Strategia di Investimento Mensile di giugno

Strategia di Investimento Mensile di giugno

Pubblicato il 18 giugno 2025

L'aggiornamento mensile dei mercati finanziari a cura del team di esperti del Wealth Management di BNP Paribas.
Nel documento completo della Strategia di Investimento sono illustrati i trend del mese. In sintesi:

  1. Il mercato obbligazionario traccia la rotta: il piano fiscale “big beautiful bill” presentato al Senato americano prevede ulteriori tagli fiscali finanziati in deficit, che richiedono un’emissione ancora maggiore di titoli del Tesoro. Un rendimento dei titoli di Stato americani a 10 anni superiore al 4,8% potrebbe mettere sotto pressione l’amministrazione Trump e pesare sulle azioni statunitensi e sul dollaro.
  2. Titoli governativi con scadenze ultra-lunghe sotto pressione: i rendimenti dei titoli di Stato giapponesi a 30 anni sono saliti al 3%, il massimo degli ultimi 20 anni, a causa delle preoccupazioni sulla sostenibilità fiscale e sull’inflazione. I governi possono ridurre la pressione sui rendimenti a lungo termine emettendo più obbligazioni a breve termine, come si ritiene farà il Giappone. Preferire le scadenze intermedie dei titoli governativi dell’Eurozona, del Regno Unito e degli Stati Uniti.
  3. Si prospetta ancora un calo dell’USD: preoccupazioni per il deficit fiscale, un calo dei consumi statunitensi, rimpatrio di capitali da parte degli investitori esteri e maggiori coperture sui cambi sono tutti segnali di un indebolimento del dollaro. Materie prime, azioni e, in qualche misura, obbligazioni dei mercati emergenti, azioni e obbligazioni dei paesi sviluppati (esclusi gli Stati Uniti) potrebbero tutti beneficiare da un ulteriore calo del dollaro.
  4. Le azioni statunitensi sono vulnerabili al rischio di recessione? Dopo il recupero dei titoli ciclici rispetto a quelli difensivi dall’inizio di aprile, le large cap statunitensi sono tornate a valutazioni elevate e non scontano un rischio significativo di recessione. Rimaniamo neutrali sull’azionario globale e confermiamo il sottopeso sul mercato americano. In Europa preferiamo il settore value; siamo positivi sui mercati azionari di Regno Unito, Corea del Sud e Giappone.
  5. Puntare sulle Infrastrutture: per beneficiare dell’aumento della spesa infrastrutturale tedesca, della spinta all’elettrificazione, della domanda di energia per i data center e della crescita del traffico per trasporti. I fondi infrastrutturali quotati e privati registrano ottime performance e rimangono strumenti di diversificazione indicizzati all’inflazione interessanti per investitori a lungo termine.

Strategia di Giugno: tutto dipende dai mercati obbligazionari

Il mercato obbligazionario traccia la rotta

La principale fonte di preoccupazione per gli investitori dovrebbe essere oggi il mercato obbligazionario. Dopotutto, secondo la Securities Industry and Financial Markets Association, a metà del 2024 la capitalizzazione totale del mercato azionario globale era stimata a 115.000 miliardi di dollari, ma quella del mercato obbligazionario globale era di 140.000 miliardi di dollari, ovvero oltre il 20% in più. L'andamento dei mercati obbligazionari determinerà in larga misura l'andamento dei mercati azionari e valutari nei prossimi mesi.

Tutto il focus è sul debito mentre si dibatte sul piano di tagli alle tasse dell’amministrazione  Trump

La preoccupazione degli investitori è che il piano fiscale "Big Beautiful Bill" proposto dall'amministrazione Trump e attualmente in discussione al Congresso possa potenzialmente aggravare il peso del debito pubblico statunitense riducendo le entrate fiscali, in mancanza di  una sufficiente compensazione sul fronte della riduzione della spesa federale.

Allo stato attuale, questo piano fiscale riduce potenzialmente le entrate fiscali federali degli Stati Uniti di 4,1 trilioni di dollari complessivamente dal 2025 al 2034, secondo la Tax Foundation, aggiungendo circa 1,7 trilioni di dollari al deficit esistente entro il 2034, senza considerare i costi per gli interessi.

Il divario risultante dovrebbe essere colmato con emissioni ancora maggiori di titoli di Stato. Questo, in aggiunta a quello che è già un enorme programma di emissione da 9.000 miliardi di dollari nel 2025 per rinnovare i titoli del Tesoro in scadenza e finanziare l'attuale deficit di bilancio pari al 6% (del PIL).

L’aumento globale dei rendimenti obbligazionari a lungo termine è motivo di preoccupazione

L'aumento dello 0,7% del rendimento dei titoli del Tesoro USA a 30 anni, salito al 5% dall'inizio di aprile, non è un fenomeno specifico degli Stati Uniti. In questi due mesi, il rendimento dei titoli giapponesi a 40 anni è aumentato dello 0,8%, al 3,4%, mentre i rendimenti dei titoli di Stato britannici a 30 anni sono saliti dello 0,3%. Esiste uno squilibrio tra domanda e offerta per questi titoli di Stato a scadenza ultra lunga, con gli investitori che pretendono rendimenti più elevati per compensare i maggiori rischi in termini di sostenibilità fiscale e di volatilità dell'inflazione.

Anche nei rendimenti dei titoli del Tesoro USA a 10 anni si è registrato un forte aumento del premio a termine (il rendimento aggiuntivo richiesto dagli investitori per detenere obbligazioni a lungo termine anziché a breve termine) dai livelli negativi di fine 2024 al +0,8% attuale (dato a inizio giugno). Finora, questo aumento è stato assorbito dai rendimenti complessivi dei titoli del Tesoro decennali, con il rendimento reale relativamente stabile intorno al 2,1% e il rendimento del titolo di riferimento a 10 anni stabile al 4,4%.

Se il rendimento decennale dovesse salire sopra il 4,8% per un periodo prolungato, ci aspetteremmo una pressione sulle valutazioni delle azioni statunitensi, dato che il rapporto prezzo/utili forward dell'S&P 500 è salito da aprile fino a 21x.

Per ridurre il rischio per i titoli del Tesoro statunitensi, ci aspettiamo un'accelerazione della deregolamentazione del settore finanziario, che consentirà un allentamento del Supplementary Leverage Ratio (LCR) per le banche statunitensi. Ciò incentiverà le banche ad acquistare titoli del Tesoro statunitensi, creando una maggiore domanda interna.

E’ importante monitorare attentamente il rendimento dei titoli del Tesoro USA a 10 anni: finché resterà sotto il 4,8%, la situazione sarà sotto controllo. Un rendimento sopra il 4,8% in maniera sostenuta implicherà invece problemi per il mercato azionario, il mercato immobiliare statunitense e il dollaro.

Ulteriore debolezza sul dollaro?

Il dollaro USA è destinato a indebolirsi ulteriormente?

Le preoccupazioni per la spesa fiscale eccessiva degli Stati Uniti si sono intensificate con l'approvazione alla Camera dell'ultimo «Reconciliation Bill». Questo disegno di legge promette tagli fiscali su larga scala senza un corrispondente aumento delle entrate o una riduzione dei costi federali. Il Senato degli Stati Uniti impiegherà diverse settimane per esaminarlo. Il deficit di bilancio statunitense più ampio che ne potrebbe derivare grava non solo sui rendimenti dei titoli del Tesoro USA a lunghissimo termine (30 anni), ma anche sul dollaro USA, con un impatto negativo sul suo status di bene rifugio.

Nelle prossime settimane, emergeranno probabilmente segnali di indebolimento dei consumi negli Stati Uniti. La famiglia media statunitense sta chiaramente risentendo dell'aumento dei prezzi dei beni (dovuto ai dazi) e di un mercato del lavoro più debole. Oltre la metà delle famiglie statunitensi considera oggi la propria situazione finanziaria peggiore rispetto a un anno fa, anche se i bilanci familiari nel complesso sono solidi.

La combinazione di un calo dei consumi statunitensi e delle crescenti preoccupazioni relative al deficit fiscale dovrebbe continuare a pesare sul dollaro. L'indice del dollaro statunitense è già sceso al livello più basso da metà 2023, ma potrebbe facilmente scendere ulteriormente. In termini storici, questo indice rimane più alto di ca il 10% rispetto al suo valore medio degli ultimi 20 anni, nonostante il recente calo.

Un fattore importante alla base di un ulteriore indebolimento del dollaro è il potenziale riposizionamento verso l'Europa o l'Asia dei portafogli attualmente investiti in azioni e obbligazioni statunitensi detenuti da investitori esteri (per un totale di 7,5 trilioni di dollari). L'aumento delle coperture valutarie da parte degli investitori esteri intensificherà ulteriormente le pressioni al ribasso sul dollaro. Questi fattori implicano un probabile moderato deprezzamento del dollaro statunitense nel breve termine.

Chi beneficia di un dollaro più debole?

Se il dollaro si indebolisse ulteriormente, quali asset ne trarranno vantaggio?

  1. Le materie prime, a partire dai metalli preziosi. Esiste una chiara correlazione inversa a breve termine tra oro e dollaro. Quando il dollaro scende, l'oro tende a salire. L'oro ha già registrato performance molto positive negli ultimi due anni, ma con un dollaro più debole il potenziale di rialzo è maggiore. Anche il rame e altri metalli di base dovrebbero beneficiare di un dollaro più debole, se si prevede una crescita globale positiva.
  2. Le azioni e le obbligazioni dei mercati emergenti che tendono a beneficiare di un dollaro più debole e di una valuta locale più forte. Durante l'ultimo lungo periodo di debolezza del dollaro USA, nel 2009-2011, il debito sovrano dei mercati emergenti ha registrato un rendimento annualizzato del 20% mentre oggi offre un rendimento del 6,6% per i titoli in valuta forte. Dall'inizio del 2025, le azioni dei mercati emergenti hanno registrato una performance del 9% in dollari USA, ovvero l'8% in più rispetto all'indice S&P 500.
  3. I mercati azionari internazionali sviluppati: Canada, Australia e zona euro. Canada e Australia dovrebbero beneficiare della loro elevata esposizione alle materie prime. Nell'eurozona, prevediamo una dinamica interna positiva in termini di spesa per infrastrutture e difesa, oltre a tassi di interesse più bassi della BCE che favoriranno la crescita delle economie locali.
  4. I titoli di Stato internazionali di Regno Unito, Norvegia, Canada e Australia che offriranno valute nazionali più forti e generosi rendimenti investment grade. Da inizio anno, i titoli di Stato di Regno Unito, Norvegia, Canada e Australia hanno registrato un rendimento del 5-11% in dollari USA.

Lo stile value guida le performance quest’anno

I mercati azionari scontano prospettive piuttosto ottimistiche.

Il rimbalzo del mercato azionario iniziato ad aprile è proseguito fino a maggio, con l'attenuarsi dei timori sui dazi e la riduzione della volatilità. L'indice MSCI World ha registrato un rialzo del 5% in dollari YTD (ma del -5% in euro a causa dei movimenti sul cambio). Questo con le azioni americane tornate quasi a parità da inizio anno, mentre le azioni dell'eurozona hanno registrato un rendimento del 14%, trainate ultimamente da industriali e banche. Di conseguenza, lo stile value ha sovraperformato il più ampio mercato azionario paneuropeo, con un rendimento del 15% da inizio anno. Privilegiamo i settori value europei, in particolare banche, industria e sanità.

Con l’Euro STOXX 50 solo il 2% al di sotto del massimo storico di marzo e l’S&P 500 solo il 5% al ​​di sotto del picco di febbraio al 27 aprile, i mercati azionari non sembrano scontare una significativa probabilità di recessione.

I fattori chiave che guideranno l'andamento del mercato azionario nei prossimi mesi saranno probabilmente: a) la liquidità, che dovrebbe migliorare con il continuo allentamento della politica monetaria da parte delle banche centrali, b) il livello dei rendimenti obbligazionari a lungo termine, che dovrebbe influenzare le valutazioni del mercato azionario, c) l'intensità di un eventuale rallentamento economico negli Stati Uniti, che avrà un impatto sulla crescita degli utili, d) il volume dei buy-back azionari, che influenzerà la domanda di azioni da parte delle società stesse, ed e) il potenziale per migliori prospettive economiche, poiché il mercato azionario tende a guardare circa 12 mesi in avanti.

Considerati i numerosi rischi sia al rialzo che al ribasso nel breve termine, preferiamo mantenere una posizione neutrale sulle azioni, visto il notevole recupero già avvenuto.

La volatilità sui mercati finanziari sta diminuendo

Trump continua ad alimentare l'incertezza globale con ulteriori dichiarazioni sui dazi; recentemente ha minacciato dazi del 50% sulle esportazioni dell'UE verso gli Stati Uniti, oltre a pesanti dazi sulle importazioni di prodotti Apple (a meno che Apple non aumenti significativamente la produzione di iPhone negli Stati Uniti).

Ciononostante, la volatilità sui mercati azionari, obbligazionari e valutari sta diminuendo, seguendo un tipico schema di convergenza verso la media. I mercati sembrano accogliere gli annunci di Trump con maggiore calma, probabilmente ritenendo che molte delle misure estreme annunciate  non verranno mai attuate (venendo considerate solo tecniche di negoziazione). Minore volatilità, un dollaro statunitense più debole e l'economia statunitense che evita la recessione sarebbero una combinazione molto positiva per azioni, obbligazioni societarie e materie prime.

Valori estremi del VIX implicano storicamente buone performance dei mercati azionari

È raro che l'indice di volatilità VIX raggiunga un valore estremo superiore a 50. Si è verificato solo durante la crisi finanziaria globale del 2008, la pandemia di COVID del 2020 e, più recentemente, nell'agosto 2024 e nell'aprile di quest'anno. Dopo ogni rilevazione giornaliera del VIX superiore a 50, il rendimento medio nei successivi 12 mesi  dell'S&P 500 è stato del 30%, il triplo del rendimento medio su 12 mesi dal 1990.

L'S&P 500 ha già recuperato il 17% dall'ultima rilevazione intraday del VIX, che ha raggiunto un valore estremo di 60 punti, il 7 aprile. Questo lascia ancora spazio potenzialmente ad un ulteriore rialzo a due cifre per le azioni globali se dovessimo seguire i precedenti recuperi del mercato azionario dopo simili picchi del VIX. Tutto ciò a condizione però  che l'economia statunitense eviti la recessione quest'anno.

Infrastrutture: una classe di asset reali da privilegiare nel lungo periodo

Perchè le infrastrutture sono un valido strumento di diversificazione

Le infrastrutture sono un’asset class che, insieme ad azioni e oro, sta registrando buone performance da inizio anno. Le infrastrutture comprendono asset reali che supportano servizi essenziali, come la fornitura di acqua, energia, trasporti e comunicazioni. Pertanto, si tratta di un’asset class relativamente difensiva con caratteristiche che permettono un’ampia  copertura dell’inflazione.

Gli ETF sulle infrastrutture quotate globali hanno registrato una performance di circa il 13%-15% in USD dall’inizio dell’anno, un risultato di gran lunga superiore al 5% registrato dalle azioni globali. Tuttavia, se si considerano alcuni sottosettori, la performance è  stata addirittura migliore.

Ad esempio, se consideriamo le infrastrutture del settore elettrico, come ad esempio le aziende impegnate nella costruzione di reti elettriche, nella produzione di energia e nelle reti elettriche, le performance sono  molto più solide. Anche il settore dell’acqua pulita sta registrando buone performance da inizio anno e  ottimi risultati dal 2016.

Le protagoniste del settore infrastrutture quest'anno, tuttavia, sono senza dubbio le infrastrutture europee. Il piano di spesa tedesco per infrastrutture e difesa, recentemente annunciato, è l'ovvio catalizzatore di questa rinascita di interesse, insieme ai piani di spesa annunciati anche a livello europeo. L'indice Mirae Asset European Infrastructure Development ha guadagnato il 26% da inizio anno, trainato dall’esposizione ai titoli dei settori trasporti, aerospaziale e difesa, telecomunicazioni ed edilizia. Anche i settori STOXX Europe Utilities e Telecomunicazioni hanno sovraperformato, con rendimenti del +19% da inizio anno.

Continua la ripresa per il mercato immobiliare europeo

I fondi che investono in immobili commerciali non quotati in Europa continuano a recuperare dai minimi di fine 2023, con un rendimento trimestrale dell'1% nel primo trimestre di quest'anno, beneficiando di una combinazione di moderata crescita  dei valori immobiliari e  del rendimento da locazione. A livello di settore, il residenziale sta registrando la performance migliore, con i fondi focalizzati sul residenziale non quotato, che hanno registrato un rendimento dell'1,7% nel primo trimestre.

Il confronto dei rendimenti degli immobili commerciali con quelli delle obbligazioni sovrane e societarie europee rimane favorevole. In base ai dati di  BNP Paribas Real Estate, i rendimenti degli immobili commerciali di fascia alta in Europa nel primo trimestre sono variati dal 4,3% per il settore Retail al 4,7% per gli uffici e fino al 5,0% per la logistica. Al contrario, il rendimento medio dei titoli di Stato a 5 anni dell'area euro è sceso al 2,4%, quasi ai minimi degli ultimi due anni, mentre il rendimento medio delle obbligazioni societarie investment grade europee si è attestato al 3,1%, anch'esso quasi ai minimi degli ultimi due anni.

Con la BCE pronta a ridurre i tassi di interesse di riferimento dello 0,5% nei prossimi mesi, i mercati immobiliari residenziali sensibili ai tassi di interesse variabili, come Spagna e Paesi Bassi, dovrebbero continuare a registrare un aumento dei prezzi delle case. Nel primo trimestre di quest'anno, la società di consulenza immobiliare TINSA riporta che i prezzi delle case in Spagna sono aumentati del 3,1% rispetto al quarto trimestre del 2024 e del +7,7% rispetto al primo trimestre del 2024. I prezzi delle case esistenti nei Paesi Bassi sono aumentati del 10,2% ad aprile rispetto a un anno fa e del +3,2% dall'inizio di quest'anno. Una ripresa della fiducia dei consumatori, unita a tassi di interesse a lungo termine più bassi, potrebbe essere il catalizzatore per una prospettiva più positiva sul mercato immobiliare europeo, dato che il valore patrimoniale degli immobili sta finalmente aumentando.



Nel seguente podcast, Luca Iandimarino, Responsabile Investments and Advisory di BNL BNP Paribas tocca i punti slienti della Strategia di Investimento Mensile



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