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Architettura & Design
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Napoli e il design indipendente per le fondatrici di EDIT Domitilia Dardi ed Emilia Petruccelli

28 ottobre 2021

Napoli accogliente, generosa e incredibilmente contemporanea. La città partenopea, infatti, da qualche anno ha deciso di puntare tutto sulla sua creatività, scommettendo sull’arte, sul design e sulla bellezza come driver del cambiamento. E ci è riuscita, tanto da diventare sempre di più un punto di riferimento che unisce anime artistiche e manifatturiere. Con gli anni infatti, ha sviluppato una sensibilità ed un’affinità particolare con il design indipendente e i linguaggi contemporanei, alimentando quel sottobosco vitalissimo in grado di creare un filo interrotto che attinga al passato, agisca nel presente e delinei il futuro.

Il rilancio di Napoli attraverso la creatività

In principio ci fu l’operazione culturale che riguarda la metropolitana, col progetto del super curatore ABO – Achille Bonito Oliva  che, in collaborazione con l’allora sindaco Bassolino, promosse un progetto denominato «gli Annali delle Arti» in cui opere contemporanee venivano collocate in spazi inusuali come le stazioni della metro, rese «veri e propri musei obbligatori, in quanto la gente è obbligata a vedere le opere, ci passa ogni giorno davanti e così  familiarizza». Le Stazioni dell’arte, quindici fermate distribuite lungo la Linea 1 e 6 della rete che accolgono circa duecento opere realizzate da più di novanta autori di fama internazionale.

Ha aperto poi,  nel 2005, sulla “via dei Musei”, a pochi metri dal Duomo, il  Madre (Museo d’Arte contemporanea DonnaREgina), palazzo storico di epoca sveva, restaurato e adibito a museo su progetto dell’architetto portoghese Álvaro Siza Vieira, come testimone di una storia che ha reso la Campania un crocevia per le arti contemporanee. E un decennio dopo, nel 2016, in seguito al  restauro del chiostro cinquecentesco della Chiesa di Santa Caterina a Formiello – raro esempio di Rinascimento napoletano e archeologia industriale borbonica – lo straordinario progetto di recupero, valorizzazione della tradizione artigianale e design contemporaneo Made in Cloister.  Un luogo estremamente trasformista nella sua anima ibrida, un contenitore versatile capace di accogliere arte, performance, laboratori, botteghe, spettacoli, musica e spazi food, sotto la direzione di Rosa Alba Impronta e di Davide De Blasio. Con un obiettivo: la rigenerazione urbana e l’impatto sociale di un progetto culturale ottenuto dall’interazione tra maestri artigiani, artisti e designers internazionali.

Da tre edizioni, infine, sul territorio è presente anche EDIT, la fiera di design editoriale e d’autore ospitata all’interno degli spazi del Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore. Ma non solo. Ideata e curata dalla storica del design, docente e divulgatrice Domitilla Dardi – dal 2010 anche curatore per il design del MAXXI-Architettura di Roma – e da Emilia Petruccelli, imprenditrice e gallerista approdata al design nel 2008 dopo una laurea in Ingegneria Elettronica, un MBA alla Bocconi e trascorsi a Washington DC, EDIT Napoli è la fiera del design innovativo creata per supportare, promuovere e celebrare una nuova generazione di designer.  Oltre 80 espositori internazionali tra designer indipendenti, autori ed editori di design, creatori e produttori tra cui 30 emergenti che faranno parte del Seminario, la sezione della fiera dedicata agli under 30 e ai brand con meno di tre anni di attività, allestita fino a domenica 31 ottobre in un loft temporaneo firmato dal giovane architetto napoletano Giuliano Andrea Dell’Uva.

EDIT per chi lo ha creato: una chiacchierata con Domitilla Dardi ed Emilia Petruccelli

Siamo arrivati alla terza edizione di EDIT, di cui siete ideatrici e curatrici. Raccontateci un po’ la nascita di questo format, del significato del suo nome, del perché avete scelto di farlo a Napoli, fuori dalle rotte canoniche del design.

Abbiamo scelto Napoli perché Napoli è puro fermento! E perché una città dall’anima spiccatamente manifatturiera, da sempre sinonimo di saper fare, di trasformare. Napoli poi sul panorama internazionale, ormai, è un vero e proprio brand.

EDIT – abbreviazione di editoriale, nome immediato, breve e comprensibile sia in italiano che in inglese – è un manifesto nato qualche anno fa, quando abbiamo capito che era necessario pensare un nuovo concept che prendesse in considerazione quel design autoriale che unisce processo produttivo artigianale con pensiero contemporaneo.

Gli editori del design sono infatti quelle eccellenze creative che fondono idee e modalità contemporanee con i saperi antichi del fare. Quindi non le grandi aziende, che sono ampiamente rappresentate in altri contesti e altre città, ma tutta quella infinita costellazione costituita da preziosissime manifatture che ancora fanno dell’heritage, della tradizione, del legame col territorio e della qualità artigianale il loro punto di forza.

Tema di questa edizione è lo sguardo rivolto al Mediterraneo, con molte collaborazioni internazionali: diteci qualcosa di più su questo e chi sono i nomi che avete selezionato.

Si, lsguardo dell’edizione 2021 è rivolto oltre il confine. Quest’anno ci siamo poste un obiettivo forte e ambizioso: diventare un punto di riferimento per l’intero Mediterraneo. Non è un caso che la partecipazione internazionale di Paesi che si affacciano su questo mare, come il Libano, sia stata tanto massiccia, a dispetto delle aspettative. 

Un format complesso, articolato, diffuso tra più location, che di anno in anno consolida il suo legame con la città mettendo a sistema spazi storicamente connotati che si prestano al cortocircuito col contemporaneo. Come li avete scelti?

Parte integrante della natura di EDIT è proprio questa sua vocazione diffusa, pronta all’innesto nel tessuto urbano. Napoli è una città che possiede luoghi straordinari in cui, appunto, far fiorire storie inaspettate. La città, da semplice cornice, diventa motore di un processo creativo, aprendo al design contemporaneo le porte di luoghi storici, in cui esprimere più che altro la cultura del progetto e attivare nuove sinergie culturali. Archivio di Stato di Napoli, Fondazione Made in Cloister, Istituto Caselli – Real Fabbrica di Capodimonte, Museo Civico Gaetano Filangieri, Museo del Tesoro di San Gennaro, Teatro di San Carlo; sono queste location d’eccezione ad ospitare le installazioni e mostre di EDIT.

Sicuramente il blocco degli ultimi due anni ha determinato cambiamenti nel comparto del design e nell’approccio dei designer. Voi, da curatrici – che dovete tenere insieme cultura ma anche anima commerciale – come interpretate questi cambiamenti? Che direzione proiettiva sta prendendo ad esempio nel prodotto?

Nulla resterà uguale a prima, e per fortuna! Gli ultimi mesi ci hanno insegnato a dare molta più attenzione alla casa e alla bellezza dello spazio domestico in cui si vive, imponendo una serie di riflessioni ai designer, ma anche una serie di opportunità importanti. Una tra tutte: ricominciare a fare ricerca. Sui materiali sostenibili e sulla trasparenza del processo per ottenerlo, quel prodotto. Le persone sono in cerca di racconti ed esperienze autentiche. Noi siamo molto molto ottimiste rispetto a questa discontinuità potente che ci è stata imposta: è giunta la nostra occasione per lavorare meglio.

 

Immagini gentilmente concesse dalle intervistate.

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