostri servizi?

Naviga il sito e vedi tutti i contenuti di tuo interesse