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L’ancella automatica di Filone di Bisanzio: il più antico progetto di un ente artificiale è esposto al Mudec di Milano

12 luglio 2021

Quando si parla di robot o di androidi si pensa irrimediabilmente al futuro. Ce lo hanno insegnato centinaia di romanzi di fantascienza e di pellicole ambientate in piovose città multietniche, dove grandi cartelloni pubblicitari animati ricoprono le facciate dei grattacieli. Eppure il mondo degli automi è così imprevedibile che non dovrebbe sorprendervi l’idea che il più antico progetto di un robot risalga a molto, molto tempo fa. Quasi 2.300 anni, per l’esattezza.

La possibilità che un oggetto inanimato fosse dotato di atteggiamenti simili a quelli degli umani è sempre stata presente nelle diverse società succedutesi nel corso dei secoli. Si può fare riferimento a tal proposito alla statua Galatea che nel mito greco prende vita e addirittura sposa  il suo creatore Pigmalione, o al Golem della cultura ebraica, il cui esemplare d’argilla secondo la leggenda sarebbe custodito proprio in una sinagoga di Praga. Certo, queste creature non venivano etichettate esplicitamente come robot. Il termine è arrivato molto più tardi, inventato dallo scrittore ceco Karel Capec che lo ha utilizzato per il dramma I robot universali di Rossum del 1920, opera teatrale di grande successo. Qualcuno però ha tentato di superare il limite tra realtà e fantasia e ha realizzato dei veri e propri esemplari tecnologici straordinari. Il primo di questi risale al III secolo avanti Cristo ed è l’ancella automatica progettata da Filone di Bisanzio, scienziato e fisico dell’antica Grecia.

Filone è conosciuto per essere l’autore di un trattato di meccanica avanguardistico per l’epoca, suddiviso in nove libri di cui molti sono purtroppo andati perduti. In uno di essi dal titolo Pneumatica, sopravvissuto nella sua traduzione in arabo, viene descritto il funzionamento dell’ancella automatica. Il prototipo era in grado di mescere in maniera automatica il vino, tramite un sistema di leve e vasi comunicanti molto sofisticato. All’interno del servo automa, l’altro nome con il quale è conosciuto, sono presenti due contenitori con dentro rispettivamente acqua e vino. Nella mano destra viene tenuta una brocca, mentre la mano sinistra rimane libera così da poter sostenere la coppa da riempire. L’avvio di una valvola permette al vino e all’acqua presenti nei recipienti di defluire attraverso appositi tubi e di mescolarsi nella brocca, come era d’uso al tempo per addolcire la gradazione alcolica della bevanda, e poi di essere automaticamente versati nel bicchiere. Una volta raggiunta la capienza massima del boccale è sufficiente toglierlo dalle mani dell’automa per far terminare il processo. Se oggi vi sembra una macchina geniale, immaginate più di due millenni fa.

Fino al 1° agosto 2021 è possibile ammirare una riproduzione funzionante di questo robot ante-litteram di epoca ellenica al Mudec di Milano, dove è in corso la mostra ROBOT. The Human Project, insieme a tanti altri affascinanti prototipi.

L’esposizione temporanea ospitata dal Museo delle Culture permette agli utenti di scoprire da vicino il mondo della robotica, coniugando tecnologia e narrativa, anche attraverso cinema e letteratura, in un percorso unico nel suo genere. Si scoprono così non solo i passi avanti di un settore in continua evoluzione, ma anche i meccanismi che in passato sopperivano alla mancanza dei moderni chip e microchip. Infatti, insieme a prototipi di bionica e di automi utilizzati nei diversi comparti industriali è possibile ammirare, oltre al servo automa, anche altri esempi storici, tra cui una riproduzione dell’Automa con testa di diavolo del XVII secolo, la cui ideazione è attribuita allo scienziato milanese Manfredo Settala. Un sistema meccanico ancora oggi parzialmente attivo, tecnologicamente avanguardistico per l’epoca. Un altro progetto che, come l’ancella automatica, ci dà un’idea di come sia essenziale fare un tuffo nel passato per comprendere realmente cosa ci riserva il futuro.

Cover via alamy.it

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