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I segreti di un viaggio on the road nel sidecar di una moto d’epoca

08 novembre 2021

«Il Buddha, il Divino, dimora nel circuito di un calcolatore o negli ingranaggi del cambio di una moto con lo stesso agio che in cima a una montagna o nei petali di un fiore». Così scriveva Robert Maynard Pirsig nel suo popolarissimo Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta (1974).

Cosa succede però se alla moto aggiungiamo un carrozzino trasformandola in un sidecar? Come mi ha spiegato un proprietario di sidecar disilluso, non è proprio tutto rose e fiori: la velocità del mezzo si riduce di molto rispetto a quella della sola moto per esempio e per via dell’ingombro del mezzo non si possono evitare le code.

Eppure, la convenienza e la praticità non sono tutto nella vita;  e io, negli ultimi anni, ho finito per appassionarmi al sidecar a tal punto da utilizzarlo regolarmente anche per viaggi importanti.

Dalla letteratura alla strada

Nella mia scelta, la letteratura ha pesato più della meccanica. Decisiva è stata soprattutto la scoperta di uno scrittore di viaggio fuori dal comune come Sylvain Tesson. Nel 2015, Tesson ha pubblicato Beresina. In sidecar con Napoleone: il racconto di un viaggio invernale di quattromila chilometri ripercorrendo la ritirata di Russia e il tragico dissolversi della Grande armata di Napoleone decimata dal gelo, dalla fame e dagli attacchi dei russi. Per questa sua stralunata impresa, Tesson ha utilizzato solo mappe cartacee, percorrendo trecento chilometri al giorno con uno scassato sidecar sovietico. Quello stesso sidecar, appena un poco rimodernato, è stato inevitabilmente anche la mia scelta.

Imparare a guidarlo però non è stato facile. In questo caso, l’esperienza della moto non è d’aiuto, anzi. Il sidecar non piega e per curvare bisogna sterzare a forza di braccia. Inoltre dovendo tirarsi dietro il peso del carrozzino e del passeggero, la moto cerca sempre di andare in qualunque direzione, purché diversa dalla linea retta, così che il pilota è sempre impegnato nel correggere la rotta. In ogni caso il problema mi ha solo sfiorato. Bocciato alla scuola piloti, ho dovuto passare la guida a mio figlio e sono diventato la scimmia, come viene chiamato ironicamente il passeggero del sidecar. Ma questo piccolo fallimento mi ha dischiuso un mondo.

I privilegi del passeggero

Il passeggero del sidecar, infatti, nel grembo confortevole del suo carrozzino, gode di un punto di vista privilegiato sui luoghi attraversati. Un altro guida per lui e tuttavia, come ogni motociclista, è immerso nel paesaggio e sente il vento sulla faccia. Ma la scimmia può anche leggere una guida, scrivere appunti, fotografare o più semplicemente contemplare e pensare. Per lui a ogni curva si aprono prospettive filosofiche ed estetiche. Come sempre accade poi quando si viaggia con un veicolo storico, non appena entra in scena, il sidecar attira su di sé tutta l’attenzionele persone si avvicinano, chiedono informazioni e la tradizionale estraneità tra viaggiatori e locali si dissolve in un attimo. Cosa si può chiedere di più?

Cover via Facebook.

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