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Kathy Jetnil-Kijiner, la poetessa che insegna a combattere il surriscaldamento globale

04 agosto 2022

Kathy Jetnil-Kijiner, la poetessa che insegna a combattere il surriscaldamento globale

Quando ne Le Operette Morali Giacomo Leopardi definisce la natura, la descrive come “gagliarda, magnanima, focosa, inquieta”. La metafora sembra appropriata, perché la Terra a volte reagisce con ribellione ai comportamenti scriteriati dei suoi abitanti. E da decenni il suo grido di dolore si leva per le conseguenze del surriscaldamento globale, causato dall’aumento ormai fuori controllo dell’effetto serra. Tra le regioni del pianeta più colpite dal cambiamento climatico c’è il Pacifico. E proprio lì, a metà strada tra le Hawaii e l’Australia, si trovano le isole Marshall che rischiano di essere sommerse entro il 2100, secondo uno studio dell’Intergovernmental Panel on Climate Change. In queste isole vive Kathy Jetnil-Kijiner, poetessa dallo spirito pugnace che con i suoi versi difende il pianeta.

Kathy nell’ultimo decennio ha fatto spesso parlare di sé, prendendo parte ad appuntamenti importanti come il Climate Summit dell’Onu nel 2014 e la Cop 21 di Parigi nel 2015. Oggi il suo impegno principale è aiutare i giovani delle Marshall a prendere consapevolezza e diventare difensori dell’ambiente. Kathy infatti ha co-fondato l’organizzazione no-profit Jo-Jikum per promuovere la conoscenza delle questioni ambientali e fornire alla popolazione gli strumenti necessari per rispondere al cambiamento climatico. Del resto, “meritiamo qualcosa di più della sopravvivenza, meritiamo di prosperare”, come recita la sua poesia più nota.

Storia di un’attivista

Kathy Jetnil-Kijiner è nata nel 1989 ed è cresciuta alle Hawaii, prima di viaggiare a lungo per saziare la sua curiosa mente. Si è laureata al Mills College in California e poi è stata ricercatrice dell’Australian National University, ma in ogni valigia fatta per spostarsi da un continente all’altro ha sempre messo qualcosa che le ricordasse la sua terra. Le isole Marshall per Kathy non sono solo il luogo da cui proviene, ma un’area del mondo a cui è legata in modo viscerale.

Oltre l’aspetto paradisiaco creato dal mare cristallino e dalla vegetazione ricca, le isole Marshall sono una terra che ha sofferto molto. Negli anni ’40 e ’50, il governo americano le ha utilizzate per dei test nucleari, causando una radioattività che ancora oggi supera quella misurabile nei pressi di Chernobyl, come dimostra uno studio condotto da ricercatori della Columbia University. Problematiche a cui si sono aggiunte, negli ultimi decenni, nuove minacce che hanno visto aumentare, parallelamente ai gradi indicati dal termometro, il rischio che le isole scompaiano. Infatti, secondo le previsioni del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, entro il 2100 due terzi della superficie delle Marshall verranno completamente sommersi a causa del vertiginoso aumento del livello del mare.

Kathy ha sempre vissuto con grande partecipazione emotiva le difficoltà del suo luogo d’origine, soffrendo enormemente il silenzio che ha reso ancora più forte il dolore della sua terra. Così, ha iniziato a scrivere e pronunciare in pubblico discorsi e poesie per dare voce a chi non la aveva. Ad appena 23 anni ha fondato insieme ai suoi cugini l’associazione Jo-Jikum – “la tua casa” nella lingua marshallese – nella capitale Majuro. Lì ha iniziato, attraverso giochi, laboratori di scrittura e attività creative, a sensibilizzare la popolazione locale, educando le nuove generazioni al rispetto della natura e di qualsiasi forma di vita.

La voce della Terra

L’eco suo operato ha varcato i confini di arcipelaghi e atolli, arrivando anche oltreoceano. Nel 2014 la poetessa Kathy è stata invitata a New York per il Climate Summit delle Nazioni Unite. Con un discorso accorato e toccante, quella donna dall’aspetto così minuto e fragile ha saputo incantare e commuovere tutti i rappresentanti Onu presenti per l’occasione. “Abbiamo visto le onde infrangersi sulle nostre case e i nostri alberi appassire per il sale e la siccità. Guardiamo i nostri figli e ci chiediamo come faranno a conoscere se stessi o la loro cultura se dovessimo perdere le nostre isole”, ha detto durante lo speech.

E l’attenzione alle prossime generazioni e al mondo che vivranno è stato ribadito e sottolineato nella parte più toccante del suo intervento. Per spingere le nazioni ad adottare politiche ambientali più sostenibili, Kathy ha letto Dear Matefele Peinam, la sua poesia più famosa, scritta per la figlia nata da poco, che inizia così:

Cara Matafele Peinam,
tu sei un’alba di sette mesi fatta di sorrisi appiccicosi
Sei calva come un uovo, calva come il Buddha
Sei cosce di tuono e urla di fulmine
Così esaltata dalle banane, dagli abbracci e
dalle nostre passeggiate mattutine oltre la laguna,
quella lucida, sonnecchiante laguna che ozia contro il sole.
Alcuni uomini dicono che un giorno
la laguna ti divorerà
Dicono che rosicchierà la spiaggia,
masticherà le radici dei tuoi alberi del pane
inghiottirà in fila le tue dighe marittime
e sgranocchierà le ossa frantumate della tua isola.
Dicono che tu, tua figlia
e pure tua nipote,
vagherete sradicate
con solo un passaporto da chiamare “casa”.

L’incedere dei versi si accompagna all’alzarsi del tono di voce di Kathy, mano a mano che il suo racconto diventa sempre più duro nei presagi che presenta. Ma a un tratto le sue parole si colorano improvvisamente di speranza e voglia di lottare per costruire un futuro di cui non dovrà avere paura.

Cara Matafele Peinam,
non piangere
La mamma ti promette che nessuno verrà a divorarti
Nessuno annegherà, piccola
Nessuno se ne andrà
Nessuno perderà la propria terra natia
[…]
Prendo questo momento per scusarmi con te,
stiamo tracciando una linea qui
perché, piccola, noi abbiamo intenzione di lottare:
noi siamo
il ricco pulito terreno del passato dell’agricoltore
petizioni che fioriscono da punte di dita adolescenti
famiglie in bicicletta, che riciclano, riusano
ingegneri che sognano, disegnano, costruiscono
artisti che dipingono, danzano, scrivono.
[…]
Noi stiamo diffondendo il messaggio
e ci sono migliaia di persone sulle strade
che marciano reggendo cartelli
mano nella mano
cantando per il cambiamento ora
Stanno marciando per te, piccola,
stanno marciando per noi
Perché noi meritiamo di più della sopravvivenza
Meritiamo di prosperare

Così, forte della forza del suo messaggio, Kathy rassicura la sua bambina, che non ha più nulla da temere, perché il futuro è al sicuro.

Cara Matafele Peinam,
i tuoi occhi sono gravati
dal peso del sonno
perciò chiudili pure, piccola
e dormi in pace
perché noi non ti deluderemo.

Un anno dopo il suo toccante discorso, che le è valso una lunga ovazione, Kathy è stata invitata a Parigi per partecipare alla Cop21 sul clima. Sempre nel 2015 è stata indicata come una delle 13 Climate Warriors da Vogue. Alla rivista ha dichiarato: “Ci sono persone che dicono: ‘Ormai è finita, non c’è modo di tornare indietro, l’isola è praticamente scomparsa’. E poi c’è chi dice: ‘C’è ancora speranza. Puoi ancora lottare per questo.’ A un certo punto devi scegliere in quale storia vuoi credere”. Kathy Jetnil-Kijiner ha deciso di confidare in quella che a molti sembra una favola. Nel 2017 è uscita la sua prima raccolta ufficiale di poesieIep Jāltok: Poesie da una figlia marshallese. Si tratta del primo libro in assoluto pubblicato da un’abitante delle Marshall. Se in futuro ce ne saranno altri, sarà anche un po’ merito suo, che ha scelto di affrontare la vita con coraggio e poesia.

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