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L’umanità apolide di oggi in Spatriati, l’ultimo libro di Mario Desiati

10 ottobre 2021

Spatrietə (dialetto tarantino) sono gli “[…] irregolari, inclassificabili, a volte balordi o gli orfani, oppure celibi, nubili, girovaghi e vagabondi, o forse, nel caso che ci riguarda, i liberati.” Sono così i personaggi di Spatriati di Mario Desiati, scrittore pugliese, autore dello splendido Il paese delle spose infelici (Mondadori 2008) e finalista al Premio Strega con Ternitti (Mondadori, 2011). E come si rappresentano personaggi dai risvolti così speciali, cangianti, pieni di sfaccettature? Attraverso una lingua poetica, una felice commistione che lascia vibrare la bellezza feroce delle interiorità di ciascuno assieme ai paesaggi languidi e infuocati del sud Italia, forgiando ogni anima con influenze mainstream, musicali, cinematografiche, letterarie.

Claudia e Francesco, diversissimi ma uniti dal desiderio di evasione

Gli spatriati, gli irregolari, i liberi e i liberati di questa storia sono principalmente due, Claudia e Francesco. Diversissimi eppure gemelli nel desiderio – profondissimo, spirituale – di evadere da una realtà di provincia fin troppo stretta per volare altrove, verso nuovi luoghi che rappresentano vite insondabili e mai statiche, identità inafferrabili, codici amorosi inediti.

Claudia e Francesco si incontrano a scuola, adolescenti irrequieti, in una mattina di sole e da quel momento le loro esistenze non saranno più le stesse.

Lei è coraggiosa, vitale, indipendente e – nonostante le chiare diversità fra loro – trova in Francesco un suo simile: rivede in lui la stessa scintilla che brucia la sua anima nel profondo. Lui è timido, frenato, pavido e, al primo sguardo, perdutamente innamorato di Claudia. Perdersi in lei, nelle sue ambizioni e nei suoi entusiasmi, permette a Francesco di scoprire un modo di stare al mondo inusuale e personalissimo.

Fra i due ragazzi tuttavia esiste un legame che precede la loro osmosi: il padre di Claudia e la madre di Francesco hanno una relazione clandestina che è per i due giovani il simbolo di un amore compiuto, felice e libero dagli schemi sociali. Un amore autentico capace di superare le convenzioni dei matrimoni senza affetto e delle loro famiglie senza dialogo. Queste due figure così felici, leggere ed emancipate sono decisive per la crescita dei protagonisti. Il desiderio di vivere quella libertà è profondo, è una rivoluzione esistenziale. E come ogni rivoluzione non è indolore. Per dirla con Zygmunt Bauman, il grande sociologo che più di ogni altro è riuscito a cogliere le discrasie sentimentali della nostra contemporaneità, il dissidio interno fra desiderio di indipendenza e bisogno di amare è spesso irrisolvibile e porta a un’ontologica ambivalenza emotiva: “Se il desiderio vuole consumare, l’amore vuole possedere”. Da una parte la rottura delle convenzioni e dei codici, dunque, spinge verso rapporti liberati dagli obblighi; dall’altra il bisogno di vivere pienamente le emozioni ci induce a creare legami, a collegare la nostra esistenza a quella dell’altro.

La fuga dalla provincia

Così è la fuga. Claudia sperimenta relazioni con uomini più grandi, scappa a Londra, poi a Milano e infine a Berlino, mentre Francesco resta inizialmente incastrato in una vita all’apparenza più regolare, chierichetto confuso da una fede totalizzante ma incerta. Resta nella provincia pugliese a esplorare la profondità di se stesso e vive le molte vite di Claudia come un riflesso della propria, una finestra sulla libertà a cui aspira. Poi, quando finalmente decide di lasciare la provincia, sceglie Berlino, capitale della libertà e della mutabilità di sé.

I due si allontanano continuamente e si rincorrono costruendo un’amicizia che è uno stimolo a essere se stessi, un monito contro la facile sicurezza. Il mondo della provincia spinge a soddisfare, insomma, le aspirazioni collettive facendole coincidere con le proprie ma è un mondo claustrofobico, da cui i protagonisti possono solo fuggire. E nessuna fuga, nemmeno questa, sarà risolutiva.

Berlino è la tappa di un percorso di formazione incompiuto, sghembo, governato da una paura che è quella condivisa da un’intera generazione di quarantenni tanto desiderosi quanto incerti.

Il racconto del sé incompiuto di una generazione

Il romanzo di Desiati è dunque anche un viaggio alla ricerca delle parole giuste per raccontare una condizione del sé non ancora compiuto e in parte inespresso. Parole chiave danno il titolo alle sette parti del libro, alcune tratte dal dialetto martinese, quelle che accompagnano Francesco e Claudia – e noi con loro – dall’adolescenza in provincia ai primi viaggi e ai primi importanti cambiamenti. Cristiene (individuo), Malenvirne (guastafeste), e la più importante, Spatrietə appunto, è quella che dà il titolo al libro. Altre parole, stavolta tedesche, ci guidano invece nella parte più matura del percorso di crescita di Claudia e Francesco, nei meandri di una Berlino eccitante e ambigua. Fra queste c’è Torschlußpanik, ovvero “la paura di non raggiungere un obiettivo per ragioni anagrafiche, un figlio, una famiglia o un determinato stato professionale”.

Una paura che si può vincere soltanto con il coraggio, o forse, con l’amore. L’ultima parola che Desiati usa per dare il via all’epilogo e guidare i suoi eroi-antieroi al finale di una storia in grado di commuovere e trascinare nell’altrove – come sempre la letteratura vera dovrebbe fare – è infatti proprio Amore. Ma sarà un amore sublimato o perduto? Sarà un amore ancora convenzionale, di coppia tra Claudia e Francesco, o un amore più ideale, libero, maturo e in grado di non avere punti cardinali o confini? Attraverso l’emozionate e tambureggiante descrizione di una processione a Martina Franca, assistiamo al ritorno dei protagonisti nella propria terra, forse l’ultima tappa di un intricato percorso esistenziale. “La notte mi sveglio alle quattro con un sogno interrotto, una premonizione: vedo Andria (il compagno georgiano di Giulia, ndr) galleggiare sulle teste delle anime danzanti dentro una cantina o una fabbrica abbandonata, attorno si accendono fiaccole, mentre il cielo diventa indaco. Il mio cuore accelera, si insinua il senso di colpa, un vuoto occupa lo spazio nero tra veglia e sonno, non sono in grado di occuparmi delle persone che amo” dice Francesco, e il suo cuore sembra ancora timoroso. Sarà ancora Claudia a salvarlo, mostrandogli che solo l’amore più concedere un’illusione di salvezza?

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