Introduzione
Nel focus seguente cercheremo di analizzare le decisioni sui dazi, decise da Donald Trump, che li ha imposti contro Messico, Cina e, naturalmente, Canada, seguiti potenzialmente da altri paesi. I dazi sono stati più elevati di quanto ci aspettassimo inizialmente (10% sulla Cina e 25% su Canada e Messico, salvo alcune eccezioni di percentuale inferiore) ed è probabilmente solo l’inizio. Altro elemento interessante è l’applicazione immediata di questi dazi ed i successivi contatti tra Trump ed i diversi leader, che in realtà, per Canada e Messico, hanno permesso lo slittamento di 30 giorni e l’inizio di un periodo di trattative. Il posticipo delle tariffe è stato reso possibile grazie alla Presidente messicana ed al Primo Ministro canadese che hanno entrambi accettato di applicare alcune misure. La Presidente messicana Claudia Sheinbaum, ha promesso di impiegare 10.000 soldati messicani lungo il confine, al fine di impedire il flusso di fentanil illegale e di immigrati clandestini dal Messico verso Stati Uniti.
Ci aspettiamo comunque che le decisioni di Trump sui dazi possano allargarsi ad altri paesi ed il candidato più ovvio è sicuramente l’Europa, in particolare l’Eurozona e, più precisamente, i paesi in cui esiste un surplus commerciale molto elevato. La situazione attuale è che, ovviamente, se venissero fissati dei dazi per il Messico, questo potrebbe influenzare negativamente alcune aziende europee perché, storicamente, le case automobilistiche tedesche, negli ultimi anni, hanno spostato la loro produzione di automobili e parti di automobili in Messico. Quindi, da questo punto di vista, ciò ha già un impatto diretto.
Inoltre probabilmente ci saranno dei negoziati anche con l’Europa. È possibile che, prima possa essere fissato un livello di dazi relativamente alto, e poi inizino le trattative. Ovviamente i negoziati potrebbero riguardare l’acquisto di più gas, petrolio ed anche beni per la difesa da parte dell’Europa.
Quindi, da quel lato, ci potrebbe essere un possibile accordo e negoziato. Ad esempio l’Europa potrebbe promettere di acquistare di più dagli Usa.
Prospettive diverse
Quando parliamo di dazi, è chiaro che si tratti di una tassa sulle importazioni, che, se implementate, in teoria dovrebbero generare delle entrate. Dobbiamo quindi tenere in considerazione due prospettive diverse, che probabilmente si riferiscono ad un periodo temporale diverso. La prima, è quella che considera i dazi come strumento di negoziazione. E questo ovviamente significa fissare dazi a livelli molto alti, successivamente negoziare ed alla fine non lasciare che rimangano troppo elevati nel tempo. La seconda possibilità è, ovviamente, quella di utilizzare dazi fissati ad un livello elevato, ma per un periodo di tempo più lungo. Ciò avrebbe il vantaggio di generare entrate, in modo che possano essere utilizzate per ridurre il deficit o eventualmente per finanziare altri tipi di misure. Ovviamente, e questa è la parte più strutturale, dazi più elevati potrebbero nel tempo reindirizzare le catene di approvvigionamento, così da riportarle negli Stati Uniti, creando posti di lavoro nel Paese. Se ipotizziamo che l’attuale livello di dazi imposto da Donald Trump venga introdotto e mantenuto a lungo termine, potremmo assistere sia ad un impatto potenziale che i dazi potrebbero avere, in primo luogo, sulla crescita economica degli Stati Uniti, in secondo luogo sull’occupazione americana e infine sull’inflazione americana.
Sappiamo che quando i dazi vengono fissati per un periodo di tempo più lungo, ovviamente si verificano delle ripercussioni. Ciò significa che anche l'altra parte, quindi l'altro paese, introdurrà i dazi. E questo, ovviamente, peggiora la situazione per entrambi. Sappiamo che nel tempo, ciò ha generalmente un impatto negativo sulla crescita netta per entrambi, e tende anche a spingere l'inflazione verso l'alto, poiché i dazi sono una forma di imposta e svolgono un ruolo diretto nell'inflazione o tramite l’inflazione importata.
Essi possono anche destabilizzare le aspettative di inflazione; perché queste aspettative svolgono un ruolo chiave per la Banca Centrale. C’è un altro aspetto da tenere presente: gli Stati Uniti sono ancora vicini alla piena occupazione. Quindi, se i dazi continueranno a permanere, potrebbe esserci un problema, ovvero un’inflazione più elevata nel tempo. E ciò potrebbe destabilizzare le aspettative di inflazione e quindi costringere la Fed ad interrompere i tagli dei tassi o addirittura a prendere in considerazione un aumento dei tassi stessi. Riteniamo, quindi, che questo scenario rappresenterebbe qualcosa di negativo nel tempo.
Poiché sappiamo che, l’anno prossimo, nel 2026, ci saranno le elezioni di midterm e che gli elettori americani sono molto sensibili all’inflazione, sembra improbabile che il Presidente non abbia ben in mente che tutto ciò potrebbe giocare a suo sfavore e contro i Repubblicani, nel senso che potrebbero perdere la maggioranza, (già risicata) nella Camera dei Rappresentanti.
Conclusioni
Riteniamo che questo sia l’argomento chiave per il quale sia piuttosto improbabile che i dazi rimangano a livelli così elevati, mentre sia più probabile che vengano utilizzati come strumento di negoziazione.
Per la maggior parte dei paesi, esiste un argomento relativamente semplice per negoziare e con esso, la possibilità di trovare un accordo. Quindi, il nostro scenario di base è che abbiamo iniziato ora il round di negoziati, che questi dovrebbero portare ad accordi, per arrivare almeno a dazi più bassi, o in alcuni casi, forse alla rimozione degli stessi.
Potremmo aggiungere che, se si guarda alla reazione dei mercati finanziari e al dollaro USA, esso si è rafforzato, ma il suo rafforzamento nei confronti del peso messicano, del dollaro canadese, del renminbi e di altre valute, in realtà è cominciato già dalla fine dello scorso anno, prima ancora che Donald Trump fosse rieletto. E sembra, se non altro, che ora si stia verificando una fase di stallo e che non continui a rafforzarsi, ma a stabilizzarsi.
In secondo luogo, se si considera l’impatto sui tassi di interesse a lungo termine e sui rendimenti obbligazionari, in realtà c’è stata una reazione molto contenuta. I rendimenti obbligazionari non sono realmente aumentati. Se guardiamo il rendimento di riferimento dei Treasury a 10 anni, si attesta ancora intorno al 4,5%. Anche il rendimento dei Treasury a due anni non si è mosso di molto. Quindi, ancora una volta, si può dire che fino ad ora, nel breve termine, l’impatto dell’annuncio circa l’introduzione di questi dazi doganali alla fine di gennaio, si è mostrato piuttosto modesto in termini di reazione del mercato finanziario. Le persone sembrano essere piuttosto ottimiste al riguardo e non ci aspettiamo necessariamente che si verifichino tutti gli impatti su inflazione, crescita ed occupazione, poiché si aspettano che questi dazi diminuiscano o addirittura vengano semplicemente revocati nel tempo.
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