“È intelligente ma non si applica”. Chi, al cospetto di un alunno un po’ svogliato, ha pronunciato questa frase, non ha solo fatto ricorso a un cliché scolastico, ma ha formulato un giudizio in grado di segnare per sempre l’alunno in questione. Un bambino o un ragazzo reagisce infatti a questo parere passivamente, spesso reiterando il suo comportamento. Un meccanismo mentale che in psicologia si definisce “Effetto Pigmalione” e che, ben prima di essere oggetto di esperimenti psico-sociali negli anni '60, era stato riconosciuto da Maria Tecla Artemisia Montessori (come spiegato da Véronique Richebois e Alexandre Debouté in Pierre Bergé. Le Pygmalion), probabilmente la più famosa pedagogista di tutti i tempi.
Ma chi era Pigmalione? Descritto da Ovidio nelle Metamorfosi, il re cipriota Pigmalione era un appassionato scultore che disprezzava l’amore. Irritata da questa inaccettabile avversità di Pigmalione, la dea Afrodite con un sortilegio lo ha fatto innamorare di una statua che lui stesso aveva costruito. Non potendo coltivare questa passione ardente, Pigmalione si è trovato costretto a redimersi e chiedere aiuto alla dea che, impietositasi, ha infine deciso di trasformare la scultura in una donna vera, permettendogli di amarla liberamente.
Ispirandoci a questo racconto della mitologia greca, oggi con la parola “pigmalione” indichiamo una persona capace di scoprire i talenti altrui. Un ruolo spesso ricoperto dagli insegnanti, il cui scopo idealmente è proprio quello di guidare i giovani alla scoperta di se stessi, senza giudicarli. Non tutti, però, ne sono realmente capaci. E molti sottovalutano quanto le opinioni altrui possano influenzare il nostro agire e le nostre possibilità di successo.
Lo confermano gli esperimenti che, negli anni ’60 del secolo scorso, gli psicologi Robert Rosenthal e Lenore Jacobson hanno condotto insieme alla loro equipe. Come descritto nel loro libro Pigmalione in classe: aspettativa dell'insegnante e sviluppo intellettuale degli alunni, i due hanno svolto in una scuola elementare californiana dei test per misurare il quoziente intellettivo degli studenti. Poi, senza tener conto dei reali esiti, hanno selezionato alcuni bambini a caso e comunicato dei finti risultati eccellenti agli insegnanti, assolutamente ignari dell’imbroglio. A un anno di distanza, facendo una nuova ispezione, i ricercatori hanno notato che quegli alunni, pur non avendo nessuna particolare qualità rispetto ai loro coetanei, erano riusciti a emergere, diventando incredibilmente i più bravi della classe.
Sicuramente quel giudizio positivo aveva giocato un ruolo decisivo nella loro crescita: il docente si era impegnato di più per far affiorare i talenti del singolo studente, che si era sentito valorizzato e più stimolato all’apprendimento. Al contrario agli altri non erano stati forniti gli stessi strumenti per sviluppare le proprie qualità e avevano così mantenuto un rendimento nella media.
Infatti un bambino tende a omologarsi alle opinioni che gli altri hanno su di lui: se viene considerato un piccolo genio tenderà a impegnarsi fino all’eccesso per non deludere le aspettative dell’adulto; allo stesso tempo quando l’insegnante crede di avere davanti un allievo dall’intelligenza comune o addirittura meno dotato degli altri, quest'ultimo si adatterà a questa opinione, credendo di non poterla modificare in alcun modo.
Dagli anni ’60 in poi, questo circolo - vizioso o virtuoso a seconda dei casi - è stato chiamato “effetto Rosenthal”, “effetto Pigmalione” o “profezia auto-avverante”. Certamente è visibile per lo più in un ambiente scolastico, ma è presente anche nei contesti familiari o lavorativi, e può condizionare davvero il rapporto genitori-figli o la produttività dei dipendenti.
La paternità dell’Effetto Pigmalione, come abbiamo appena visto, è attribuita storicamente a Rosenthal e alla sua equipe di esperti. Eppure esiste una scuola di pensiero che attribuisce il riconoscimento di questo fenomeno già a Maria Montessori (1870-1952), un’icona del mondo della pedagogia.
Ricordata per essere una delle prime donne italiane a essersi laureata in medicina a fine XIX secolo, la Montessori conosceva bene la pericolosità dei pregiudizi, avendo dovuto combattere in prima persona quelli relativi alle donne. Infatti per laurearsi Medicina e Chirurgia le era toccato fare pratica in anatomia durante le ore notturne, perché era disdicevole che una donna toccasse il corpo di un uomo.
In seguito, grazie alla sua specializzazione in Neuropsichiatria, ha iniziato a collaborare con Giuseppe Ferruccio Montesano, uno dei padri della psicologia e della neuropsichiatria infantile. Ad averla folgorata erano state le tesi di Édouard Séguin, il medico francese che nel 1831 aveva dimostrato che i soggetti che presentano un deficit cognitivo non sono assolutamente incapaci di imparare, ma semplicemente non riescono a farlo con i metodi tradizionali. Partendo da questa verità, nel 1900 Maria Montessori ha fondato insieme a Montesano la Scuola Magistrale ortofrenica, con l’obiettivo di “mettere in grado i maestri elementari di conoscere […] i metodi di educazione adatti nei singoli casi”, come si legge nel bollettino dell’Associazione Pedagogica Nazionale fra gli insegnanti delle Scuole Normali del 1901.
In questa scuola i docenti si interessavano realmente al bambino e al suo sviluppo, sperimentando metodi di studio elaborati su misura del singolo, in cui ogni bambino poteva imparare attraverso la sperimentazione. Ogni passo avanti dell’alunno veniva appuntato sulla Carta biografica, una sorta di “registro illuminato”, uno strumento di miglioramento della didattica più che di sterile valutazione. Era una vera e propria “carta d’Identità dello studente”, dove ogni insegnante trovava le informazioni necessarie per aiutarlo a sviluppare i suoi talenti.
Alla fine dell’anno, queste speciali attenzioni avevano portato a incredibili risultati: nonostante i deficit cognitivi, molti bambini erano riusciti a superare gli esami di licenza elementare con votazioni anche migliori rispetto agli studenti delle scuole pubbliche. Un risultato sorprendente: “Questi effetti meravigliosi avevano quasi del miracolo per coloro che li osservavano”. Ma non per Maria Montessori, secondo cui i suoi ragazzi ce l’avevano fatta “sol perché avevano seguito una via diversa”, come si legge ne Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini. Era nato un nuovo modo di insegnare, realmente volto allo sviluppo cognitivo e culturale dell’alunno. Si prendevano così le distanze dai modelli precedenti, dove il pregiudizio era sempre dietro l’angolo e l’effetto Pigmalione pendeva come una spada di Damocle sulla testa degli alunni, specie di quelli più sfortunati.
Dopo aver lasciato la direzione della scuola ortofrenica, la neuropsichiatra ha deciso di prendere un’altra laurea in Filosofia, per approfondire lo studio delle teorie didattiche dall’antichità al ‘900. Dall’unione tra medicina, psicologia infantile e pedagogia è nato il famoso “metodo Montessori”, ancora usato in tutto il mondo in molte scuole all’avanguardia. In queste strutture, al bambino è fornita la libertà di sperimentare spontaneamente, anche a costo di sbagliare.
All’insegnante è richiesto di elaborare un piano di formazione individuale, di mettersi in disparte e osservare il bambino mentre verifica praticamente quanto appreso. Davanti alle difficoltà o a uno sbaglio, l’insegnante non deve intervenire, ma lasciare il tempo all’alunno di analizzare la situazione ed eventualmente autocorreggersi. Per imparare il bambino deve infatti essere costantemente incuriosito e stimolato, aiutato a fare scelte e ad agire come un piccolo adulto. Solo così potrà crescere libero dalle catene del giudizio.
Evitare l’effetto Pigmalione, sia in senso positivo sia negativo, rende quindi le persone più motivate a scoprirsi e migliorarsi, andando liberamente alla ricerca di sé e alla scoperta del proprio destino. Perché come diceva anche Albert Einstein: “Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido”.
Credits:
Cover: Maria Montessori. Image by Nationaal Archief (author unknown), distributed under a CC-PD license via Wikimedia.
Immagine interna 1: Pigmalione e Galatea di Angelo Bronzino, conservato alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Image by The Yorck Project (2002) 10.000 Meisterwerke der Malerei (DVD-ROM), distributed under a CC-PD license via Wikimedia.
Immagine interna 2: Maria Montessori. Image by Unknown, distributed under a CC-PD license via Wikimedia.
Immagine interna 3: La classe di una scuola montessoriana. Image by Dolph Kohnstamm, distributed under a CC-PD license via Wikimedia.
Naviga il sito e vedi tutti i contenuti di tuo interesse