Il filosofo e scrittore americano Waldo Emerson, “maestro” di Friedrich Nietzsche e di buona parte della Beat Generation, diceva: “Se incontriamo un uomo dall’intelligenza rara, dovremmo chiedergli che libri ha letto”. L’equazione che traccia un parallelo indissolubile tra la sagacia di una persona e la quantità (e qualità) dei libri letti è infatti uno di quei luoghi comuni che nei secoli non ci hanno mai abbandonato. Leggere però non fa bene solo al nostro intelletto.
Negli ultimi anni si è analizzato anche il beneficio che la lettura ha sulla nostra serenità, sulla nostra salute mentale e sulle nostre capacità psicofisiche. Nel corpus di studi che ha preso forma, il ritratto venuto fuori è davvero sorprendente. Leggere un libro ha effetti tali da rappresentare un’attività che, per via delle finestre di attenzione sempre più brevi di cui disponiamo e del ritmo forsennato delle nostre vite, dovrebbe restare un’abitudine fondamentale delle nostre giornate. Ecco perché.
Nel 2009 l’università inglese del Sussex ha condotto una serie di esperimenti per studiare gli effetti calmanti della lettura sulla mente umana. Il risultato potrebbe non sembrare particolarmente sorprendente: leggere riduce lo stress, è assodato. Merito del silenzio, dei tempi dilatati, e della concentrazione su un’azione che ci isola e stacca la nostra mente dai pensieri che ci tormentano tutto il giorno.
Ciò che invece è sorprendente in questo studio sono i valori di riferimento delle oscillazioni nello stress in confronto ad altre attività, spesso ritenute anti-stress per eccellenza. In soli sei minuti leggere un libro o un giornale avvolti nella quiete, ha rallentato la frequenza cardiaca e allentato la tensione muscolare dei partecipanti di oltre il 68%. I ricercatori hanno notato che attività come ascoltare musica (61%), bere un tè o concedersi una passeggiata (rispettivamente 54% e 42%), sono azioni che hanno avuto benefici decisamente meno incidenti sull’umore dei partecipanti.
Leggere è l’unica di queste azioni ad aver attivato nel cervello un meccanismo di escapismo, che gli ha permesso di allontanare le preoccupazioni del mondo reale per concedersi una veloce esplorazione dell’immaginazione dell’autore. Il tutto secondo i propri tempi, senza rincorrere tempistiche prestabilite o scadenze incombenti. Muoversi nei confini della lettura significa riappropriarsi dei propri ritmi, dimenticare le urgenze in favore di una dimensione in cui è la nostra mente, totalmente a suo agio, a decidere la durata dell’attività.
Mentre si legge una storia che ci appassiona, può capitare di sentirsi particolarmente connessi ai personaggi che stiamo seguendo. In effetti non è solo colpa della suggestione, ma della nostra intelligenza emotiva che viene stimolata a comprendere le emozioni altrui, di fatto migliorando una delle doti più richieste dalle relazioni sociali.
Uno studio pubblicato sulla rivista Brain Connectivity ha dimostrato che i lettori hanno la capacità di trasferire l’esperienza della lettura in situazioni del mondo reale trasformando così la narrativa in un’esperienza sociale in tutto e per tutto. Leggere ci aiuta a metterci nei panni degli altri, a comprendere e intuire gli stati mentali altrui e a saper interpretare le situazioni che ci scorrono sotto gli occhi nella vita di tutti i giorni.
Un testo infatti ci mostra la realtà da un punto di vista diverso dal nostro. Può essere quello dell’autore, o quello di uno o più personaggi all’interno della storia. Leggendone le azioni, le reazioni, il modo di relazionarsi, viene facile accomunarli alla nostra storia personale e porre le basi per affrontare situazioni simili anche nella vita.
Non è una novità: Aristotele lo aveva già anticipato ai tempi dell’antica Grecia, parlando della catarsi degli spettatori che, assistendo a una tragedia, si immedesimavano nei panni dei personaggi al punto da spingere a chiedersi come avrebbero reagito nella stessa situazione.
La lettura è una delle poche attività che ci costringe a focalizzarci totalmente e a eliminare dai nostri radar eventuali distrazioni. Leggere è un’occupazione attiva, che non può essere svolta con il pilota automatico.
Nel mondo di oggi siamo abituati a parlare di multitasking: ogni attività che svolgiamo deve occupare solo una porzione delle nostre energie, che devono essere attentamente frazionate per contenere tutti i task da portare a termine in poco tempo. “Colpa” del linguaggio digitale, che parla al nostro cervello accendendo e spegnendo continuamente stimoli attraverso notifiche, ipertesti e messaggi. Perfino leggere una notizia su un dispositivo elettronico non è la stessa cosa che leggerla su un giornale: gli algoritmi continueranno a studiare le nostre abitudini di lettura suggerendo altri articoli e distraendoci con la pubblicità. Una ricerca canadese apparsa sul Time ha calcolato che la soglia d’attenzione media dell’essere umano è scesa a circa 8 secondi.
Leggere un libro ci richiede invece di concentrarci su una sola attività. Tutta la nostra attenzione si riversa nella storia e il nostro livello di impegno è massimo. La pratica di mantenere l’attenzione su di un singolo task (se così vogliamo definirlo) ci aiuta ad aumentare la nostra capacità di concentrazione , benefici di cui ci gioviamo anche sul lavoro.
Se si ama leggere e scrivere sin dall’infanzia, allora il nostro cervello invecchia meno in fretta. Nel 2013 uno studio pubblicato sulla rivista Neurology della Rush University Medical Center di Chicago ha reso noto che lettura e scrittura sono attività intellettualmente stimolanti per il cervello, al punto da mantenerlo attivo molto più a lungo se praticate con regolarità.
L’esperimento è stato condotto su circa 300 anziani ai quali è stato chiesto di compilare un questionario sul proprio stile di vita, specialmente in relazione ad attività come la lettura. Dallo studio è emerso che le persone che si dedicavano maggiormente ad attività stimolanti dal punto di vista intellettuale, sia in giovane che in tarda età, avevano un minore declino della memoria rispetto alle altre.
L’esperimento ha confermato che il coinvolgimento attivo del cervello aiuta a imparare e a memorizzare meglio e rappresenta un ottimo antidoto per disturbi come la demenza senile. Questo perché durante la lettura il cervello è impegnato a ricordare personaggi, il loro vissuto, i desideri e le sfumature delle loro storie che si intrecciano con la trama. E ogni informazione crea nuove sinapsi, rafforza quelle esistenti e accresce la velocità di accesso alla memoria. In questo senso il cervello è come un muscolo e la lettura come un manubrio: più lo alleniamo, meglio funziona.
In conclusione, se fossimo abbastanza fortunati da incontrare quella persona “di rara intelligenza” che Waldo Emerson si augurava di conoscere, dovremmo sicuramente chiedergli una lista di consigli di lettura. Non solo per cercare di emulare le sue straordinarie qualità intellettive, ma anche per stare meglio con noi stessi e con gli altri.
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