Quando nel 1992 lo stilista Pierre Cardin vide per la prima volta Palais Bulles, a Théoule sur Mer, sulla baia di Cannes, non ebbe esitazioni: quella residenza doveva essere sua.
Composta da un agglomerato di volumi-bolla, oblò e piscine a sfioro, Palais Bulles è stata realizzata dall’architetto ungherese naturalizzato francese, Antti Lovag. Inizialmente pensata per l’industriale Pierre Bernard, la villa da dieci stanze da letto – ognuna decorata da un artista diverso – inquadra l’azzurro della baia con i suoi tanti “bulbi oculari”. Si tratta di un vero e proprio inno alla linea curva, a metà tra l’organicismo – che promuove un’architettura in armonia con la natura – e il futurismo. Un’opera iconica il cui valore è stato riconosciuto anche dal Ministero della Cultura francese.
Conosciuta anche come Maison Bernard – dal nome dell’imprenditore che ne commissionò i lavori – la Bubble House, o Palais Bulles, è una residenza vista Mediterraneo di 1.200 metri quadrati. Realizzata tra il 1975 e il 1989, la villa è organizzata da moduli blobiformi, simili ad organismi cellulari, e si compone di una hall, una sala panoramica, un anfiteatro all’aperto sul bordo della scogliera e diverse cascate.
Palais Bulles, incastonata nel massiccio dell’Esterel, del quale sfrutta l’orografia, offrendo una vista mozzafiato sulle insenature color ocra e blu della riviera. Proprio per questa sua natura cosi glamour, la villa è da sempre adorata da artisti, couturier e creativi. Un aspetto che si è accentuato negli ultimi anni, grazie alla ristrutturazione completata tra il 2010 e il 2016 dall’architetta francese Odile Decq, che l’ha resa un palcoscenico perfetto per eventi e sfilate.
Eppure, nonostante possa sembrare il contrario, il punto di partenza della progettazione dell’intero edificio è lo spazio interno, sorretto da un’armatura metallica autoportante che asseconda le forme naturali della struttura. Si trattava, secondo Antti Lovag, di creare un involucro attorno ai bisogni dell’uomo. Gli ambienti della villa si susseguono fluidi in un percorso ritmico studiato in ogni dettaglio, la cui forma esteriore non è altro che il diretto risultato del proprio contenuto. Le forme curve visibili da fuori sono la prosecuzione della decorazione degli interni, arredati con mobili quasi sempre stondati e progettati su misura dallo Studio Pierre Cardin.
Nato in Ungheria nel 1920 da padre russo e madre finlandese, Antti Lovag frequenta a Stoccolma il Royal College of Sweden. Anticipando solo in parte la sua futura carriera, presto sceglie di seguire i corsi di architettura navale, della quale conserverà per sempre l’amore per la funzionalità dei mobili in piccoli spazi.
Eppure, Lovag non si laureerà mai in architettura, perché, una volta trasferitosi a Parigi, si iscrive all’Istituto Superiore di Studi Cinematografici, dove segue corsi di disegno artistico. Nella capitale francese, il giovane Antti ha l’opportunità di lavorare per grandi personalità dell’epoca, tra cui il modernista Jean Prouvé, uno dei primi a comprendere l’attualità di soluzioni con misure standard, pezzi prefabbricati e materiali di ispirazione industriale. Per lui progetta una serie di mobili, lasciando intravedere le prime tracce del suo genio creativo.
Nel frattempo viaggia tanto: gira per l’Europa, visita il Canada e l’Africa, e nel 1963 si trasferisce in Costa Azzurra. Qualche anno dopo, nel 1968, lì conosce Antoine Gaudet, appassionato del progresso della tecnologia moderna e dell’architettura in cemento. Un incontro che rappresenta un passaggio cruciale nella vita di Lovag: lui e Antoine condividono lo stesso ideale di un habitat alternativo e iniziano un sodalizio che si sostanzia nel tentativo di costruire abitazioni dalle forme inaspettate, utilizzando materiali inediti.
Dopo essersi imbattuto in un modellino di casa-bolla nella vetrina di un immobiliare di Cannes, Gaudet chiede proprio a Lovag di aiutarlo a costruire la sua casa nel sud della Francia, replicando lo spunto ricevuto per caso. Quello sarà solo il primo episodio, però, perché insieme ne costruiranno tre. La bolla diviene così per loro una scelta economica, estetica e pratica. Una scelta vincente.
Curiosamente, però, Palais Bulles non avrebbe nemmeno dovuto fare parte di questa trilogia. Si narra, infatti, che Pierre Bernard avesse ben altri piani in mente per la sua abitazione, poiché il suo progetto iniziale era costruire una tradizionale casa per le vacanze della sua famiglia. Ma durante una visita di cortesia con i vicini, si imbatté in Antti Lovag, che senza troppe esitazioni né peli sulla lingua criticò le scelte architettoniche. Questo scontro iniziale, paradossalmente, permise di suggellare l’inizio di una lunga complicità tra i due, dando il via a un’avventura di successo.
Monsieur Bernard colse subito la genialità che accendeva la schiettezza di Lovag, il quale lo spingeva a realizzare qualcosa di più di una semplice residenza balneare. Divenne così il suo mecenate, fornendogli, per quasi vent’anni, mezzi e opportunità per implementare le sue idee e sviluppare la sua visione architettonica. Nell’assenza di scadenze e senza obbligo di risultati immediati, Antti Lovag fu in grado di sperimentare liberamente con i materiali e le organizzazioni spaziali, sviluppando tecniche costruttive innovative.
Antti Lovag si autodefiniva un “abitologo“, termine da lui coniato con il quale faceva riferimento al suo metodo progettuale, basato sulla risoluzione dei problemi legati agli aspetti del vivere quotidiano. E in questo percorso creativo, tutto ciò che immaginava doveva essere rotondo, liscio e morbido, aiutando corpi, idee e sentimenti a fluire liberamente nello spazio.
Contrario all’aggressività della linea dritta, Lovag prediligeva infatti la sinuosità di quella curva. Nella sua architettura le forme sferiche erano le uniche presenti e tollerate, poiché considerate dall’architetto più naturali. Proprio il loro impiego conferisce a Palais Bulles quella dimensione gioiosa e giocosamente bizzarra che ricorda le bolle di sapone a cui l’edificio stesso deve il nome.
L’opera, con i suoi grandi oblò pieni di luce, il riflesso delle onde e le vele delle barche, resta un piccolo angolo di paradiso. Tanto che nel 1998 è stata inserita nella lista dei monumenti storici del Ministero della Cultura francese. A più di quarant’anni dalla sua realizzazione, questo edificio biomorfo sembra ancora una costruzione che arriva dal futuro. Un invito ad aspettare l’alba di un giorno che verrà mentre si ammira il tramonto sulla baia di Cannes.
Credits
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Immagine Interna 1: flickr
Immagine Interna 2: ©Yves Gellie for the The Maison Bernard Endowment Fund
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Immagine Interna 4: ©Yves Gellie for the The Maison Bernard Endowment Fund
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