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Il leone meccanico di Leonardo che lasciò il Re di Francia a bocca aperta

18 maggio 2022

La grande bestia avanzava minacciosa, lo sguardo fiero rivolto verso Francesco I, il nuovo Re di Francia. Era una giornata calda quel 12 luglio 1515, un dì di festa durante il quale saltimbanchi e mercanti omaggiavano l’ingresso trionfale del nuovo sovrano nella città di Lione. Ci si poteva aspettare ogni genere di spettacolo, ma chi poteva immaginare quello strano leone? Eppure, nonostante il singolare scenario, nemmeno uno dei presenti era spaventato. Anzi, erano tutti divertiti, estasiati. Perché quell'animale era un prodigio della scienza, una macchina. E che dire della sorpresa finale? Quando il leone fu in prossimità del sovrano, si alzò sulle zampe posteriori e dal suo petto si riversò una cascata di gigli, il fiore che ornava lo stemma francese. Il re pensò che quella doveva essere una magia, oppure l’opera di un genio. Aveva ragione; non era una magia. Era frutto del genio di Leonardo da Vinci.

Al genio toscano, il papa mediceo Leone X (secondogenito di Lorenzo il Magnifico) aveva chiesto di fare “qualcosa di bizzarro” per impressionare il nuovo sovrano francese. Leonardo non se lo fece ripetere due volte: mise insieme un meccanismo estremamente raffinato, uno dei primi automi della storia, del quale purtroppo oggi non è rimasta nessuna traccia, se non in alcuni disegni inizialmente attribuiti a un altro progetto di Leonardo. Che privilegio dev’essere stato per i presenti, quel giorno, poter vedere qualcosa che a secoli di distanza sorprenderebbe ancora per il suo ardire tecnologico.

Leonardo, eccezionale uomo di corte

Pregato Lionardo di far qualche cosa bizzarra, fece un lione, che camminò parecchi passi poi s’aperse il petto e mostrò tutto pieno di gigli

Sono le parole di Giorgio Vasari, il grande biografo degli artisti del Rinascimento italiano, che in "Vita di Leonardo" attribuisce con certezza la costruzione del leone meccanico al genio fiorentino.

Perché coinvolgere Leonardo in questo progetto a suo modo tanto frivolo? Tutti conoscono da Vinci per l’incredibile genio, per il suo brillante acume, ma non molti conoscono un altro aspetto di Leonardo, quello dell’uomo di corte, abile conversatore, incredibile intrattenitore. Lui, fuori dagli schemi, nelle sue idee ma anche nel modo di vestire: i capelli lunghi e fluenti in tempi in cui era consuetudine tenerli corti; la barba incolta fino al petto, quando un uomo per bene la definiva con cura. Le vesti dai colori vivaci, sgargianti perfino. Proprio per la sua personalità eccentrica gli fu assegnato il compito di intrattenere le corti. Prima quella della famiglia Medici a Firenze, poi quella degli Sforza, a Milano.

Molti dei macchinari che compaiono all’interno dei suoi scritti e dei suoi appunti, sono stati utilizzati in queste occasioni, come sofisticati effetti speciali per i suoi spettacoli. Senza alcuna utilità pratica. Tra di essi vi erano, ad esempio, dei carri mobili (per molti il primo vero prototipo di automobile) capaci di trasportare una persona senza l'ausilio di una persona o di un animale che li trainasse. Progetti avveniristici per il XV secolo.

Così, quando papa Leone X gli chiese di sorprendere il re di Francia con una delle sue bizzarrie, Leonardo non ebbe alcun dubbio. Avrebbe utilizzato il carro, ma data la richiesta voleva renderlo ancora più speciale. Nacque così l’idea di costruire un leone con un meccanismo segreto che avrebbe riversato ai piedi del Re dei fiori. Il re della savana era il simbolo di Firenze ma Leone era anche il nome del papa che gli aveva commissionato il lavoro e che, per chiudere il cerchio, sarebbe stato presentato nella città di Lione. I gigli poi comparivano sia sullo stemma francese che su quello fiorentino. Sarebbe stata quindi una precisa e brillante allegoria, una metafora di vicinanza tra il popolo d’oltralpe e quello toscano.

Come funzionava il leone meccanico di Leonardo?

Il leone però non era semplicemente un’evoluzione del carro semovente, perché doveva dare l’impressione di essere un vero animale. Anche da questo punto di vista Leonardo dimostrò di essere un genio: attraverso un complesso sistema di aste, perni e funi vincolate a una grande ruota centrale, era riuscito a far muovere il suo automa come fosse una sorta di marionetta. Due corde erano assicurate al perno della grande ruota nel cuore dell’animale e permettevano alla macchina di simulare il passo felpato di una vera fiera. Il motore dell’intero meccanismo, ciò che permetteva alla ruota di girare, era rappresentato da una grande molla elicoidale, all’esterno della macchina. Una volta giunta alla fine della sua corsa, questa avrebbe sbloccato un gancio e permesso al petto del leone di aprirsi per il colpo di scena finale.

Infine, Leonardo, un po’ geloso dei meccanismi della sua sofisticata macchina, un po’ per dare un effetto ancora più realistico al tutto, coprì la struttura con della vera pelle di leone. Il risultato fu sorprendente: un enorme animale a dimensioni naturali che si muoveva da solo, coperto da una folta pelliccia.

Re Francesco I che fu sovrano di Francia per oltre trent'anni e che di occasioni  per stupirsi nella sua vita ne avrebbe avute tante, probabilmente non avrebbe mai più visto nulla di simile. Al punto che volle Leonardo nella sua corte. Proprio lì il genio fiorentino trascorse l’ultima parte della sua vita, realizzando diverse opere d’arte ma anche coreografie e spettacoli che allietarono gli ospiti dei reali francesi.

Così il mondo ha scoperto il leone meccanico

Ironico pensare che di questo macchinario non sia stato lasciato nessun progetto. Eppure di questo prodigio restano tracce storiche indelebili. Nel 1600, in occasione delle nozze di Maria de’ Medici con Enrico IV, fu replicato il sortilegio del leone meccanico e fu citato il precedente storico a firma di Da Vinci.

A riportarlo fu Michelangelo Buonarroti il Giovane, pronipote del famoso e omonimo artista, che scrisse: “Nella testa della tavola di mezzo di quelle gentildonne, per colmare la maraviglia, in aspetto fiero un Leone ebbe, che posando su quattro piedi, allora che a tavola elle si misero, prendendo moto, e sollevandosi in due, aprirsi il seno si vide, e pieno di gigli mostrarlo: concetto simile a quello, il quale Lionardo da Vinci nella Città di Lione nella venuta del Re Francesco, mise in opera per la nazion’ fiorentina”.

Disegni particolarmente dettagliati sono stati trovati all’interno del Codice Madrid del genio fiorentino, dove uno “scheletro” inizialmente attribuito al progetto di un automa umano sembra piuttosto suggerire il meccanismo alla base del leone robot. A convincere gli studiosi è stata la conformazione degli arti, simili a quelli di un quadrupede. Questo particolare ha permesso, nel corso degli ultimi anni, di realizzare ingegnose repliche, che sono state esposte in occasione di numerose iniziative dedicate a Leonardo. Ma una copia, si sa, non supera mai l'originale, né - in questo caso - può eguagliarne la straordinaria anticipazione del futuro.

Credits

Cover: Photo by GDJ on Pixabay

Immagine interna 1: Public domain image by LOC

Immagine interna 2: Public domain image by LOC

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