“Sento che il mio lavoro sta nel cuore del popolo, così devo tenermi vicino alla terra, per poter afferrare la vita nella sua profondità”. In questo modo, in una lettera inviata all’amato fratello Theo, Vincent van Gogh descriveva la sua attività. L’artista olandese aveva trovato l’agognato connubio tra arte e natura nelle distese della Provenza, regione francese famosa proprio per i suoi campi di fiori. Tra tutti, i suoi prediletti erano i girasoli: una passione tradotta in ben undici dipinti tra il 1887 e il 1889.
Una scelta che al tempo appariva inusuale, poiché il girasole era considerato dai suoi contemporanei un fiore rozzo, poco elegante. Proprio per questo, invece, per Vincent era interessante e meritava di essere dipinto. Anche perché il girasole era simbolo di gioia, gratitudine e fedeltà: parole che avevano un posto importante nel vocabolario del pittore. In quella creatura gialla, dalla grande corolla, van Gogh rivedeva se stesso, sempre proteso alla ricerca della felicità come il fiore alla ricerca del sole.
I primi quattro sperimentali quadri di van Gogh dedicati al suo fiore preferito sono stati realizzati nel suo periodo parigino (estate 1987). La capitale francese a fine ‘800 era la culla delle maggiori correnti artistiche dell’epoca, per questo motivo Vincent si trasferì a Parigi per respirare l’aria di novità. È lì che fece la conoscenza di alcuni degli artisti più famosi, come Paul Cézanne, Henri de Toulouse-Lautrec, Georges Seurat e, soprattutto, Paul Gauguin. Proprio con quest’ultimo si creò fin da subito un sodalizio che andava oltre l’arte e che in breve tempo si tramutò in una profonda ma controversa amicizia.
Nel 1888, però, l’amore per la natura iniziò nuovamente a battere alle porte del cuore di Vincent, spingendolo a trasferirsi in campagna. Precisamente ad Arles, nel sud della Francia. “Un sole, una luce che in mancanza di meglio non posso che definire gialla, gialla zolfo chiaro, oro pallido limone. Com’è bello il giallo!”, scriveva in agosto il pittore al fratello minore, mercante d’arte e suo prezioso confidente. In queste parole, raccolte in Lettere a Theo, si leggono tutto l’entusiasmo per la sua nuova avventura e, soprattutto, l’amore per il giallo, simbolo di felicità.
Una fascinazione che si lega alla predilezione per i girasoli, da lui ritenuti in grado di dare conforto anche ai cuori più turbati, come il suo. Inoltre, secondo la letteratura olandese, questo fiore era l’emblema della fedeltà e della gratitudine: valori che van Gogh ha costantemente ricercato e che voleva trasmettere con i suoi girasoli. Lo conferma una lettera inviata nel febbraio del 1890 al critico Albert Aurier, in cui suggeriva che le due opere che sarebbero state esposte a Bruxelles (oggi ospitate a Monaco e Londra) avrebbero dovuto esprimere proprio “l’idea di gratitudine”.
Sereno e ispirato, il periodo di Arles si rivela uno dei più prolifici per van Gogh, che riuscì a dipingere oltre 200 opere. Tra queste, Il ciclo dei Girasoli: sette quadri, molto simili tra loro, che hanno contribuito a donargli l’immortalità artistica.
Come detto, nella Parigi del XIX secolo, il girasole non era un fiore molto apprezzato: i pittori spesso lo nascondevano in mezzo ad altri ritenuti più “nobili”, come in Vaso con fiori di Adolphe Monticelli o in Letto di fiori a Vetheuil di Claude Monet. Ma van Gogh non era affatto d’accordo con i suoi colleghi. Il girasole nascondeva significati speciali per lui e meritava un posto da protagonista. Decise così di riprodurlo in tutti gli stadi vitali e in varie posizioni nello spazio, sperimentando nuove forme, prospettive e colori.
Tutte le sette tele dipinte ad Arles presentano uno sfondo bidimensionale, delineato con pennellate brune e decise, in contrasto con la tridimensionalità del vaso e dei fiori, che occupano il centro della scena. L’artista amava giocare con i colori, utilizzando nelle sue nature morte dei contrasti cromatici davvero innovativi: il giallo viene, ad esempio, spesso accostato al turchese e al blu per far risaltare i fiori. Talvolta però Vincent van Gogh ha dipinto i girasoli in un vaso giallo, posato su un ripiano giallo, su uno sfondo giallo, usando, quindi, solo delle varianti dello stesso colore. Nonostante la “monocromia”, le pennellate dense e i colori stratificati danno vitalità al disegno, che sembra uscire fuori dal quadro.
Dei sette dipinti di Arles, solo cinque sono ancora visibili al pubblico, esposti al National Gallery di Londra, al Van Gogh Museum di Amsterdam, alla Neue Pinakothek di Monaco, al Philadelphia Museum of Art e al Sompo Museum di Tokyo. Gli altri due quadri hanno avuto un destino decisamente diverso: uno è andato perso in Giappone, l’altro fa parte di una collezione privata statunitense dal 1996. Probabilmente la giallissima versione di Londra è la più conosciuta e amata, proprio per il simbolismo profondo che raccoglie. Nell’opera, i girasoli vengono rappresentanti nelle varie fasi della fioritura, espressione dell’intero ciclo vitale: ci sono boccioli, girasoli freschi e nel pieno della loro bellezza, e fiori che stanno perdendo i petali e sono sul punto di appassire.
Nella sua adorata “casa gialla” di Arles, van Gogh avrebbe voluto stabilire una comune di artisti, un posto in cui pittori e scultori potevano confrontarsi e imparare gli uni dagli altri. Invitò i suoi amici parigini, ma risposero tutti di no, ad eccezione dell’affezionato Gauguin. In un’altra lettera spedita a Theo, Vincent raccontò come voleva prepararsi all’arrivo dell’amico: “Nella speranza di passare i giorni con Gauguin in un nostro studio, pensavo di realizzare una decorazione per l’ambiente. Mi piacerebbero molto dei grandi girasoli”.
Paul Gauguin apprezzò tantissimo il pensiero di Vincent, al punto che decise al suo arrivo di dedicargli un quadro a tema, Van Gogh che dipinge i girasoli (1888), conservato adesso nel museo di Amsterdam dedicato al pittore.
Ma purtroppo, tolto l’idillio iniziale, la convivenza andò tutt’altro che bene: i due amici scoprirono di avere ben poco in comune, specie dal lato artistico. Gauguin, stanco della situazione, mise insieme i bagagli e scappò via, non facendo più ritorno ad Arles. Negli anni successivi, i due continuarono la corrispondenza epistolare, ma il rapporto si era ormai raffreddato. Paul Gauguin era, infatti, a centinaia di chilometri di distanza quando Vincent morì nel luglio 1890.
Dopo la dipartita del pittore, però, accadde qualcosa di davvero straordinario: le sue opere, così poco apprezzate in vita, improvvisamente iniziarono a piacere a mercanti, collezionisti e semplici appassionati. Nel secolo successivo, Vincent van Gogh è diventato uno degli artisti più amati di tutti i tempi. Con i loro colori vivaci, i Girasoli abbelliscono le case di milioni di persone, portando nelle loro esistenze quel senso di pace che l’artista ha cercato per tutta la vita.
Credits
Immagine interna 1: Vincent van Gogh – Zonnebloemen. Distributed under Public Domain Mark 1.0 license via Wikimedia
Immagine interna 2: Vincent van Gogh – Sunflowers (1888, National Gallery London). Distributed under Public Domain Mark 1.0 license via Wikimedia
Immagine interna 3: Netherlands-4011 – Vincent van Gogh by Paul Gauguin, Dennis Jarvis. under the Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic license via Wikimedia
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