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La Metamorfosi, un romanzo autobiografico sulla dismorfofobia di Franz Kafka

27 maggio 2022

La mattina del 17 novembre 1912, Franz Kafka si svegliò da un sonno agitato. Aveva fatto le ore piccole, buttando giù le idee per un nuovo romanzo (che avrebbe voluto intitolare Il disperso) ma a notte fonda il sonno l’aveva colto di sorpresa interrompendolo. Il suo però non era stato un riposo ristoratore, quanto piuttosto una parentesi inquietante: aveva aperto gli occhi con un’idea fissa, ovvero che sensazione si proverebbe risvegliandosi trasformati in un insetto? Quella sera scrisse una lettera alla storica fidanzata Felice Bauer, raccontandole l’immagine che lo tormentava.

Appare evidente che questo episodio rappresenti la genesi di una delle opere più famose di Kafka, ovvero La metamorfosi, ma sarebbe troppo semplice tagliarla corta e far risalire l’origine di un malessere così profondo unicamente a quel sonno agitato. Perché come ogni buon lettore di Kafka sa, non esiste una biografia più accurata di Kafka che le sue stesse opere. Tra le righe de La metamorfosi è possibile infatti individuare gran parte dei disagi che hanno accompagnato l’esistenza dello scrittore: la relazione tormentata con il padre, l’alienazione dovuta a un incomprensibile e frenetico mondo del lavoro e, non ultimo, la dismorfofobia di Kafka, il rapporto conflittuale con il suo corpo.

La Metamorfosi, un romanzo autobiografico

“Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò trasformato in un enorme insetto”

Gregor Samsa (crittogramma di Kafka con la S e la M che si sostituiscono alla K e alla F) è un commesso viaggiatore che, grazie al suo lavoro, mantiene l’intera famiglia composta da madre, padre e sorella minore. È l’unico a portare i soldi in casa, e questo lo carica di una certa responsabilità. Una mattina però Gregor si sveglia e si ritrova nei panni di un enorme scarafaggio.

Il suo primo pensiero è proprio rivolto alla sua occupazione: come farà a recarsi al lavoro? Dopo arriva la preoccupazione per il suo nuovo aspetto ripugnante. Sua sorella minore Grete (l’unica con cui abbia un buon rapporto) gli vorrà comunque bene? E come reagirà suo padre che già lo sopportava a stento? Tutte le paure del ragazzo si rivelano fondate: la sua famiglia lo ripudia in fretta, non tanto per l’orribile aspetto, quanto piuttosto per l’incapacità di produrre reddito. Anzi, con quella stazza ingombrante Gregor rappresenta un peso economico.

Si palesa così una delle due grandi nemesi dalle quali derivano le sfortune dei protagonisti dei romanzi di Kafka: la famiglia, che da luogo di conforto diventa luogo di scontro. L’altra è l’incomprensibile dedalo burocratico, quel grande meccanismo che ci sovrasta senza che si possa far nulla per impedirlo, rappresentato ne Il processo.

Le insicurezze di Franz Kafka

La metamorfosi è a tutti gli effetti un’anti-favola moderna che ribalta i canoni del classico: il protagonista si ritrova trasformato in un animale come se fosse vittima di una maledizione che però non c’è alcun modo di spezzare. La sua non è una punizione morale o divina, è piuttosto un fatto che succede senza un vero motivo. Kafkiano, avrebbe detto qualcuno in futuro, coniando un aggettivo che da quel momento in avanti avrebbe definito situazioni paradossali come questa.

E ne La metamorfosi il paradosso è legato indissolubilmente al rapporto con il corpo, per la percezione che gli altri, e che Gregor stesso, hanno del suo aspetto. Un passaggio che, ancora una volta, dipende dalla biografia di Kafka, che aveva a lungo sofferto di tubercolosi, una malattia che aveva lasciato segni indelebili del suo passaggio. Lo scrittore era un ragazzo esile e molto alto, ossessionato dalla propria magrezza, percepiva il suo corpo come un castigo, un male con il quale avrebbe dovuto fare i conti fino alla morte. Una condizione fisica che riteneva spaventosa. Oggi si parlerebbe a buon titolo di dismorfofobia, ovvero della percezione distorta ed esagerata dei propri difetti fisici, tale da compromettere le attività quotidiane.

Il rapporto problematico con il padre, Hermann Kafka, uomo crudele e anaffettivo secondo la testimonianza del figlio, fu terreno fertile per sviluppare questa fobia. Lui, un ragazzo profondamente introverso, era in aperto conflitto con un’autorità paterna così ingombrante e poco disposta a tollerare le debolezze del figlio, al punto da irriderne gli aspetti spiccatamente intellettuali. Molti degli aneddoti più crudeli furono trattati nella Lettera al padre, scritta nel 1919 e mai spedita, pubblicata postuma nel 1952.

Uno degli episodi che più ci aiuta a capire l’origine del disagio di Kafka è quello della piscina. Lo scrittore boemo racconta di quando suo padre lo portava a nuotare, per spingerlo verso la pratica sportiva e temprare quel fisico mingherlino. Kafka, che si vergognava del suo corpo, era molto reticente nel voler restare in costume davanti agli altri bambini, ma suo padre non voleva sentir ragioni. Trovò il coraggio di raccontare questi episodi solo anni dopo.

"Carissimo padre, di recente mi hai domandato perché mai sostengo di aver paura di te. Come al solito, non ho saputo risponderti niente, in parte proprio per la paura che ho di te, in parte perché questa paura si fonda su una quantità tale di dettagli che parlando non saprei coordinarli neppure passabilmente".

Kafka, cantore dell’uomo moderno

Figli indiscutibili di ossessioni personali, i romanzi di Kafka, e in particolare La metamorfosi, offrono spunti di riflessione molto attuali. La ricerca del proprio posto nel mondo, l’impossibilità di afferrare i meccanismi del sistema di cui facciamo parte, il rapporto di incomunicabilità con se stessi e con gli altri: sono tutti temi che riguardano l’autore ma non solo.

C’è un perché se Kafka è ritenuto uno degli autori che meglio hanno messo per iscritto le insicurezze dell’uomo moderno, costretto ad affrontare un cambio radicale nei valori rispetto al secolo precedente. Nel suo essere un uomo profondamente solo e riservato, Franz Kafka aveva compreso perfettamente il resto dell’umanità e la direzione che avrebbe intrapreso.  Ecco perché leggere le sue opere può aiutare a capire meglio come diradare le ombre che si pongono sul nostro cammino.

Credits

Cover: Franz Kafka, 1923, AnAkemie. Distributed under the Public Domain Mark 1.0 license via Wikimedia

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