Letture
6 minuti
Economia
Economia

Quando Enrico Mattei fece costruire un villaggio vacanze utopistico per i suoi dipendenti

30 novembre 2019
autore:

Nascosto tra i boschi del Veneto, in un sito unico sulle Dolomiti, c’è un esempio altrettanto raro di imprenditoria costruttiva e attenta all’uomo, non solo al profitto. Si tratta del Villaggio Eni di Borca di Cadore, in provincia di Belluno: un suggestivo centro vacanze realizzato tra gli anni Cinquanta e Sessanta dal fondatore di Eni, Enrico Mattei, personaggio chiave della storia italiana del Dopoguerra grazie alla sua azione imprenditoriale – ma anche politica e culturale – rivelatasi indispensabile allo sviluppo e la ripresa economica del nostro Paese.

Il Villaggio Eni rappresenta un ulteriore tassello nel già brillante mosaico del welfare aziendale di cui Mattei è sempre stato un luminare, considerandolo un valore imprescindibile per il benessere e il successo di un’impresa: basti pensare ai “villaggi” residenziali vicini al luogo di lavoro per i dipendenti (dalla Metanopoli di San Donato al Villaggio Eni dell’Eur, a Roma), agli asili aziendali, ai buoni benzina, alle medaglie d’oro per i 25 anni di attività e tanto altro ancora. L’originario e nobile intento dell’imprenditore era infatti quello di creare un villaggio vacanze unico per i dipendenti dell’Ente Nazionale Idrocarburi da lui guidata, un’operazione dall’unica valenza sociale, senza alcuno scopo di lucro: il villaggio, nell’idea del suo creatore, doveva essere un punto d’incontro tra la società e chi la “abitava” e il resto del mondo, un luogo che esprimesse in maniera visibile e tangibile le idee di progresso e di modernità di Eni, e le trasmettesse ai dipendenti nel miglior modo possibile, ovvero dando loro la possibilità di riposare e di svagarsi.

Il Villaggio Eni a Borca è un aggregato architettonico enorme e ambizioso, il più grande complesso alpino d’Europa. Comprende 263 ville unifamiliari, un albergo, un residence, un campeggio a capanne/tende fisse, la Chiesa di Nostra Signora del Cadore e una colonia che fino ai primi anni Novanta ha ospitato 600 bambini ogni due settimane. A questi si aggiungono alcuni luoghi di ritrovo, come un negozio di generi alimentari e un bar, e una serie di servizi accessori: più di 20 chilometri di strade asfaltate e una conduttura idrica di 15 chilometri, visto che l’acqua non era disponibile in loco. Vengono anche riportati pezzi di prato per creare un bosco dove prima c’era solo ghiaia. La struttura prevedeva anche la realizzazione di ulteriori 330 villette e di un centro sociale, ma tutto si arenò con la morte improvvisa di Mattei nell’ottobre del 1962: il disegno originario del manager non venne dunque mai completato, anzi fu abbandonato nelle mani della montagna e del bosco.

L’intero complesso è stato progettato dall’architetto Edoardo Gellner, istriano di nascita ma cortinese d’adozione, che proprio a Cortina stava realizzando il primo Motel Agip commissionato da Eni per le Olimpiadi invernali del 1956. Nel 1954 Gellner individua come adatta un’area ghiaiosa ai piedi dell’Antelao: una zona in apparenza inospitale ma che si rivelerà invece ideale per la creazione di un nuovo insediamento concepito come connubio fra natura e architettura. Il progetto di Gellner vuole essere infatti una moderna reinterpretazione della tradizione costruttiva alpina, fondendo paesaggio e ambiente naturale con le architetture organiche pensate dall’architetto, che nella sua progettazione sperimenta svariate soluzioni spaziali, strutturali e tecnologiche e si occupa personalmente di tutti gli aspetti, dall’urbanistica al design e progetto di mobilio e arredi, dalla collocazione delle strade alla piantumazione degli alberi.

L’idea alla radice di questo visionario e innovativo progetto-cantiere era il concetto di urbanistica sociale, frutto della visione della società ideale di Mattei: creare edifici di elevata qualità architettonica ma accessibili a tutti senza distinzioni gerarchiche. Tutti i collaboratori di Eni avevano infatti lo stesso diritto a usufruire dei servizi del villaggio: l’assegnazione delle villette, ad esempio, avveniva per sorteggio, e ognuno ne poteva usufruire per venti giorni. Questo criterio organico-sociale fu perfettamente assorbito, elaborato e trasferito nella realtà da Gellner, che nel Villaggio Eni lo declinò a ogni livello, dall’organizzazione urbanistica e architettonica ai più piccoli dettagli d’arredamento.

La Colonia è il cuore del progetto e la prima struttura a essere terminata nel 1962. Vista la conformazione del territorio, non è costruita come un singolo edificio ma si compone di 16 strutture edilizie “satellite” che ospitano dormitori e refettori, e di un grande padiglione centrale, con un’aula magna per i ritrovi collegiali, l’unico luogo coperto in grado di poter accogliere tutti, sia ospiti che staff. Tutti i fabbricati sono collegati tra loro da un ingegnoso e funzionale intreccio di percorsi e rampe coperte, dipinte a colori vivaci e corredate di piccole finestre quadrate di varie misure, che creano divertenti giochi di luce. Gli edifici hanno invece grandi vetrate che rendono gli spazi molto luminosi e consentono di immergersi nel paesaggio montano circostante.

Successivamente vennero costruiti l’hotel Boite e il residence Corte, terminati entrambi nel 1962. Per la loro struttura sono stati utilizzati cemento e legno, per la copertura rame la pietra. Il residence doveva accogliere il personale di servizio, mentre l’albergo – pensato per ospitare i single e le coppie senza figli – ha 78 camere, tutte dotate di terrazzo, distribuite su sei piani. All’interno delle stanze, essenziali ed eleganti, ogni dettaglio è studiato con estrema cura: ad esempio, in ciascuna c’è una panca in teak che diventa il gradino di accesso al terrazzo esterno, posizionato su un piano differente rispetto alla camera, per permettergli di ricevere un’illuminazione migliore.

Tra il 1955 e il 1963 furono poi realizzate 263 abitazioni di diverse dimensioni destinate a ospitare famiglie più o meno numerose. Sono state divise in quattro insiemi, in modo da favorire il crearsi di situazioni di vicinato e stimolare così la socializzazione tra i gruppi, pur garantendo sempre una certa privacy. Grazie al loro sviluppo prevalentemente orizzontale, sono tutte perfettamente integrate nel bosco e nel paesaggio. Generalmente la loro struttura è costituita da setti murari trasversali in cemento coperti da una falda unica leggermente in pendenza, con grandi vetrate aperte su un loggiato in facciata che rendono gli interni molto luminosi e profondamente intrecciati al paesaggio circostante.

C’è inoltre un campeggio da 200 posti, collocato nella parte più alta dell’area a circa 1.200 metri, e formato da quattro gruppi di “tende fisse”, ognuna in grado di ospitare fino a sei posti letto, destinato ai ragazzi tra i 12 e i 16 anni. Le 44 capanne che lo compongono hanno la forma di un triangolo isoscele i cui lati sono rivestiti da assi di legno. La chiesa, infine, ideata da Gellner insieme al maestro veneziano Carlo Scarpa, è posizionata su un promontorio panoramico, raggiungibile grazie a un percorso di rampe di scalini in granito e legno, e presenta fronti in calcestruzzo grezzo, un tetto in legno a due falde molto spioventi e un campanile che termina con una guglia in acciaio e una croce di sfere dorate, accentuando la profonda verticalità di tutto lo spazio. La copertura in due parti, che si solleva in corrispondenza del transetto, consente un’ottima illuminazione della navata. Dal sagrato era possibile avere una visuale completa di tutto il Villaggio.

Sebbene la tragica scomparsa del suo promotore Mattei abbia di fatto bloccato il completamento dei lavori, nonostante successive aperture e l’elaborazione di sei progetti da parte di Gellner tra il 1974 e il 1990, il Villaggio Eni di Borca di Cadore è sopravvissuto ed è recentemente rinato. Dagli Anni Duemila la struttura, visto che la dirigenza Eni ha deciso di privatizzarla, è diventata intera proprietà della società Minoter, che ne ha avviato il recupero. Dal 2014 l’ex Villaggio Eni ogni estate ospita il Progetto Borca, ideato dall’associazione Dolomiti Contemporanee: un progetto di rivalorizzazione culturale e funzionale di questo insediamento emblematico ma abbandonato, che lo trasforma in un luogo di residenza artistica, un laboratorio di idee e creazioni in cui si sviluppano attività poliedriche e multidisciplinari che contaminano il luogo con le espressioni dell’arte e della cultura contemporanee, mirando non solo a riportare la vita in un luogo dimenticato ma anche e soprattutto a restituirgli un’anima, un’identità culturale.

Al di là di quello che ne è ora e di quello che ne sarà in futuro (si parla di un suo possibile utilizzo come Villaggio degli Atleti per le Olimpiadi invernali del 2026), il Villaggio turistico dell’Eni a Borca di Cadore resta la testimonianza fisica della lungimirante visione imprenditoriale di Enrico Mattei, che in questo progetto ha concretizzato la sua idea quanto mai attuale e necessaria di progresso e di benessere aziendale, basata in buona parte anche sul prendersi cura del lavoratore e della sua famiglia.

Vuoi informazioni sulla nostra consulenza e sui nostri servizi?

Naviga il sito e vedi tutti i contenuti di tuo interesse