Letture
9 minuti
Cultura
Cultura

Carlo Rambaldi, il vincitore di 3 Oscar che ha dato vita a E.T. e King Kong

04 agosto 2022

Quest’anno spegne 40 candeline l’alieno più famoso della storia del cinema. Il suo aspetto iconico lo ha consacrato alla gloria eterna: due occhi grandi e azzurri, collo sottile ed estendibile, testa un po’ schiacciata, braccia lunghe, gambe corte, pelle color nocciola. È E.T. l’extraterrestre, protagonista dell’omonimo film del regista Steven Spielberg, uscito l’11 giugno 1982 negli Stati Uniti e a dicembre dello stesso anno nelle sale italiane. Un personaggio famosissimo, nato dalla fantasia di due grandi professionisti: uno statunitense, l’altro italiano. Se Steven Spielberg ne ha delineato i tratti caratteriali, dando vita al primo extraterrestre “buono” del cinema, l’effettista Carlo Rambaldi ha infatti plasmato il suo aspetto fisico tenero e – anche qui per la prima volta – rassicurante.

Alla fine dei lavori, E.T. era un robot con anima e sentimenti, unico nel suo genere, e il film vinse quattro premi Oscar. Uno di questi proprio per gli effetti speciali, firmati da un artista venuto da lontano, anche se non da un altro pianeta.

L’effettista prima della rivoluzione digitale

La professione dell’effettista – ovvero colui che si occupa di ideare, progettare e sovrintendere la realizzazione di tutti gli effetti speciali visuali – oggi è ben diversa da quella che svolgeva Carlo Rambaldi prima della rivoluzione digitale. Se dagli anni ’90 si è gradualmente introdotto l’utilizzo del computer per il compositing delle immagini, ai tempi di E.T. un archetipo del mondo fantascientifico (come l’alieno) doveva essere costruito. Servivano capacità oggi sconosciute ai più. Qualità che indubbiamente aveva Rambaldi, approdato ai robot del cinema quando già vantava una lunga esperienza nella costruzione di oggetti animati.

Il futuro effettista infatti aveva mostrato fin da bambino una spiccata dote nella composizione di oggetti a cui riusciva a dare vita e movimento, attraverso la meccanica e l’elettronica. Dopo aver trascorso l’adolescenza a sperimentare nell’officina meccanica del padre – che si trovava nel piccolo comune di Vigarano Mainarda (in provincia di Ferrara) – Carlo Rambaldi aveva proseguito gli studi nell’Accademia di Belle Arti a Bologna, interessato soprattutto alla pittura e alla scultura.

Subito dopo la laurea, a metà anni ’50, si era trasferito a Roma e aveva iniziato a frequentare l’ambiente cinematografico. Cominciava così la carriera che lo avrebbe portato a essere riconosciuto a livello internazionale come il maestro indiscusso della “meccatronica”, disciplina che fonde meccanica, elettronica e artigianato in una sola arte, capace di dare vita ad “attori robotici” così sorprendenti da sembrare veri. Come il drago Fafner del film del 1957 Sigfrido: il primo robot meccatronico realizzato da Rambaldi, che vantava una lunghezza di ben 16 metri, per essere il più spaventoso possibile anche agli occhi degli attori stessi.

Fafner conquistò il pubblico, ma anche i più grandi registi italiani della seconda metà del Novecento. Rambaldi lavorò infatti con Franco Rossi, Mario Monicelli, Marco Ferreri, Pier Paolo Pasolini. E Dario Argento, per il quale ha realizzato gli effetti speciali di un capolavoro del cinema horror: Profondo Rosso. Ma Carlo Rambaldi sapeva di essere destinato a qualcosa di ancor più grande, così a metà degli anni ’70 si trasferì a Los Angeles, dove gli bastò un solo film per realizzare il grande sogno di chi lavora nel cinema: il premio Oscar, che gli fu assegnato per la realizzazione del mostro King Kong. Per il film del 1976, Rambaldi produsse un robot alto 12 metri, delle maschere della grande scimmia e un braccio meccanico usato nei primi piani con l’attrice Jessica Lange.

Ovviamente, la vittoria dell’Oscar fu una grande pubblicità per Rambaldi e funse da apripista ad altre importanti collaborazioni. Dopo un anno, infatti, conobbe il regista Steven Spielberg e con lui lavorò alla realizzazione di Incontri ravvicinati del terzo tipo. Il maestro degli effetti speciali realizzò per il film l’alieno che si vede nelle fasi finali della pellicola, Puck. Nel 1979 vinse poi il suo secondo Oscar insieme ai colleghi Nick Allder, Brian Johnson, Denis Ayling e Hans Ruedi Giger per il personaggio di Alien, per il quale Rambaldi realizzò una testa meccanica da usare nelle riprese ravvicinate. Il mostro aveva fattezza antropomorfe, con due mascelle e senza occhi: l’alieno di Ridley Scott era il più temibile visto fino ad allora ed è diventato il prototipo per tutti i personaggi fantascientifici cattivi visti in seguito.

La nascita del capolavoro E.T.

Ma in realtà fu un robot buono a cambiare la carriera di Rambaldi e la storia del cinema di genere: il protagonista del film E.T. l’extraterrestre. Il regista Steven Spielberg non aveva idea di come sarebbe stato il suo alieno, sapeva solo che avrebbe dovuto essere un personaggio positivo e diverso dagli altri visti nel cinema in precedenza. L’idea gli era venuta da una vicenda personale: dopo il divorzio dei suoi genitori, Spielberg aveva dato vita a un amico immaginario che lo aveva aiutato a colmare il vuoto lasciato dall’assenza del padre. Il prodotto della sua immaginazione non poteva quindi incutere terrore ma doveva donare speranza.

“La produzione aveva chiamato i 24 migliori effettisti di Hollywood – ha raccontato lo stesso Carlo Rambaldi in un’intervista a Set – Incontri con il cinema. Spielberg era in Inghilterra e non poteva sovrintendere i lavori. Dopo otto mesi, quando è tornato per cominciare le riprese, non funzionava niente”. Infatti gli alieni progettati dai migliori di Hollywood erano assolutamente spaventosi.

Così è entrato in gioco Rambaldi, ispirato da un ricordo lontano e decisivo per l’esito della pellicola: “Credo che se Spielberg avesse realizzato il film con quegli esseri temibili, non avrebbe avuto lo stesso successo. Ho preso l’idea da un mio vecchio quadro, risalente a quando facevo ancora il pittore, sulle donne del delta del Po”. Da bambino infatti, mentre vagava tra le campagne ferraresi, il piccolo Rambaldi era rimasto colpito dall’immagine di queste signore che lavavano i panni sugli argini del fiume. Si allungavano e piegavano continuamente, come se il loro corpo fosse una fisarmonica. L’immagine fantastica è stata immortalata da Rambaldi in un quadro vagamente picassiano in cui le donne somigliano effettivamente nella forma e nei colori al suo extraterrestre.

Pensando a questo episodio l’effettista ha realizzato un prototipo a grandezza naturale in creta che è piaciuto molto al regista statunitense, e così è partita ufficialmente la loro seconda collaborazione. Per il film E.T. l’extraterrestre Rambaldi ha realizzato diversi modelli, tra cui un incredibile robot telecomandato, alto poco più di un metro, in ferro, vetro e gomma. “In quelle azioni dove deve muovere tutto il corpo, sono necessarie dodici persone per manovrarlo”, ha spiegato Rambaldi.

Il sogno irrealizzato

Con le sue tre statuette per AlienE.T. L’Extraterrestre e King Kong, Rambaldi è nella top 10 degli effettisti con più Oscar ricevuti nella storia. Una carriera incredibile, che ha – dal punto di vista del suo protagonista – un solo neo.

“Pinocchio è sempre stato un mio sogno. Prima di andare in America, il signor Comencini venne da me dicendomi che la Rai era interessata a fare un film su Pinocchio. Mi disse anche che dovevo fare il provino a mie spese, io accettai”

Il regista Luigi Comencini stava infatti lavorando a Le avventure di Pinocchio, famosa serie tv andata poi in onda nell’aprile 1972. Per il provino, Carlo Rambaldi aveva realizzato tre modelli: un Pinocchio camminante, uno che rideva e parlava (adatto alle riprese ravvicinate) e uno capace di raccogliere oggetti e lanciarli. Tuttavia, la produzione non poteva permettersi di scritturare Rambaldi, già diventato uno dei migliori effettisti in Italia, e la collaborazione si concluse in un nulla di fatto.

Dopo diversi anni, l’attore e regista Roberto Benigni, prima di realizzare il suo di Pinocchio (2002), ha ricontatto Rambaldi per un consulto sugli effetti speciali. “Mi chiese se volevo collaborare con lui. Mi sono divertito ad immaginare un pupazzo tridimensionale del Pinocchio di Benigni”. Ma anche in questo caso la telefonata non ha mai avuto un seguito, lasciando Rambaldi con un sogno rimasto chiuso nel cassetto. Un cassetto sul quale però sono appoggiate tre bellissime statuette.


Credits

Cover: https://www.google.com/imgres?imgurl=https%3A%2F%2Fwww.theitaliantouch.org%2Fit%2Fwp-content%2Fuploads%2F2014%2F11%2FCarlo-Rambaldi-720×380.jpg&imgrefurl=https%3A%2F%2Fwww.theitaliantouch.org%2Fit%2Fvolume1%2Fcultura%2Fpremi-oscar%2F&tbnid=kwqhfN_2-sYWRM&vet=12ahUKEwiqp6uKlZn4AhVJ86QKHSjcCVUQMygBegQIARAh..i&docid=35tSzDAVsccNhM&w=720&h=380&itg=1&q=carlo%20rambaldi&hl=it&client=safari&ved=2ahUKEwiqp6uKlZn4AhVJ86QKHSjcCVUQMygBegQIARAh

Immagine interna 1: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Luigi_Comencini_1971.jpg

Immagine interna 2: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:London_Film_Museum_(3301350440).jpg

Immagine interna 3: https://www.flickr.com/photos/nathaninsandiego/9345798759

argomenti trattati

Vuoi informazioni sulla nostra consulenza e sui nostri servizi?

Siamo a tua completa disposizione per supportarti con una consulenza personalizzata