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Le tre visionarie che fondarono il MoMA di New York

22 maggio 2022

Il giornalista Herb Caen diceva che una metropoli non si misura tanto dall’ampiezza delle sue strade quanto “dall’altezza dei suoi sogni”. Senza dubbio la città di New York ha dato concretezza ai desideri e alle aspirazioni di molte persone, tra cui Abby Aldrich Rockefeller, Lillie P. Bliss e Mary Quinn Sullivan. Queste tre amiche e visionarie sono ricordate per aver fondato il Museum of Modern Art (MoMa): in assoluto il museo d’arte moderna e contemporanea più importante del mondo, grazie alle sue 150mila opere.

Rapiti dalle pennellate de La Notte Stellata di Van Gogh o Les Demoiselles d’Avignon di Pablo Picasso, tra le sue sale sembra di sfogliare le pagine di un libro di storia dell’arte. Un inestimabile patrimonio che attira circa due milioni di visitatori ogni anno. Ed è tutto merito di Abby, Lillie e Mary, che durante un pranzo nel 1928 hanno deciso di inseguire un sogno decisamente ambizioso, soprattutto per tre donne vissute negli anni ’20 del secolo scorso, in una New York ancora governata dagli uomini. Ma il loro amore per l'arte ha superato ogni ostacolo.

La mente del MoMA e le signore coraggiose

New York non avrebbe mai avuto il suo Museum of Modern Art senza la lungimiranza di Abby Aldrich Rockefeller, la più giovane tra le tre amiche. Abby era figlia di un senatore: fin da bambina, quindi, ha frequentato i salotti buoni della Grande Mela e conosciuto le personalità più influenti del Paese. All’età di undici anni ha iniziato a girare il mondo insieme alla famiglia, avendo la fortuna di visitare le più belle capitali europee. Non ancora adolescente, ha potuto constatare con i suoi occhi che la grandezza di una città era direttamente proporzionale all’importanza dei musei che ospitava.

E a New York, in effetti, mancava all'epoca un’esposizione permanente che riunisse le opere d’arte moderna e contemporanea a lei tanto gradite e già apprezzate dalla sua città. A New York abitavano infatti collezionisti di tutto rispetto, come l’avvocato John Quinn o il pittore Arthur Bowen Davies, entrambi organizzatori dell’Armony Show, la prima grande esposizione d’arte moderna degli Stati Uniti. Questo memorabile evento, nel 1913, aveva dato la possibilità ai newyorkesi di conoscere finalmente artisti europei come il francese Claude Monet o l’italiano Amedeo Modigliani. Alla morte dei collezionisti, però, il loro enorme patrimonio artistico era stato messo all’asta, lasciando New York orfana del suo museo.

Per colmare questo vuoto, Abby Aldrich, divenuta nel frattempo la signora Rockefeller (aveva sposato John Davison Rockefeller Jr, figlio di uno degli uomini più ricchi del mondo), ha iniziato ad acquistare lei stessa opere d’arte e ha fatto adibire un’area della sua casa, la Topside Gallery, per esporre i pezzi di sua proprietà. Ma ad Abby questo non poteva bastare: New York meritava uno spazio permanente e una collezione da far invidia alle altre metropoli, in America e oltreoceano. Non poteva farcela da sola, ma per una come lei che fin dai primi anni di vita era stata inserita nel miglior network cittadino, avere i contatti giusti non era assolutamente un problema.

“L’idea è nata pensando alle donne newyorkesi di mia conoscenza che avevano profondo interesse per la bellezza e collezionavano quadri: donne che sarebbero state disposte a creare un museo di arte moderna insieme”

Così nel 1936 la stessa Abby Aldrich Rockefeller ha spiegato la nascita del MoMA in una lettera spedita ad Anson Conger Goodyear, colui che di lì a poco sarebbe diventato il primo presidente del museo. E le donne a cui faceva riferimento nel carteggio erano Lillie P. Bliss e Mary Quinn Sullivan, da lei stessa definite “perfette per questo proposito”. La prima era un’appassionata d’arte con fiuto per gli affari: alla morte di John Quinn e del pittore Arthur Bowen Davies aveva comprato alcuni dei loro pezzi. La sua collezione vantava opere di artisti del calibro di Cézanne, Degas, Renoir, Modigliani, Picasso. Mary Quinn Sullivan, invece, amava l'arte, che insegnava nelle scuole, ed era moglie di un ricco collezionista, l’avvocato Cornelius Sullivan.

Così, nel 1928 Abby Aldrich Rockefeller ha organizzato un pranzo con le sue due amiche, in cui ha esposto la questione. Tra una portata e l’altra, il MoMA ha preso vita anche nella mente di Lillie e Mary, che senza remore sono entrate a far parte del progetto. Quel giorno è nato il museo più importante di New York. Per la decisione presa a quel tavolo, le tre visionarie sono passate alla storia con il nome di “the daring Ladies”, le signore coraggiose, così ribattezzate in onore della loro tenacia nel perseguire un sogno per molti irrealizzabile.

Il trio però sapeva che New York non era pronta ad accogliere tre donne imprenditrici nel mondo dell’arte. Per non rischiare di non essere prese sul serio, da subito hanno incluso nel progetto alcuni dei professionisti (uomini) più stimati del settore, come il già citato Anson Conger Goodyear, curatore dell’Albright Gallery a Buffalo e ora presidente del MoMA, il critico d’arte Frank Crowninshield e l’uomo d’affari Paul Joseph Sachs, inseriti entrambi nel consiglio d’amministrazione. Quest’ultimo inoltre ha portato un'altra pedina sulla scacchiera, suggerendo il nome di Alfred Hamilton Barr Jr. come nuovo direttore del museo. Barr era un insegnate d’arte illuminato e il suo contributo è stato decisivo per le sorti del MoMA: a lui si deve infatti l’idea di portare per la prima volta nei musei anche delle forme d’arte estremamente moderne per l’epoca, come la fotografia, la pubblicità e il cinema. Il team era composto, la squadra era pronta a scendere in campo.

Le tante case del MoMA

Il 7 novembre 1929 il MoMA ha aperto per la prima volta le sue porte ai visitatori. La prima sede si trovava in una modesta galleria in affitto, al dodicesimo piano del Manhattan’s Heckscher Building, e ospitava appena otto stampe e un disegno. In quello stesso anno però è stata organizzata la prima mostra di successo del museo in cui sono state esposte le opere di Seurat, Gauguin e Cézanne. Al 1935 risale invece la prima personale di Vincent Van Gogh, con 66 dipinti provenienti dall’Olanda, 50 schizzi e lettere autobiografiche dell’artista. Iniziava così l'epopea del MoMA, che secondo il direttore Alfred Hamilton Barr doveva assomigliare a “un pesce che si muove nel tempo: il suo muso è il presente in continua evoluzione, la sua coda è il passato sempre sfuggente di cinquanta-cento anni”, come descritto nel Report on the "Permanent Collection" del 1933.

La strada del MoMA però è stata inizialmente in salita, in quanto il museo fu costretto a cambiare ben tre sedi nei primi dieci anni a causa degli scarsi finanziamenti, come raccontato da Bernice Kert in Abby Aldrich Rockefeller: The Woman in the Family. Infatti, nonostante fin da subito la Rockefeller avesse investito grandi somme per acquistare opere e sostenere artisti locali emergenti, i bilanci rimanevano in rosso. E attorno a sé trovava poco sostegno: il marito, John Davison Rockefeller Jr., non vedeva di buon occhio il progetto perché non era un amante dell’avanguardia artistica e considerava il museo come un hobby costoso e inutile.

Ma il MoMA aveva tutte le carte in regola per avere successo. E il successo è arrivato, costringendo il signor Rockefeller Jr. a ricredersi. I ruggenti anni Venti avevano portato alla nascita di nuove forme d’arte e spettacolo, intorno alle quali nel decennio successivo si era raccolto un cospicuo numero di appassionati. Questi nel tempo si sono avvicinati al nuovo museo, capendone le aspirazioni e rendendolo la loro casa. L’esplosione di fama tra il pubblico newyorkese ha così spinto il magnate del petrolio a donare il terreno sul quale sorge l’attuale  sede del MoMA: un'incredibile struttura in vetro sulla 53esima strada di Midtown Manhattan.

L’incendio del 1958 e la rinascita

In mezzo a tante luci, però, c'è stata anche qualche ombra. Senza alcun dubbio il momento più buio della storia del MoMA risale al 1958, quando - mentre un gruppo di operai stava installando il nuovo impianto di condizionamento - a causa di una sigaretta rimasta accesa è scoppiato un terribile incendio. Le altissime fiamme hanno ferito alcuni dei pompieri accorsi per placare il fuoco e danneggiato gravemente alcune opere, tra cui due delle Ninfee di Monet, acquistate dal museo soli pochi anni prima.

Durante la confusione, pare che Nelson Rockefeller, figlio di Abby e John, sia riuscito a proteggere Una domenica pomeriggio sull'isola della Grande-Jatte di Seurat dall'ascia di un pompiere. Alla fine, per fortuna, ben 500 pezzi sono usciti dall’incendio sani e salvi. In seguito, per sanare la perdita, la famiglia Rockefeller ha acquistato un trittico dal figlio di Monet. Questo è stato un nuovo inizio per il museo, che ha subito reinvestito il pegno dell’assicurazione, arricchendo la sua collezione con pezzi dal valore inestimabile.

Il Museum of Modern Art, che a novembre spegnerà 93 candeline, è ancora oggi il punto di riferimento per gli amanti dell’arte del XIX, XX e XXI secolo. Un luogo dove ogni ambizioso artista contemporaneo sogna un giorno di veder esposte le sue opere. Pittori, scultori, architetti, designer, fotografi e cineasti trovano nel MoMA l'aspirazione a gettare le basi per un futuro migliore perché, come diceva il drammaturgo Bertolt Brecht, “l’arte non è uno specchio su cui riflettere il mondo, ma un martello con cui scolpirlo”.

Credits

Cover: Photo by Jamison McAndie on Unsplash

Immagine interna 1: MOMA, Père Ubu. Distributed under the CC BY-NC 2.0 license on Flickr

Immagine interna 2: MoMA, Bit Boy. Distributed under the CC BY-SA 2.0 license on Flickr

Immagine interna 3 : MoMA, Jason. Distributed under the CC BY 2.0 license on Flickr

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