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Henry David Thoreau cercava la felicità nel ritorno alla natura

24 maggio 2022

Verso la fine del marzo 1845, Henry David Thoreau si diresse nei boschi adiacenti al lago di Walden, nel Massachusetts e si costruì una casa - una capanna, sarebbe meglio dire - in pino bianco. Avrebbe trascorso al suo interno i successivi due anni, isolato dalla civiltà. La sua scelta anticonformista lo renderà una vera e propria icona, cambiando non solo il suo modo di vedere e intendere la vita, ma in un certo qual senso quello di un’intera generazione, stanca dei confini imposti dalla cosiddetta società civile.

L’autore della controcultura

Negli Stati Uniti il nome di Thoreau è profondamente legato a un certo tipo di immaginario, quello della controcultura giovanile e in particolare della Beat Generation di Allen Ginsberg e Jack Kerouac. Si tratta di un autore spesso citato, che, come un fantasma, aleggia da un romanzo all’altro, da un film all’altro, quando si parla di anticonformismo. Potreste ricordarlo nominato nel film di Peter Weir, “L’attimo fuggente” (1989), dove le riunioni della “Setta dei poeti estinti” capeggiata dal professor Robin Williams si aprono con una sua citazione:

Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza e profondità, e succhiare il midollo della vita, sbaragliare tutto ciò che non era vita e non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto”.

Oppure potreste ricordare che Christopher McCandless - protagonista del film “Into the Wild” (2007), ispirato alla vera storia del ragazzo che lasciò tutto dopo la laurea intraprendendo un viaggio a piedi fino all’Alaska - nel suo diario citava proprio Thoreau: “Invece che amore, denaro e fama, dammi la verità”.

Emblema della filosofia di Henri Thoreau è il libro “Walden ovvero Vita nei boschi”, che l’autore scrisse come una sorta di diario, raccontando la sua esperienza di vita selvaggia tra il 1845 e il 1847. Due anni, due mesi e due giorni vissuti in solitaria, proponendo un rinnovamento nel rapporto tra uomo e ambiente e ridefinendo il concetto di ciò che, secondo lui, era necessario per raggiungere la “felicità”.

Alla ricerca della felicità

“Gli uomini sono diventati gli strumenti dei loro stessi strumenti”

Il lago Walden è uno specchio d’acqua che misura circa una ventina di ettari e si trova a pochi chilometri a sud del villaggio di Concord, dov’era nato Thoreau nel 1817. Quando il filosofo prese la decisione di stabilirsi qui, mettendo in discussione tutti i dettami di una società perbene che lui ormai reputava moralmente insensibile, cercò di trovare nell’isolamento e nel ritorno alla natura ciò che secondo lui era davvero importante nella vita. È interessante analizzare oggi, a più di un secolo di distanza, la scelta di Thoreau che poco aveva a che fare con le tematiche ecologiste che avrebbe in qualche modo ispirato anni più tardi. Quella dello scrittore era intesa come una vera e propria prova di sopravvivenza, una testimonianza della resilienza dell’essere umano: la nostra specie riesce a sopravvivere anche in circostanze di povertà materiale assoluta e, anzi, secondo Thoreau dalle difficoltà potrebbe trarre una felicità maggiore, più autentica, legata ai piccoli eventi quotidiani. Ecco, nel suo viaggio verso il selvaggio, Thoreau cercava questo, l’autenticità, anche a costo che si rivelasse spiacevole.

“[...] e, se si fosse dimostrata essere meschina, da arrivare, perché no?, alla sua completa e genuina meschinità, rendendola pubblica al mondo; o se fosse stata sublime, da conoscerla per esperienza; e da essere in grado di darne un resoconto sincero nella mia successiva escursione letteraria."

L’origine del suo pensiero

Un mistico, un trascendentalista e oltretutto un filosofo della natura” così Thoreau si definiva nei suoi diari. E in effetti il debito della sua filosofia va ricercato in prima battuta presso il trascendentalismo americano di Ralph Waldo Emerson, che gli fu amico e maestro. Emerson professava un pensiero di stampo romantico, una sorta di concezione religiosa della natura come grande risposta alle domande dell’essere umano.

Un’altra fonte delle idee di Thoreau proveniva da lontano, dalla cultura classica greco-romana. Nel suo libro si fa riferimento al “gagliardo vivere spartano” e al trovare il conforto ai mali della società nell’ordine divino della natura. Il suo pensiero rimanda ai grandi filosofi romani come Orazio, che nelle sue scritture suggeriva l’esistenza di un’anima nobile all’interno dei più sensibili che bramava la quiete della natura. “Non c’è al mondo poeta che non ami il silenzio dei boschi e non fugga la città”. Così nella sua fuga il filosofo ricercava quel sublime che gli era negato dai cosiddetti valori della civiltà come la moda, i soldi, le ricchezze e il successo.

Esiste anche un’altra spiegazione, meno nobile ma altrettanto centrata. Louis Stevenson nel suo ritratto del poeta americano, lo chiamò “Thoreau, il Re Barbaro”. Con la stessa caustica ironia, Walt Whitman che lo aveva conosciuto disse che forse non era tanto il suo amore per i boschi ad averlo allontanato dalla società, quanto piuttosto la sua indole solitaria e riservata.

L’eredità di Thoreau

"Questa tranquillità, questa solitudine, questo lato selvaggio della natura è per il mio intelletto una sorta di appagamento, o di completamento. È questo ciò che cerco. È come se in questi luoghi incontrassi sempre un amico saggio, sereno, immortale e infinitamente stimolante, per quanto invisibile, sempre disposto a camminare al mio fianco.”

La storia di Thoreau era potente già al tempo, quando quest’uomo per bene, borghese e acculturato, aveva deciso di mettere in discussione società che lo aveva formato e di cui faceva parte a tutti gli effetti, alla ricerca di un modello alternativo. E poco importa che effettivamente la casa sul lago di Walden si trovasse a poche miglia dal suo villaggio natale, e di nuovo poco importa il fatto che Thoreau non si era preoccupato più di tanto della questione ecologica, pur essendo poi diventato una vera e propria icona del movimento. Erano anni quelli in cui l’espressione “ecologia” era ancora lontana (il termine fu coniato nel 1866, quattro anni dopo la morte di Thoreau) e il filosofo non poteva immaginare la corsa alle risorse che la civiltà consumistica avrebbe scatenato negli anni a venire. Anzi, l’idea della limitatezza delle risorse non sfiorava nemmeno la mente di Thoreau che scrisse: “su questa terra ci sarà spazio in abbondanza per tutti”. Furono però il suo lavoro e la sua figura a porre sotto i riflettori un altro aspetto della pratica ecologica, ovvero la dimensione etica delle scelte individuali promuovendo l’idea di una responsabilità personale nei confronti della stessa.

Lungo la sponda occidentale del lago Walden, laddove sorgeva la casetta che fu rifugio idilliaco di Thoreau da quella società dove proprio non riusciva a trovare la felicità, oggi si trova un tumulo circondato da moltissime pietre. Si tratta di un luogo di culto, ancora frequentato da chi conosce la storia. Chi lo visita deposita una pietra, in ricordo. Si dice lo abbia fatto anche il poeta Walt Whitman. Accanto alle centinaia di pietre, un cartello con su scritta quella citazione che l’ha catapultato nel mito “Andai nei boschi…”. Sotto, la firma: Henry David Thoreau, che si era trasferito nei boschi per vivere con saggezza e profondità.

Credits:

Cover: Henry David Thoreau. Image by Geo. F. Parlow, distributed under a CC license via Pycril.

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