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Perché la scienza ci insegna a non avere paura di sbagliare

06 luglio 2022
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Fin da bambini siamo abituati a vedere l’errore come qualcosa che può accadere ma va possibilmente evitato. E sull’onda di questo pensiero, molte persone crescono intimorite dall’eventualità di sbagliare e dalle conseguenze che possono derivare da una scelta inesatta. Eppure ci sono vari studi ed esempi totalmente contrari a quest’idea, che dimostrano come errare non solo sia umano ma rappresenti in realtà un’opportunità. L’errore infatti è alla base del metodo scientifico, senza il quale non avremmo oggi alcune importanti scoperte e invenzioni fondamentali.

Sbagliando si impara e si crea qualcosa di assolutamente nuovo

Il primo personaggio storico ad aver considerato positivamente l’errore è stato probabilmente Socrate. Per il filosofo greco era impossibile conoscere ogni cosa e il riconoscersi ignoranti non doveva essere visto come una mancanza, ma come la possibilità di imparare sempre qualcosa di nuovo. Per questo l’alunno non andava punito in caso di errore. Secoli dopo, Galileo Galilei ha ripreso questo pensiero, adattandolo allo studio delle scienze e della matematica. Infatti Galilei è stato il padre del metodo scientifico, così come oggi lo conosciamo: da quel momento la scienza è stata considerata come l’insieme di conoscenze ottenute dall’esperienza, funzionali a raggiungere la verità.

Tra queste, rientrano a pieno titolo anche gli errori: un bravo scienziato avvalla le sue teorie con centinaia di esperimenti, alcuni dei quali possono portare a sbagli clamorosi. Anche se gli errori sembrano distoglierlo dal suo cammino, lo scienziato arriva comunque alla verità per esclusione, e il tempo apparentemente perso assume un ruolo diametralmente opposto.

Un pensiero sicuramente condiviso da Alexander FlemingGuglielmo Marconi e Frank Epperson: scienziati e inventori che hanno creato qualcosa di nuovo partendo proprio da un errore. Il caso del biologo scozzese è probabilmente il più noto. La scoperta della penicillina, sostanza che ha rivoluzionato la storia della medicina moderna, è stata infatti frutto dell’imprevisto rinvenimento di un fungo all’interno delle piastre di coltura in cui Fleming coltivava dei batteri. E la sua non è stata l’unica scoperta nata da un errore di valutazione. Guglielmo Marconi ha infatti inventato la telegrafia senza fili partendo da una credenza sbagliata, ovvero che alcune radiazioni elettromagnetiche potessero essere assorbite e riemesse dalla superficie terrestre. Fu proprio questa teoria errata a condurlo alla scoperta della Ionosfera, strato dell’atmosfera che fa rimbalzare le onde radio e che viene utilizzato per le telecomunicazioni. Un errore che gli è valso il premio Nobel per la fisica.

L’undicenne Frank Epperson è invece passato alla storia per aver lasciato sul davanzale della finestra di casa sua un bicchiere di acqua e soda, con all’interno il bastoncino che aveva usato per mescolare le due sostanze. La gelida notte invernale nella città di Oakland, che vede le temperature scendere di diversi gradi sotto lo zero, ha fatto il resto. Questa ingenua disattenzione ha portato all’invenzione del ghiacciolo. Una scoperta certamente meno importante di quelle di Fleming e Marconi, ma di sicuro molto utile nelle torride giornate estive.

Nei primi del ‘900, più o meno negli stessi anni in cui Epperson brevettava la sua fortunata creazione, al di qua dell’oceano Atlantico Maria Tecla Montessori applicava le conoscenze in campo medico al suo metodo pedagogico. Quest’ultimo si forgiava proprio sull’importanza del “signor errore” nell’apprendimento scolastico: un’idea che dopo oltre un secolo continua a riscuotere consensi in tutto il mondo. Il metodo Montessori è infatti ancora oggi uno dei più efficaci in campo educativo ed è basato sulla sperimentazione, sulla possibilità di sbagliare e di autocorreggersi. L’insegnante deve guidare il bambino nel suo percorso di crescita, fornendogli gli strumenti per imparare cose nuove in autonomia, astenendosi dall’intervenire, se non è strettamente necessario.

Cosa accade nel nostro cervello quando sbagliamo?

Non tutti possono diventare scienziati o inventori di fama mondiale, ma è assodato che sbagliare e riconoscere l’errore sia fondamentale per permettere il miglior processo di apprendimento possibile. Infatti, quando la nostra mente registra che qualcosa è andato storto, nel cervello si attiva un gruppo di neuroni predisposti al monitoraggio della performance, il cui scopo è proprio segnalarci l’errore.

Come si legge in uno studio pubblicato sulla rivista Science, il funzionamento di quest’area del cervello è stato testato dal Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles, che ha analizzato l’attività cognitiva di alcune persone affette da epilessia, monitorate con elettrodi intracranici. Tra i vari esercizi, i neuroscienziati hanno sottoposto i pazienti al test di Stroop: ai partecipanti veniva chiesto di pronunciare a voce alta il colore dell’inchiostro con cui erano scritte alcune parole. Quest’ultime però erano colorate in modo da trarli in errore: ad esempio “rosso” appariva scritto in blu e viceversa. Sono degli esercizi di psicologia che puntano a creare un’interferenza cognitiva, per cui serve una grandissima concentrazione per evitare l’inganno. I ricercatori hanno notato però che i neuroni nella corteccia frontale mediale si attivavano solo dopo essere caduti nella trappola e quasi mai prima che questo accadesse. Come a simboleggiare che spesso sbagliare è inevitabile ma allo stesso tempo fruttuoso per alcune aree del nostro cervello.

Questi stessi neuroni si accendono anche quando sono gli altri a commettere un errore e noi lo notiamo. Il meccanismo è stato dimostrato da uno studio condotto dalla professoressa Alice Mado Proverbio, docente di Neuroscienze cognitive all’Università di Milano-Bicocca. L’esperimento da lei portato avanti coinvolgeva dodici pianisti professionisti e altrettanti musicisti dilettanti, tutti sottoposti a encefalogramma. Ai partecipanti venivano mostrate delle inquadrature di mani che suonavano un pianoforte, accompagnate da una melodia. Solo nella metà dei casi, però, immagini e musica corrispondevano. Ovviamente l’attività cerebrale dei pianisti professionisti registrava gli errori, guardando semplicemente i movimenti delle mani, grazie ai loro neuroni specchio visuo-motori, mentre per tutti gli altri l’inganno passava inosservato. Quasi mai però veniva ripetuto.

In entrambi i casi, quindi, il cervello di chi percepisce l’errore è in piena attività ed è pronto a conoscere qualcosa di nuovo ed eventualmente a non sbagliare più in futuro. L’errore, di conseguenza, non è certamente un mostro da cui scappare a gambe levate. Semmai, assomiglia più a un amico della mente, che la prende per mano e l’accompagna verso nuove scoperte. Perché come diceva saggiamente lo scrittore francese Antoine de Saint-Exupéry: “La verità di domani si nutre dell’errore di ieri”.

Credits

Cover: Sir Alexander Fleming, Wellcome Images. Distributed under the Creative Commons Attribution 4.0 International license via Wikimedia

Immagine interna 1: Galileo Galilei (1564-1642), Wellcome Collection. Distributed under the Creative Commons Attribution 4.0 International license via Wikimedia

Immagine interna 2: Marconi and his wireless apparatus 1897, autore sconosciuto. Distributed under Public Domain Mark 1.0 license via Wikimedia

Immagine interna 3: Maria Montessori. Image by Nationaal Archief (author unknown), distributed under a CC-PD license via Wikimedia

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